Nuovi imprenditori della moda: più creazione di valore che stile
Dopo Dolce e Gabbana il diluvio? Non proprio, ma il profilo dei giovani imprenditori della moda sembra cambiato negli ultimi anni, sostiene Luana Carcano, la docente del Master in fashion, experience and design management che, per la Sda Bocconi, ha seguito lo scorso anno la prima edizione del Premio giovani imprenditori della moda, promosso con Camera Nazionale della Moda e Ernst&Young. "Le iniziative più promettenti sono più guidate da imprenditori - manager le cui competenze distintive sono spesso di comunicazione e di gestione del marchio".
Le aree più vitali e aperte all'ingresso di nuovi, giovani imprenditori sono quelli dello sportswear e del casualwear, legate a jeans, magliette, felpe, alle quali vengono però applicate strategie di comunicazione mutuate dal segmento più alto, quello del lusso. "L'esempio più evidente è quello di Guru", spiega Carcano. "Matteo Cambi è figlio di imprenditori del settore tessile e ha saputo fare leva sul network di famiglia per produrre, al di fuori dei confini nazionali in modo efficiente capi molto basic (dalla magliette al denim fino alla linea baby), creati in Italia".
Anche quando un creativo è presente nella compagine imprenditoriale tende ad essere accompagnato da un manager, come accade a Franklin&Marshall, l'impresa che si è aggiudicata il premio per la categoria creativi. "In questo caso esiste il connubio tra le due componenti, creativa e gestionale. I due giovani sono partiti con la produzione di felpe simili a quelle dei college americani, ma poi hanno saputo evolversi creando una linea casual di alta qualità, ancora una volta con una forte attenzione agli investimenti in comunicazione", sintetizza Carcano.
Nella realtà non è che manchino nuovi giovani designer di talento, ma in questo momento trovano impiego presso le grandi firme (come per esempio Riccardo Tisci che firma i capi di Givenchy), mentre altri giovani, che partono da idee e capi "semplici", riescono a valorizzarle e ad avere successo con un'impresa propria.
C'è, infine, una terza categoria di giovani imprenditori, che mantiene un'insospettata vitalità. Si tratta degli imprenditori di seconda o terza generazione che riescono a rifocalizzare imprese di famiglia operanti anche in settori tradizionali della filiera della moda. "Alcuni di questi si caratterizzano come fornitori di servizi, anziché di prodotti, per le altre imprese", sostiene Carcano. "Abbiamo rilevato risultati positivi proprio nel business-to-business, dove si stanno sviluppando contoterzisti evoluti, che riescono a raggiungere una qualità tale da non sentire il bisogno di delocalizzare in Cina". Si tratta di aziende come quella che si è aggiudicata il premio in questa categoria, Canclini (tessuti per camiceria), che non si fanno travolgere dall'ansia di crescere e sanno trovare una dimensione ottima rispetto alla consistenza del loro mercato.
Questo approfondimento è collegato al Focus Moda, perché sui giornali vanno i vestiti impossibili