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Nuovo codice degli appalti: una scommessa sulla fiducia

, di Andrea Celauro
L'impostazione del testo in approvazione alle Camere rivoluziona la prospettiva, mettendo da parte il principio del sospetto in favore di una maggiore liberta' di iniziativa e autoresponsabilizzazione delle pubbliche amministrazioni. Con l'obiettivo di rilanciare il paese attraverso il PNRR, come spiega Miriam Allena in questa intervista

La data è segnata: il 31 marzo. Entro quel giorno le Camere dovranno procedere all'approvazione finale del nuovo Codice degli appalti, il documento che, rivoluzionando la prospettiva in base al principio del risultato e al principio di fiducia nell'azione legittima dei funzionari pubblici, promette di sbloccare gli appalti e, nell'ambito dei progetti del PNRR, dare un forte impulso al rilancio del paese. Non sono mancate le critiche al testo in fase di approvazione, tra le quali quelle dell'Anac, l'Autorità anticorruzione. Tuttavia, secondo Miriam Allena, professoressa associata di diritto amministrativo e coordinatrice dell'Osservatorio appalti pubblici e sostenibilità della Bocconi, la nuova prospettiva del Codice potrebbe fare la differenza nel riavviare il motore degli appalti.

Già dai suoi primi due articoli, che puntano sul principio del risultato e della fiducia nell'amministrazione pubblica, il nuovo Codice dichiara un preciso cambio di rotta rispetto al passato.
Sono le due novità più grosse, perché marcano subito la differenza rispetto alla normativa precedente. In passato, il principio di fondo è sempre stato quello della diffidenza verso i funzionari pubblici e verso gli operatori economici. Se lascio libero il funzionario di fare ciò che vuole, darà l'appalto ai suoi amici. Per evitarlo si è costruito un sistema di norme sempre più dettagliate a cui tutti gli attori devono adeguarsi, ma che ha appesantito tutto il meccanismo rendendolo farraginoso e inefficiente. Un meccanismo che, nel suo estremo formalismo in nome della trasparenza e del rispetto della concorrenza – elementi fondamentali, per carità – ha però generato continui contenziosi di fronte al giudice amministrativo, provocando il progressivo rallentamento degli appalti. Con il nuovo Codice, il legislatore invece fa una scommessa: voglio dare fiducia alla pubblica amministrazione e alle imprese private. Si passa quindi dal principio del sospetto a quello della fiducia, con la speranza di rendere più fluido il sistema degli appalti.

L'Autorità anticorruzione, tuttavia, ha sollevato dei dubbi su alcuni punti del nuovo testo, tra cui il tema dei controlli preventivi e quello degli appalti integrati e del general contractor. Cosa ne pensa?
Sul tema dei controlli forse, sì, sarebbe meglio mantenerli. Riguardo al tema degli appalti integrati e del general contractor, che fanno capo entrambi all'idea che un'unica impresa si occupi della progettazione e della realizzazione dei lavori, torniamo al discorso di prima. Anche questa è una scommessa. È chiaro che per gli appalti integrati il rischio è che la pubblica amministrazione abbia meno controllo sul progetto – pensiamo ad esempio alle varianti di progetto e ai costi maggiori che l'impresa può dire di dover sostenere rispetto al progetto originario – tuttavia, l'appalto integrato, per quanto rischioso è un processo più efficiente. E, in questa fase, forse un po' di rischio ci vuole.

Che impatto potrebbe avere il nuovo Codice nell'ottica nel PNRR?
Può rappresentare un volano importante. Quanto si parla di appalti, a livello europeo si parla del 16% del pil dell'Unione. È chiaro quindi che anche per l'Italia rilanciare gli appalti equivale a rilanciare il paese. Il fatto è che il Codice va approvato entro il 31 marzo, onde rispettare gli impegni del Piano nazionale, quindi, in questa fase, è importante un'opera di sensibilizzazione sul tema. Successivamente, servirà un'opera di formazione adeguata, sia tecnica sia etica, dei funzionari della pubblica amministrazione. Perché la buona norma è il presupposto, ma da sola non basta, serve un sistema intorno che permetta di rendere il tutto efficace. È stato pensato un servizio di supporto, organizzato dalla presidenza del Consiglio e dall'Anac, per dare supporto alle pubbliche amministrazioni nel primo anno di attività del Codice.

Ha accennato all'Europa. Come si pone questa nuova normativa in tema di appalti rispetto a quella di altri paesi?
In Germania (e in passato in Inghilterra) hanno implementato le Direttive appalti ricorrendo al diritto privato, con l'idea che la disciplina pubblicistica appesantisca la macchina degli appalti. Aggiudicano cioè gli appalti con regole che, fatti salvi gli obblighi comunitari di trasparenza e imparzialità, sono sostanzialmente quelle del diritto privato e i contenziosi sono risolti di fronte al giudice ordinario. Io resto convinta che una procedura pubblicistica rappresenti comunque una garanzia: nel momento in cui una pubblica amministrazione sta facendo un appalto sta esercitando un potere economico, che deve essere nell'interesse della collettività. Questo potere deve quindi essere comunque contenuto e controllato per evitare gli eccessi. Il tema è non eccedere con regole che ne annullino qualsiasi efficacia e qualsiasi iniziativa. Nella relazione di accompagnamento al testo si pone come obiettivo: "Favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilizzazione delle stazioni appaltanti", ossia delle pubbliche amministrazioni. Un altro esempio in questa direzione è che in altri stati europei non esiste più il nostro divieto di cessione del contratto di appalto che Italia persiste salvo che in caso di trasferimento d'azienda o operazioni societarie assimilabili. Il risultato è un grande caos che può portare anche a scelte elusive, con operazioni che del trasferimento d'azienda hanno più il nome che la sostanza e con operatori stranieri che, non essendo abituati a queste limitazioni (ossia, al divieto di trasferimento dei contratti al di fuori di operazioni societarie), si trovano talora costretti a rinunciare a investimenti nel nostro Paese.