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L’insostenibile regolarità dei crolli finanziari

, di Stefano Gatti - associato presso il Dipartimento di finanza
Perché eventi inattesi, come il crollo del mercato immobiliare americano, possono causare panico

Da circa un anno, l'argomento che più degli altri trova spazio nei quotidiani non solo economici è la crisi generata dai mutui subprime e dalle emissioni di obbligazioni controgarantite da prestiti concessi a clientela di qualità non ottima. Le dimensioni del fenomeno e le massicce svalutazioni annunciate da parte dei maggiori intermediari finanziari americani hanno portato alcuni opinionisti a definire questa crisi come senza precedenti nell'ambito dei sistemi finanziari moderni.

In realtà, il tema delle crisi finanziarie, fenomeno poco caro agli economisti, abituati a considerare il mercato come il meccanismo perfetto in grado di auto-aggiustare anche le situazioni più problematiche con costi individuali e sociali tutto sommato accettabili, non è recente.

Di più, le crisi finanziarie sembrano presentare una certa periodicità a partire dalla metà degli anni Ottanta. Il crollo della Borsa di Londra si verifica nel 1987, i problemi delle Savings and Loans inglesi è del 1990, la crisi messicana scoppia nel 1994, le economie asiatiche di Indonesia e Thailandia crollano nel 1997, lo sgonfiamento della bolla delle dotcoms si produce nel 2000, Enron fallisce nel 2002.

Ve n'è a sufficienza per cercare di fare il punto sulle caratteristiche tipiche delle crisi finanziarie e sulla tipica sequenza di innesco che le fa esplodere in modo così evidente.

Per quanto le cause della crisi possano essere diverse, gli avvenimenti che portano a una crisi finanziaria sono piuttosto omogenei e si possono articolare in tre fasi.

La prima fase si accompagna solitamente a un periodo di eccessivo ottimismo dei mercati finanziari (quella che Allan Greenspan qualche anno fa definiva bonariamente "esuberanza irrazionale"), gli investitori dispongono di liquidità abbondante e solitamente abbassano la propria soglia di avversione per il rischio.

La seconda fase è innescata da un evento non scontato dagli investitori e quindi inaspettato. I primi segnali di un peggioramento dei mercati immobiliari americani e delle difficoltà di estinzione dei mutui da parte della clientela subprime è un buon esempio di questi eventi inattesi. A seguito di questa novità non anticipata gli investitori divengono rapidamente più cauti, aumenta la propensione a rimanere con liquidità disponibile e gli investimenti ricercano una migliore qualità creditizia e una maggiore sicurezza (il cosiddetto "flight to quality").

Se l'evento inatteso non viene rapidamente eliminato, si entra nella terza fase delle crisi finanziarie. Molti investitori cominciano, volontariamente o per vincoli gestionali e statutari, a liquidare le proprie posizioni, i prezzi delle attività finanziarie cominciano ad avvitarsi in una rapida spirale discendente e ciò autoalimenta l'ondata di vendite e la caduta dei prezzi. In questa fase si possono verificare: una crisi di liquidità (chi ne dispone preferisce mantenerla tale o è disposto a prestarla ma solo a tassi di interesse molto alti e questo ha ovviamente un contraccolpo importante anche sull'economia reale); una crisi del mercato del credito e, nei casi più gravi, un effetto domino sui mercati creditizi.

Il caso della crisi dei mutui subprime ricalca molto bene la sequenza a tre stadi. Il mercato dei titoli emessi da veicoli di securitization si è sviluppato fino a che il primo anello della catena del rischio regge (le famiglie pagano regolarmente le rate dei mutui). Lo sgonfiamento dei prezzi del mercato immobiliare americano tuttavia aumenta immediatamente il rapporto loan-to-value delle banche americane (fase 1, evento inatteso), aumenta la percezione che molti prestiti concessi si trasformeranno in insolvenze (fase 2, maggiore cautela sul mercato), si blocca la possibilità di rifinanziare le operazioni di securitization con nuove operazioni, la liquidità sul mercato diviene rara, i prezzi dei titoli crollano (fase 3, panico da crisi).