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People: la superdiversità è la soluzione

, di Francesco Billari
La diversità è diventata il capro espiatorio di crisi economiche e tensioni sociali, ma i dati raccontano un’altra storia. L’aumento della longevità, l’uguaglianza di genere, la mobilità globale e l’inclusione generazionale hanno reso le società più prospere e innovative. Torneremo indietro o sapremo valorizzare questa ricchezza?

Un capro espiatorio si aggira per il mondo: la diversità. Le nostre difficoltà economiche, i problemi delle nostre società, persino le tragedie aeree sarebbero colpa della diversità. Oppure, più specificamente delle politiche che l’hanno incoraggiata o della cultura che hanno promosso l’inclusione e le pari opportunità in modo esplicito. Ma non è così: la diversità e l’equità hanno reso il mondo migliore. Lo dicono i dati: il mondo non è mai stato diverso come oggi, e i livelli di benessere pro-capite non sono mai stati così elevati come oggi. 

La “madre” di tutte le diversità è la demografia. In particolare, il cambiamento demografico. Grazie al progresso nelle pratiche quotidiane, nella scienza, nella medicina, viviamo molto più a lungo. Nel mondo, siamo passati da una durata media della vita attorno ai trent’anni all’inizio del secolo scorso, a cinquant’anni nel 1960, a 72 anni oggi - in Italia ormai a 84. Una vita attesa più lunga consente di poter progettare il proprio futuro e di intraprendere attività economiche orientate al lungo periodo. Insieme all’incremento della popolazione e alla crescita delle città e delle infrastrutture, la lunga vita consente di mettere al centro delle società e dell’economia l’istruzione. L’espansione del sistema scolastico è stato poi il meccanismo fondamentale per promuovere l’uguaglianza di genere: non a caso i Talebani vogliono tenere le donne lontano dalla scuola. Ma oggi, nel mondo le donne studiano almeno quanto gli uomini quasi ovunque; a livello di titolo universitario sono più avanti. Insieme alla possibilità di scegliere liberamente il numero di figli, connessa con i moderni mezzi contraccettivi, e a politiche di welfare avanzate, l’eguaglianza nell’istruzione ha portato a una sempre maggior diversità di genere sul mercato del lavoro. Questa maggiore diversità di genere ha aumentato l’efficienza delle economie e la produttività, come dimostrato anche da un recente studio del think-tank Bruegel, in linea con molti altri studi su casi specifici.

Grazie alla lunga durata della vita, inoltre, per la prima volta nella storia dell’umanità possiamo osservare una forte diversità di età nelle società e nei luoghi di lavoro. Diversi gruppi di età coesistono e convivono, con generazioni più giovani più istruite e meno esperte e generazioni più anziane ancora in buona salute. Anche se il fenomeno della diversità per età è relativamente nuovo per le nostre economie e società, i primi studi sulle imprese mostrano un effetto positivo sulle performance economiche. Un esempio: la Michigan Technological University ha sviluppato la prima stampante 3D per metalli a basso costo e open source. Il team che ha sviluppato questa innovazione tecnologica, come ha raccontato il direttore Joshua Pearce, ha tratto vantaggio dalle capacità di membri appartenenti a più generazioni: il bagaglio di esperienza dei boomers, la capacità di programmazione dei Millennials, le capacità tecniche dei ricercatori Gen X. Essere aperti alla diversità per età rende poi possibile uno sfruttamento più proficuo del capitale umano delle generazioni più giovani, dove come abbiamo visto le donne sono sempre più istruite. 

La diversità per origine etnica e per background migratorio è forse l’aspetto politicamente più delicato. Anche in questo caso, la demografia conta: il numero di migranti internazionali nel mondo ha superato per la prima volta nella storia i 300 milioni nel 2024. Questo numero dipende più dal generale incremento della popolazione, che non dall’aumento della propensione a migrare. Il 3,7% della popolazione globale, infatti, vive in un paese diverso da quello della propria nascita, meno di un punto percentuale sopra la quota del 1990. I paesi economicamente di successo attirano i giovani dal resto del mondo. In fondo, esattamente quello che è successo in Italia, con le aree più ricche che hanno attirato migranti dal Sud e dalle Isole, contribuendo in modo decisivo al successo di città diverse come ad esempio Milano. Qual è l’effetto di questa dimensione della diversità? Di nuovo, positivo, come per gli altri effetti diversità: le ricerche di economisti come Gianmarco Ottaviano e Marta Prato mostrano che la diversità etnica spinge l’innovazione e le invenzioni che sono alla base della crescita economica odierna, soprattutto per i paesi più avanzati.

Le diversità che abbiamo menzionato, di genere, di età, di origine etnica e background migratorio si intersecano creando gruppi ancor più eterogenei. Vi sono poi ulteriori dimensioni di diversità che hanno un impatto sulla nostra identità e sulle opportunità, dall’origine socioeconomica (un tempo avremmo detto la “classe sociale”) all’abilità e allo stato di salute. L’intersezione di queste dimensioni, che è possibile osservare e documentare attraverso i dati di precisione, mostra che viviamo in società che sono “superdiverse”. La superdiversità, termine utilizzato per la prima volta dall’antropologo Steven Vertovec in riferimento alla diversità etnica nelle città globali, caratterizza ormai il nostro mondo.

La superdiversità spiega anche la facilità con cui qualcuno può incolpare le politiche inclusive di ogni male. Ma il mondo diverso, anzi superdiverso, ha un maggior benessere. Malgrado l’aumento della popolazione complessiva, il 2023 è stato infatti l’anno con il reddito pro-capite più alto della storia dell’umanità, superando 13 mila dollari. Rimangono tante sfide, e andare verso una direzione di diversità, equità e inclusione non è semplice. Rimane questa, però, l’unica opzione per il nostro futuro.

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