Lo Stato imprenditore
"Fuori la politica dai consigli di amministrazione" è una delle affermazioni che ricorrono con sempre maggiore frequenza nei dibattiti sul ruolo e l'evoluzione delle public utility in Italia. La liberalizzazione dei mercati, cui si è assistito negli ultimi anni, richiede con sempre maggiore insistenza alle public utility di agire alla stregua di imprese private; in questa logica, la presenza della componente politica nell'organo "principe" della governance d'impresa (il consiglio di amministrazione) sembra costituire un potenziale elemento di freno allo sviluppo delle utility.
Secondo un'indagine condotta nell'ambito dell'Osservatorio sul cambiamento delle amministrazioni pubbliche (Ocap) della Sda Bocconi su un campione di 100 imprese locali a proprietà pubblica (in uscita a giugno per Egea, Lo stato imprenditore tra politica e management. Primo rapporto sugli assetti di governo delle public utilities), i consigli di amministrazione delle public utility risultano ad oggi composti mediamente da 5,4 amministratori con un'età media di 54,3 anni, strettamente collegati al territorio di riferimento (l'88% di essi risiede nel comune in cui ha sede l'impresa) e prevalentemente di sesso maschile (il 94% degli amministratori sono uomini, contro solo il 6% costituito da donne). La componente manageriale del consiglio di amministrazione, apprezzabile in termini di presenza di amministratori con deleghe gestionali, ha un'incidenza media pari al 23%: nel 19% dei casi l'unico amministratore esecutivo è l'amministratore delegato e nel 27% dei casi esso è il presidente. In aggiunta, la figura dell'amministratore delegato è attivata solo nel 42% delle imprese e solo nel 21% di queste essa coincide con il presidente.
Il ritratto dei consigli di amministrazione che emerge dall'indagine Ocap sembra essere, quindi, quello di organi con una debole componente manageriale, che frazionano il potere decisionale e lo mantengono vicino alla politica, accorciando la catena decisionale (nel 29% delle utility il consiglio di amministrazione si riserva, infatti, tutte le prerogative di gestione ordinaria e straordinaria).
Non va, tuttavia, dimenticato che la componente politica ha di per sé una ragione di essere nei consigli di amministrazione delle utility, a rappresentanza e tutela degli interessi dei cittadini-utenti. I consigli di amministrazione delle utility hanno, infatti, bisogno di competenze diverse per bene indirizzare e controllare la condotta aziendale, competenze riconducibili tanto alla sfera manageriale, quanto a quella giuridica, istituzionale e politica.
Non dovrebbe quindi stupire il fatto che gli amministratori delle ex municipalizzate possano avere un background politico, se selezionati e nominati sulla base delle loro effettive competenze.
Anziché lasciarsi andare a troppo facili generalizzazioni e trarne rigide indicazioni, pare, quindi, più opportuno concentrare l'attenzione sulle regole e procedure di selezione e nomina degli amministratori, in modo da garantire alle utilities di poter contare su tutte, e sulle migliori, competenze disponibili, anche di natura politica: amministratori innovativi e competenti, politici o manager che siano, di questo hanno bisogno le utilities del futuro.