Oltre lo shock culturale
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Francesca Prandstraller |
Le aziende italiane hanno più di 27.000 filiali all'estero, dove impiegano quasi 1,5 milioni di dipendenti, fatturando oltre 565 miliardi di euro(Italia Multinazionale, Banca dati Reprint, dati 2012). Non stupisce dunque un crescente interesse per le attività di gestione delle risorse umane in più paesi e diverse culture.
Le organizzazioni devono essere in grado di attirare, formare, trattenere e sviluppare le persone con il maggior potenziale, a prescindere dalla loro provenienza geografica e culturale e devono formare le proprie risorse affinché siano in grado di lavorare in un ambiente interculturale e internazionale. Non si tratta più solo di grandi aziende multinazionali: crescono in questo senso le esigenze di gestione anche delle imprese di medie dimensioni, le cosiddette micro-multinazionali. Il management efficace delle risorse umane nei business internazionali così come la qualità dei manager assegnati a incarichi internazionali sonofattori determinanti del successo o del fallimento delle operazioni all'estero.
Le scelte in fatto di gestione delle risorse umane internazionali dipendono fortemente dal modello prescelto e dalla fase del processo di internazionalizzazione in cui si trova l'organizzazione. In questo quadro, la gestione dell'espatrio resta ancora un elemento centrale, anche se alle forme tradizionali di missioni all'estero (3-5 anni) si affiancano oggi altre modalità. Il numero di espatri non è diminuito, quanto piuttosto è articolato in forme molteplici e meno costose per le aziende, allo scopo di creare una sorta di portfolio di possibilità da utilizzare. Troviamo quindi espatri a breve termine (sotto l'anno), frequent business traveller, dual desk o incarichi a rotazione. La diversità nelle modalità di espatrio e di soggetti che lo affrontano (più giovani, più donne che in passato) suggerisce la necessità di arrivare a una maggiore flessibilità nella costruzione dei pacchetti retributivi e di benefit, che spesso sono ricchi ma non sufficientemente articolati o modulari da consentire di spostare risorse sulle necessità della persona o della famiglia.
Così come per gli espatri tradizionali, anche per gli incarichi emergenti una corretta selezione è la chiave fondamentale per il successo. Recenti ricerche hanno evidenziato che, nel reclutamento per incarichi a breve termine, la selezione raramente avviene seguendo criteri formalizzati, ma piuttosto secondo criteri di segnalazione da parte di persone di fiducia, oppure rapporti preesistenti consolidati, e valutando innanzitutto il possesso di competenze tecniche piuttosto che interculturali.
La formazione cross-culturale dovrebbe essere inserita nei programmi di trainingper aumentare le probabilità di successo anche per gli espatriati di tipo non convenzionale, che hanno meno tempo per adattarsi alla nuova cultura ma che subiscono ugualmente lo shock culturale seppure in tempi molto più compressi. Le politiche di reclutamento e selezione, training multiculturale, sviluppo di piani di carriera, retribuzione, valutazione della performance e supporto al rientro vanno quindi implementate pensando in modo specifico a questo tipo di incarichi.