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Pellicani: il basket Bocconi vuole volare alto

, di Fabio Todesco
La squadra parteciperà ai campionati federali. Padrini Dino Meneghin e Sandro Gamba

La presenza in Bocconi di Dino Meneghin, il primo giocatore italiano entrato nella Hall of Fame del basket, non poteva passare inosservata. Nella mattinata di inizio ottobre, in cui ha fatto la sua comparsa nell'atrio di via Sarfatti, Meneghin è stato avvicinato dagli studenti, che gli hanno tributato attestati di simpatia e richieste di autografi. Sebbene sia meno appariscente, è stato presto notato anche Sandro Gamba, l'allenatore della Nazionale di pallacanestro medaglia d'argento olimpica a Mosca nel 1980 e vincitrice degli Europei a Nantes nel 1983 (ma ha anche vinto 10 campionati da giocatore e 4 da allenatore a Milano).

Meneghin e Gamba hanno fatto da padrini alla nascita dei Pellicani Basket Università Bocconi, un'associazione dilettantistica indipendente, ma supportata dall'Università. La squadra parteciperà, da gennaio, al campionato federale di Prima Divisione, con l'obiettivo di attestarsi tra Serie D e Serie C in 4-5 anni (tra Prima Divisione e Serie D, nel basket, c'è la Promozione). A giocare nei Pellicani sono rappresentanti di tutto il mondo Bocconi: studenti in larga maggioranza, ma anche docenti e personale.

Per creare spirito di squadra non c'è niente di meglio che una squadra, devono avere pensato i vertici dell'Università, che hanno supportato con entusiasmo l'iniziativa, nella convinzione che l'esperienza sportiva abbia un valore esemplare ed educativo. Si spiega, così, la scelta agonistica di partecipare ai campionati federali, secondo una naturale suddivisione dei compiti con l'Associazione Sportiva Università Bocconi (ASUB), che continua a curare la diffusione dello sport di base.

Il seme del progetto Pellicani è stato gettato, nell'ottobre del 2002, con la sfida tra studenti e non studenti (docenti, personale amministrativo e un paio di esterni, legati comunque all'Università) giocatasi in occasione del Centenario Bocconi al Palalido come sottoclou di una partita di campionato dell'Olimpia, la squadra milanese di Serie A. Si vedeva chiaramente che le due squadre erano complementari: agili e fisicamente forti gli studenti, disciplinati e bene organizzati gli altri. Nei mesi seguenti ci sono state una rivincita e altre occasioni di incontro nel circuito del basket dilettantistico milanese, fino all'idea di partecipare ai campionati.

L'associazione dilettantistica è stata costituita in agosto e presidente è stato designato Alessandro Ciarlo, un dirigente dell'Università con un passato nel mondo del basket. L'allenatore è Massimo Verrani, titolare di una delle aziende fornitrici della Bocconi. Grazie al passaparola, sono stati visionati una cinquantina di ragazzi, i più competitivi dei quali sono poi stati sottoposti alle visite mediche. Oggi ruotano attorno alla squadra 18 giocatori, 13 dei quali studenti e cinque tra docenti e dipendenti dell'Università. La gran parte degli studenti faceva parte della squadra del Centenario, ma un primo risultato di cui tutto l'ambiente va orgoglioso è la scelta di uno di loro, che ha rinunciato a giocare nella società per la quale era tesserato, preferendo aggregarsi per questa stagione ai Pellicani.

"Gli studenti lombardi che praticano sport ad alto livello riescono, di solito, a proseguire anche negli anni dell'Università", spiega il presidente Ciarlo. "Chi si trasferisce da altre regioni è, invece, costretto ad abbandonare. Riteniamo che i Pellicani siano un'ottima opportunità soprattutto per i giocatori fuori sede". Il che si riflette perfettamente nell'attuale compagine che, tra friulani, sardi, siciliani, toscani ecc. è rappresentativa di tutta Italia. Almeno due importanti giocatori del passato si sono laureati in Bocconi: Sandro Riminucci, vero simbolo del basket italiano degli anni '60, l'Angelo Biondo che ha detenuto per più di 30 anni il record di punti in una sola partita di Serie A (77 giocando con l'Olimpia Milano nella stagione 1963-64), e Vittorio Gallinari, uno dei protagonisti dell'Olimpia vincitutto di Dan Peterson negli anni '80.

"Pensiamo, inoltre, che lo sport agonistico abbia anche una valenza formativa, al pari di molte altre attività extracurriculari", prosegue Ciarlo. "Saper perdere e saper vincere sono qualità importanti per tutta la vita". È per questo che, se l'esperimento Pellicani dovesse proseguire nel migliore dei modi, non se ne esclude l'estensione ad altri sport.

La scelta del nome della squadra è sembrata naturale, perché il pellicano è la mascotte non ufficiale della Bocconi. In realtà ad adottarlo per prima, già all'inizio del secolo, è stata l'Associazione Laureati Università Bocconi (ALUB), perché questo volatile è considerato il simbolo dell'altruismo: il mito vuole che mamma pellicano, quando non ha cibo per i suoi piccoli, si ferisca con il becco per nutrirli con il proprio sangue. Grazie al tratto fumettistico con cui il pellicano viene disegnato, questa drammatica connotazione è andata perduta, ma qualsiasi allenatore sottoscriverebbe la necessità di dare il sangue (e l'anima) per la squadra. Più di recente, l'adozione del pellicano come simbolo della Bocconi è stato giustificato dalla sua indole economica, suggerita dal suo portare nel becco il cibo per tutta la famiglia.

I Pellicani hanno caratteristiche particolari per un campionato di Prima Divisione. Qui, di solito, le squadre sono formate da giocatori esperti, quasi sempre oltre la trentina. L'età media dei Pellicani è, invece, molto più bassa e dovrebbero riuscire a far valere velocità e fisicità. Il ruolo dei giocatori più esperti (anche i docenti e i dipendenti Bocconi in squadra hanno giocato fino allo scorso anno in altre società) sarà quello di portare un po' di disciplina di gioco in un gruppo giovane ed entusiasta. Il loro coinvolgimento vuole anche garantire una continuità che, nelle iniziative studentesche, è resa problematica dal naturale ricambio, dovuto alla conclusione del ciclo di studi.

In queste settimane i Pellicani stanno giocando un torneo di preparazione al campionato e hanno vinto le prime due partite. Il gruppo sembra essere già coeso, ma l'allenatore si dichiara ancora in attesa di tradurre questa unità in un gioco di squadra più efficace.