OUTLOOK 2023
A gennaio, come ogni anno, verrà annunciata la temperatura globale media registrata nel 2022. Questo è ovviamente un momento di bilancio climatico puramente formale, visto che quasi ogni mese vissuto nel 2022 era tra i primi 5 più caldi on record; viste le siccità diffuse dall'Europa all'Asia all'Africa dell'Est; viste le precipitazioni estreme e le svariate onde di calore registrate in diverse aree del globo. Oramai l'attribuzione di questi eventi estremi al cambiamento climatico – ossia la probabilità che essi si verifichino con questa frequenza non può essere scientificamente e statisticamente spiegata se non con il cambiamento del clima – è assodata.
Come al solito in molti, soprattutto i più giovani, si domanderanno: stiamo infine facendo qualcosa oppure lasciamo che un altro anno passi senza porre fine alle nostre emissioni di gas serra?
Ebbene il 2023 dovrebbe essere l'anno in cui il nostro Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) dovrebbe finalmente essere aggiornato per incorporare i più stringenti target di emissione e di penetrazione delle rinnovabili in linea con la politica europea Fit for 55. Il PNIEC è essenziale perché un elemento chiave della transizione energetica è la pianificazione. Costruire infrastrutture su scala nazionale e con un respiro temporale molto lungo non può che richiedere una pianificazione integrata tra settori e grandi players nazionali.
Ma quello che succede in Italia, per quanto importante, avrà conseguenze modeste sulle emissioni europee e mondiali. Per questo forse più importante è guardare all'Europa dove continua a funzionare il più grande mercato internazionale di emissioni di gas serra (copre più del 40% delle emissioni europee di CO2 e 10.000 installazioni) che ha consentito di raggiungere le desiderate riduzioni di emissioni garantendo allo stesso tempo la flessibilità alle imprese di farlo in modo efficiente. I permessi di emissioni, che nelle prime fasi erano dati gratuitamente a tutte le imprese regolate, sono ora messi all'asta per il 60%. L'idea è di mettere all'asta gradualmente anche il restante 40% dei permessi. Allo stesso tempo, per scongiurare il rischio di carbon leakage (ossia il rischio che vi sia un "trasferimento" della produzione e delle relative emissioni verso una regione con condizioni di produzione e politiche climatiche meno rigide), dovrebbe entrare in vigore il Carbon Boarder Adjustment Mechanism (CBAM). Il CBAM è uno strumento, compatibile con il WTO, che richiede agli importatori europei di materie prime o beni prodotti fuori Europa e appartenenti a settori che in Europa sono sottoposti al mercato delle emissioni, di depositare un certificato per ogni emissione fatta nel produrre tali beni, il cui valore dipende dal valore dei permessi di emissione scambiati sul mercato europeo. Ovviamente se nel paese di provenienza le emissioni sono già state tassate questo sarà tenuto in conto. Si parte da cinque settori: cemento, acciaio, elettricità, alluminio, fertilizzanti, anche se altri settori sono già stati proposti dalla commissione europea (per esempio plastiche).
Nel 2023 dovrebbe iniziare la fase di accounting (i certificati CBAM non dovrebbero essere effettivamente pagati) per permettere alle imprese che commerciano con l'Europa nei settori che saranno regolati di imparare a rendicontare le emissioni (altrimenti si considereranno validi livelli medi di settore).
Ci si aspettano dei ritardi dovuti alla situazione geopolitica e alla crisi energetica, anche se non è probabile che ci siano passi indietro sullo strumento. Anche perché l'asta del 100% dei permessi di emissione permetterebbe di incassare fondi che sono importanti per un'Europa preoccupata che la transizione sia giusta e che vuole promuovere un social climate fund per finanziare un sostegno per i più vulnerabili.
Infine, visto che le emissioni europee non sono che una piccola frazione delle emissioni globali, ancora più rilevante saranno le discussioni ai tavoli di negoziazione internazionali. Il 2023 è l'anno del global "stocktake" - una valutazione complessiva di come i paesi stanno riducendo le proprie emissioni rispetto ai loro piani nazionali e di come questo ci posizioni nei confronti dell'obiettivo finale: mantenere l'aumento della temperatura del pianeta sotto il grado e mezzo. Visto che diventerà evidente che dobbiamo fare di più e più in fretta, per la transizione, sarà plausibile che la discussione si sposti sull'idea di strumenti legati al mercato internazionale. Il CBAM sarà proprio un esempio di questo potenziale, anche se più probabilmente si aprirà alla più generica idea di Alleanze Climatiche: paesi che mettono in atto politiche climatiche simili e beneficiano di condizioni commerciali agevolate.
Di nuovo, il ruolo che i conflitti geopolitici internazionali potranno avere su queste negoziazioni non è chiaro, ma probabilmente i tempi si dilateranno ancora. E intanto il 2023 sarà un nuovo anno di record climatici.