Nicola, tributarista d’oltreoceano
“Non è vero che dagli Stati Uniti abbiamo solo da imparare”: Nicola Sartori, al telefono dalla Michigan University, dove sta terminando un Master of Laws in diritto tributario internazionale, sfata un mito e spezza una piccola lancia in favore del nostro modo di concepire la legge e la politica. Un esempio per tutti? “Il fatto che in Italia non esista un sistema basato sulle lobbies”.
Nicola, che negli Stati Uniti è sbarcato nel luglio del 2006, ha una vera e propria passione per il diritto tributario, passione invero di famiglia, visto che papà e fratello sono entrambi tributaristi, ma che dopo gli anni dell’università ha preso una piega diversa: “Il sogno”, racconta oggi, “è quello di tornare in Italia e prendere la via accademica”.
Il cammino di Nicola è iniziato dal corso di laurea in economia e legislazione per le imprese della Bocconi, che ha concluso nel 2003 con una tesi in diritto tributario comparato sulle Controlled foreign companies (Cfc, le società controllate residenti nei paradisi fiscali), ed è poi continuato con l’assistenza didattica e l’attività di tutoraggio sempre in Bocconi sotto la guida di Carlo Garbarino.
Nel 2004, la domanda di dottorato all’università di Milano-Bicocca e l’inizio dell’attività di ricerca scientifica, con la stesura di note a sentenza, la partecipazione come relatore a vari convegni e la pubblicazione di articoli su alcune riviste italiane di settore: “In quel periodo ho iniziato a collaborare con il comitato di redazione di Fiscalità internazionale e sono entrato a far parte del Comitato tecnico internazionale della Bocconi, organo di ricerca dell’università nel campo del diritto tributario”. Un periodo di lavoro molto intenso, dunque, durante il quale Nicola ha iniziato a gettare le basi della sua carriera futura. “Quest’anno dovrei discutere la tesi di dottorato”, racconta, “un lavoro sui profili fiscali delle operazioni transnazionali di riorganizzazione societaria”.
Nel frattempo però, ci sono gli States. Secondo Nicola, infatti, “per chi vuole fare carriera nel campo giuridico è fondamentale fare l’esperienza di un diverso ordinamento e non solo per trarne una valutazione comparata, ma proprio per cogliere nel concreto come nascono e si sviluppano sistemi giuridici diversi”.
E la diversità tra i sistemi italiano e statunitense è ciò che Nicola ha avuto modo di approfondire grazie allo studio alla School of Law della Michigan University: “L’aspetto più rilevante per la mia crescita scientifica è stato il metodo d’insegnamento, che per uno studente europeo risulta del tutto nuovo e che si basa sulla risoluzione di casi pratici. La differenza tra il sistema di civil law italiano e quello di common law degli Usa è infatti basato su un differente approccio: Il sistema americano si fonda su grandi riflessioni in termini di policies, di scelte concrete, mentre in Italia ci si concentra sulle norme e sui principi. Stati Uniti e Italia sono paesi con gli stessi problemi affrontati in modo molto diverso, ma non tutto ciò che arriva dagli Stati Uniti è da copiare”. Di certo non l’esistenza di potenti lobbies con decine di migliaia di aderenti: “a volte, nel mio campo, alcune norme sembrano non avere logica rispetto al quadro generale. Andando a fondo nell’analisi, si scopre poi che sono il frutto della pressione di qualche lobby”. Questo tipo di approccio, tuttavia, “deriva anche dal fatto che i problemi sono affrontati in termini di policies e non di politics, ossia di ‘politiche’ e non di ‘politica’”. “In Italia invece”, chiosa Nicola, “troppo spesso ci si accontenta dell’analisi esegetica delle norme, ossia della loro mera interpretazione”.