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Mentorship: consigli per l'uso

, di Vincenzo Perrone - Full professor di organizzazione aziendale, Universita' Bocconi
Quello tra mentor e mentee e' una relazione a due vie: entrambi ricevono e danno consigli per rendere il loro rapporto il piu' funzionale ed emotivo possibile. Il mentor, che ha origini mitologiche, per riuscire nel suo compito deve seguire alcune semplici regole mettendo da parte il suo ego. Il mentee da parte sua deve sapersi relazionare

Mentore non è solo una parola o un ruolo organizzativo, o una di quelle passeggere mode manageriali che importiamo periodicamente da oltre oceano. E', in origine e in primo luogo, un mito. Omerico per la precisione. Un mito che parla di crescita personale e di relazioni, che può aiutarci ancora oggi ad interpretare meglio un processo che, per essere utile, va condotto con cura. Mentore è nell'Odissea un caro e vecchio amico di Ulisse. Quest'ultimo si fida così tanto di lui da affidargli la cura della propria casa e dei propri interessi e soprattutto quella del proprio figlio Telemaco che verrà lasciato solo per lunghi anni, insieme alla madre Penelope, dall'eroe che parte per la guerra di Troia.

La prima caratteristica del/della mentore (con la minuscola) è dunque quella di essere una persona degna di fiducia, oltre che esperta. Perché sa essere leale, perché condivide i valori e protegge gli interessi di chi a lei consegna quanto ha di più prezioso, ovvero la testa, il cuore ed il futuro di un altro essere umano. E perché deve mantenere l'impegno che prende, con costanza. Accettare questo ruolo non è per questo cosa da fare alla leggera o pensando di dedicargli solo ritagli di tempo e di attenzione. Si rischierebbe di deludere il mentee e di sprecare il tempo di entrambi.

Mentore, maiuscolo, viene sostituito, nei momenti più importanti del poema, dalla dea Atena che ne prende le sembianze. Lei è la protettrice di Ulisse e dei Greci, e attenta a sostenere e consigliare anche Telemaco quando questi ne ha bisogno. Mi sembra molto interessante che Mentore sia in realtà una donna e una dea. Perché l'essenza della relazione nella quale si impegna è la cura dell'altro. Per riuscire bene nel prendersi cura, anche gli uomini devono dare spazio alla parte femminile che hanno dentro di sé. Nemici di una buona relazione di mentorship sono infatti l'egocentrismo narcisista e testosteronico tipico dell'uomo/donna di grande successo che propone se stesso come modello, con una forza tale da schiacciare più che ispirare l'altro. Oppure l'incapacità di riconoscere e gestire le emozioni proprie e quelle altrui che caratterizzano qualsiasi relazione umana dotata di senso e a maggior ragione una che ha l'obiettivo di stimolare la crescita, personale quanto professionale, di un individuo. Nel mentoring, come in tutte le altre forme di counseling, la relazione è importante tanto quanto il contenuto che viene scambiato. E in questa relazione non bisogna avere difficoltà a offrire un ascolto attento e appassionato a quello che l'altro ha da dire. Riuscendo a ritardare il giudizio e a controllare la fretta di suggerire risposte e soluzioni che il mentee deve essere aiutato a trovare da solo, se vogliamo creare autonomia e non dipendenza.

La dea Atena ha tre attributi fondamentali: è la divinità della sapienza (non a caso Esiodo racconta che è stata partorita dalla testa di Zeus), della guerra e di tutte le arti e le attività produttive. Tre indicazioni utili per l'interpretazione del proprio ruolo da parte dei mentori di oggi. Ci sono infatti tre doni che un mentore dovrebbe offrire al proprio mentee: saggezza, acume politico e concretezza nella trasformazione della realtà. Il primo è il dono che nasce dal differenziale di esperienza tra i due. Il mentore ha già vissuto molto di quello che potrebbe incontrare il mentee. Per questo può insegnargli quel misto di intelligenza e prudenza che chiamiamo saggezza, necessaria soprattutto quando i problemi sono complessi e vanno interpretati correttamente. Attenzione però che l'esperienza può essere un dono pericoloso perché nasce per definizione dalla elaborazione del passato. Non è detto che il mondo che il mentee dovrà affrontare sia simile a quello che il mentore ha già visto. Per questo la relazione deve essere una relazione di scambio e alleanza. Dove si sfrutta l'esperienza ma si fa leva anche sul coraggio giovanile di ribaltare tavoli e visioni esplorando il futuro.

Per questo anche il mentore deve aspettarsi di essere cambiato e di imparare qualcosa dal mentee se vuole avere successo: avvantaggiarsi della freschezza di uno sguardo nuovo e diverso dal proprio e della possibilità di riconoscere i limiti degli schemi che l'esperienza ha consolidato nell'interpretare un mondo che è invece fluido e in cambiamento. La mentore ha in genere vissuto più battaglie del mentee. Sa distinguere gli amici dai nemici e soprattutto sa quanto non basti solo il sapere tecnico professionale per raggiungere i propri obiettivi nella realtà complessa di una azienda. Occorre sapere influenzare gli altri costruendo le basi di potere necessarie ed utilizzando le tattiche giuste a seconda del tipo di situazione e degli interlocutori. Questo intendiamo con acume politico. E' la capacità che meno si impara a scuola e più andrebbe quindi sviluppata in una relazione come quella con il proprio mentore. Infine c'è la concretezza. La mentore dovrebbe incoraggiare il proprio pupillo ad applicare le proprie capacità in una attività specifica e con un obiettivo definito. Si impara ascoltando ma ancora di più facendo sotto la guida accorta di un maestro. In questo modo il cambiamento non è solo cognitivo o emotivo, ma è quello che dovrebbe essere sempre: cambiare se stessi, in una relazione positiva con gli altri, per cambiare in meglio il mondo intorno a noi.


Il vademecum del buon mentor

La base di una buona relazione di mentoring è la fiducia reciproca.
Non accettate di essere il mentore, se non siete sicuri di potere mantenere la promessa che fate di attenzione, presenza e consiglio

Il primo nemico di un buon mentore è il proprio ego
Dovreste riuscire a ispirare senza schiacciare, a suggerire senza inibire, a educare senza comandare. Una leggera dose di umiltà e uno spiccato sense of humor vi saranno di grande aiuto

Nel mentoring la relazione è il contenuto
Tutto passa attraverso la relazione. Per questo contano e vanno controllate anche le dinamiche di identificazione e attaccamento affettivo tra le due parti. La relazione deve essere uno spazio sicuro per entrambi. Quello che accade nella relazione non deve contraddire quello che si cerca di insegnare. Entrambe le parti devono desiderare l'incontro

Il mentore guadagna dalla relazione tanto quanto il mentee
La relazione è una relazione di scambio nella quale l'esperienza incontra la freschezza di uno sguardo nuovo sul mondo e se ne arricchisce. Per questo curiosità, apertura all'esperienza e capacità di ascolto sono fondamentali per un buon mentore

Dei tre doni di Atena/Mentore, saggezza, concretezza e acume politico, l'ultimo è particolarmente importante per il mentee
Imparare a costruirsi una mappa del potere nelle situazioni nelle quali si interviene riuscendo a capire il ruolo dei diversi attori, i loro interessi e le tattiche di influenza che meglio potrebbero funzionare nei loro confronti, è un'arte preziosa che il mentore dovrebbe riuscire a insegnare al mentee

Il mentore dovrebbe ricordare che il futuro appartiene al mentee
Aiuta il mentore immaginare questo incontro come una occasione per trasferire una eredità che è morale e spirituale prima ancora di essere fatta di competenze. Un dono di cui l'altro si serve per cambiare il mondo come anche il mentor avrebbe desiderato fare. Non è comunque responsabilità del mentore, ma del mentee, se questo non accade