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Manuale d’amore per le librerie

, di Fabio Todesco
Come funzionano, quanto guadagnano, perché vengono cacciate dai centri storici. Quella media vende oltre 46.600 libri l’anno, con un margine lordo vicino al 30%. Ma quante spese si devono sottrarre...

Gestire una libreria è un atto d'amore per la cultura, perché, a tratti, sembra di stare dalla parte sbagliata di una pistola. Il dito sul grilletto lo hanno i distributori che, spesso, riescono a tenere sotto tiro anche gli editori. Con l'eccezione dei grandissimi gruppi editoriali che però, non a caso, si sono dotati di una rete distributiva propria.

Secondo l'istantanea di mercato scattata dall'Associazione italiana editori nello Stato dell'editoria in Italia, nel 2005 si sono venduti libri e prodotti di editoria digitale per 3,62 miliardi di euro. Sottraendo il valore dei collezionabili venduti in edicola e dell'editoria elettronica (944,25 milioni), quello della scolastica (669 milioni) e delle vendite nei bookshop dei musei (21,9 milioni), il porta a porta, i club del libro e le vendite alle biblioteche (646,49 milioni), si arriva a un mercato da poco meno di 1,88 miliardi di euro. La libreria, con 1,034 miliardi di vendite, rimane il canale principale, ma la concorrenza dell'edicola (558 milioni, il 97,5% dei quali per gli allegati ai giornali) e della grande distribuzione (226,8 milioni) si fa sentire. Internet (40,1 milioni) e le altre forme di vendita (18,3 milioni) rimangono residuali.

Il peso delle catene di librerie, che possono far valere la massa per strappare ai distributori condizioni economicamente più favorevoli, è in crescita. Un quarto, se non un terzo, del fatturato delle circa 4.000 librerie italiane è appannaggio dalle 89 Feltrinelli, mentre Giunti al Punto è arrivata a contare 137 punti vendita e Mondadori si sta sviluppando velocemente, grazie al franchising.

Dietro una libreria c'è sempre, perciò, una piccola impresa che si muove in un mercato molto concorrenziale. Il margine lordo si aggira attorno al 30% del prezzo di copertina, con le eccezioni della scolastica e dell'universitaria che, garantendo flussi importanti, hanno margini più bassi. "Lo sconto di acquisto è contrattabile", spiega Eleonora Salvatore, direttrice della libreria Egea di via Bocconi, a Milano, "ma entro una gamma che va dal 25 al 35%". Se, anni fa, era abbastanza diffusa la formula del conto deposito, con il distributore che lasciava i libri in negozio e, mesi dopo, si faceva pagare solo il venduto, oggi, almeno per le piccole e le nuove librerie, questa sorta di finanziamento è venuto a mancare. È vero che vige la regola non scritta del reso ma, intanto, i pagamenti vanno effettuati. E in alcuni, rari casi di best-seller, anche il diritto di resa viene limitato.

Da 24 anni la Scuola librai Umberto e Elisabetta Mauri cerca di spiegare questa realtà economica ai giovani che si avvicinano al mestiere e a chi, avendo ereditato magari l'attività di famiglia, si trova a fare i conti con una realtà più complessa del previsto. Alberto Galla, libraio da 36 anni a Vicenza, insegna al corso "Aprire una libreria" ed è in grado di stimare la soglia minima, sotto la quale non c'è speranza di sopravvivenza economica. "Una libreria relativamente piccola, dai 100 ai 150 metri quadri, deve fatturare almeno 350.000 euro, ma per vivere tranquillamente dovrebbe arrivare a 500.000". La libreria media è una piccola industria: secondo i dati della Scuola librai, fattura 826.000 euro che, al costo medio di copertina di 17,70 euro stimato dall'Istat, equivalgono a più di 46.600 libri venduti!

Allestire una libreria, secondo le stime di Galla, costa almeno 500 euro al metro quadro se si vuole garantire una certa dignità d'immagine, ai quali è da aggiungere il costo della merce. Per raggiungere i 350.000 euro dell'ipotesi minimale e calcolando un tasso di rotazione annuo dei libri sugli scaffali pari a 3, ciò significa avere merce in casa per 115-120.000 euro. Si arriva, perciò, a un investimento iniziale di circa 200.000 euro. Per una superficie un po' più grande, capace di fatturare 500.000 euro e calcolando il tasso di rotazione medio della libreria italiana (2,3) si arriva, però, ad almeno 300.000 euro. "E infatti", commenta Galla, "un problema comune è la sottocapitalizzazione delle librerie. Poi, si deve sperare che l'affitto sia ragionevole. Se supera il 10% del fatturato si annunciano guai".

Il motivo per cui le librerie stanno abbandonando il centro storico delle maggiori città è proprio il costo degli affitti, gonfiati dalla concorrenza delle griffe di moda. "Grazie a margini enormemente superiori e al fatto di allestire flagship store, più importanti come strumento di marketing che per i profitti generati, i marchi del Made in Italy possono sopportare ben altri costi", spiega Giorgio Brunetti, docente di strategia aziendale all'Università Bocconi e tra i promotori della Scuola librai di Venezia, che conferma: "Il libraio indipendente non è certo l'anello forte della filiera dell'editoria. I distributori e i grandi editori sono quelli che registrano i risultati migliori e funzionano anche le aggregazioni e le integrazioni verticali". Così Messaggerie, il distributore librario per eccellenza, è diventato anche il terzo gruppo editoriale italiano con l'acquisizione di una molteplicità di marchi, tra cui Longanesi, Garzanti e Salani, mentre un editore come Feltrinelli è di gran lunga il primo dettagliante. Lo stesso Galla riesce a sfruttare le economie di scala acquisendo i prodotti per cinque librerie tra Vicenza e Valdagno, compresa una gestita con un socio e un'altra gestita solo da quest'ultimo. Le spese che si possono suddividere non sono sempre ovvie per chi non è del mestiere: il camioncino con cui ritirare i volumi dal distributore e riconsegnare i resi, per esempio. I costi di trasporto, se le consegne non sono gestite in proprio, possono incidere per l'1-2% del prezzo di copertina. I furti, secondo la stima di altre fonti, si aggirano in media attorno al 3-5% del venduto. Un altro 4-5% del prezzo di copertina va sottratto al margine lordo per contabilizzare gli sconti che, in qualche modo, ogni libraio deve ormai praticare. E questa percentuale può essere più alta in centri a forte concorrenza.

La disponibilità di strumenti elettronici, che consentono anche a chi ha poca esperienza di procurare i libri desiderati, ha ridotto il vantaggio tradizionale delle librerie indipendenti: la capacità di fare consulenza al cliente, dandogli una scelta più ampia di quella possibile in un supermercato. L'assortimento della grande distribuzione sta crescendo e può arrivare ai 2.500-3.000 titoli, anche se di solito è al di sotto dei 2.000, mentre una libreria come quella descritta nell'esempio di Galla, ne contiene 4.000-4.500. Solo la metà delle librerie italiane arriva a 8-10.000 titoli. Si calcola che l'assortimento sia sostanzialmente obbligato per almeno due terzi dei volumi, ma è il restante terzo a caratterizzare la libreria, a creare l'atmosfera che saprà, o meno, richiamare i clienti. E qui entrano in gioco la sensibilità e l'esperienza del libraio.