Nella zuffa Esselunga-Coop a perdere è la fiducia dei giovani
Il libro Falce e carrello è diventato un best seller. È stato inviato a molti di noi via posta direttamente da Bernardo Caprotti e in libreria è fra i testi più richiesti. Mi sono domandato il motivo che ha spinto un imprenditore illuminato come il patron di Esselunga a scrivereun libro come questo e a investire sulla sua diffusione con un'operazione massiccia di direct mail. Probabilmente, la sua intenzione era di incidere sulle convinzioni dell'opinione pubblica. Proprio per valutare, seppur in modo parziale, l'effetto del libro sugli atteggiamenti della gente comune e la loro reazione alla sua lettura, ho condotto un esperimento: ho chiesto ad alcuni studenti del corso di Channel & Trade Marketing della Bocconi di leggere il libro e di presentarlo ai colleghi. Parallelamente, altri studenti hanno tratto ulteriori dati e notizie dalla stampa e dall'analisi del sito Coop.
Un messaggio assai positivo è giunto dall'aula, che ha manifestato un grande interesse verso il tema e una grande vivacità nel dibattito. Gli studenti hanno presentato in rapida successione le tesi di Bernardo Caprotti, che punta il dito contro i vantaggi delle Coop, non solo a livello fiscale, ma anche contro il sistema chiuso e autoreferenziale che è venuto a crearsi nel tempo fra l'impresa cooperativa e le istituzioni locali. È stato poi presentato il punto di vista di Coop e le eccezioni che sono state sollevate dal suo management. Nel dibattito sono emersi tre punti su cui si è raggiunto consenso fra gli studenti.
Innanzitutto, la necessità di fornire maggiori informazioni e più trasparenza sui sistemi di assegnazione degli appalti e delle autorizzazioni, evitando così il diffondersi di sistemi basati su clientele. In secondo luogo, l'esigenza di meccanismi in grado di garantire in tutti i settori, e in particolare nella Gdo, il funzionamento del libero mercato, in modo da minimizzare l'emergere di monopoli spaziali da parte delle imprese di distribuzione (come quello che si è verificato in Liguria per Coop secondo le tesi esposte da Caprotti). Infine, individuare dei sistemi fair per attenuare il vantaggio fiscale delle cooperative di grandi dimensioni rispetto ad altre forme d'impresa, naturalmente tutelando i fini propri del cooperativismo.
Dagli studenti sono arrivate inoltre alcune idee interessanti, come la realizzazione di un sistema istituzionale di monitoraggio dei prezzi (proposto anche da Altroconsumo) e la verifica sistematica del livello di concentrazione dei settori della distribuzione a livello locale.
Nelle parole dei ragazzi, però, ho letto anche un senso di sfiducia: i soliti sistemi di connivenza fra mondo della politica e dell'impresa rendono impossibile per le imprese migliori di emergere e per i giovani meritevoli di dimostrare le loro capacità. Il sistema paese incentiva le imprese, i cervelli e i capitali a fuggire verso paesi ove si garantisce una maggiore libertà d'impresa. Insomma, ancora una volta il danno maggiore non è quello quantificabile in fatturati o margini persi da una parte o dall'altra, ma è la sfiducia che si crea nei consumatori, che non sono più convinti di ottenere le migliori condizioni d'acquisto dalla grande distribuzione, nei manager, che riconoscono la loro impotenza rispetto a sistema d'influenza più grandi di loro, e nei giovani universitari, che dovrebbero vedere con ottimismo il futuro e che invece vedono prospettive poco attraenti. Questo non fa altro che rendere ancora più buio il futuro economico del paese nelle percezioni della classe dirigente di domani.
Credo che un segnale sia necessario. Un segnale che arrivi dalle istituzioni, che devono garantire i meccanismi della libera concorrenza vigilando affinché ciò si verifichi a tutti i livelli, ma soprattutto a livello distributivo. Se garantiamo la competizione a livello locale sul retail ciò si riverbera inevitabilmente in un'efficienza di tutta la supply chain. Il segnale deve arrivare anche dalle imprese che devono rifiutare la logica della connivenza, cercando sempre di tutelare l'interessedei consumatori.
Al termine della discussione, il quesito di tutti è stato: cosa farà Esselunga? Venderà a Coop piegandosi alle pressioni del sistema politico e degli interessi di alcune parti? Venderà a qualche impresa straniera, come Walmart (che in realtà lo stesso Caprotti ha definito come l'antitesi di Esselunga) o a Tesco (azienda inglese più vicina al posizionamento di Esselunga)? Oppure troverà sistemi alternativi che passano per la quotazione in Borsa e il coinvolgimento del management aziendale? La partita è aperta e gli studenti preferiscono l'ultima opzione. Con un consiglio creativo: così come Coop ha coinvolto direttamente i consumatori nei propri assetti societari (Coop sei tu!), così Esselunga, dotata di un avanzato sistema di loyalty management (la Fidaty Card), potrebbe sfruttare l'opportunità dell'apertura del proprio capitale sociale al pubblico per favorire i consumatori più fedeli, semmai sfruttando i punti fragola per l'assegnazione preferenziale delle azioni. Una bella idea per sfidare Coop sul suo terreno e condividere con i suoi consumatori più fedeli il valore creato dall'impresa.