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Lezioni digitali: come l’IA sta riscrivendo la scuola e l’università
Tra i tanti quesiti che alimentano il dibattito sull’impiego dell’intelligenza artificiale (IA), alcuni tra i più affascinanti stanno emergendo nel sistema educativo. Esattamente come la digitalizzazione ha contribuito a ridefinire parte dell’offerta scolastica e accademica negli ultimi quindici anni, ChatGPT e le sue recenti derivazioni stanno ponendo nuovi importanti spunti di riflessione che incideranno in misura significativa sulla vita di scuole e università di tutto il mondo.
Anzitutto, per saper impiegare gli strumenti che ci mette a disposizione l’IA è fondamentale avere una minima conoscenza della Programmazione - quanto oggi viene comunemente chiamato Computer Science. Questa dipende a sua volta dipende da buone basi di Matematica e anche di Logica – che spesso viene richiamata con i fondamenti di Pensiero Critico. La Pedagogia ci insegna che queste discipline è bene siano insegnate sin da piccoli ed è quindi fondamentale che scuole dell’obbligo e scuole medie superiori si attrezzino in proposito per aiutare la neonata generazione Beta (i nati a partire dal 2025) ad affrontare l’IA in discesa e non in salita, come sta invece capitando per le generazioni che la hanno preceduta.
Ma sempre con riferimento alle competenze, ciò significa far fare alle università uno sforzo di integrazione della formazione di competenze di Computer Science nei propri corsi di studio, indipendentemente dalle specifiche scelte disciplinari degli studenti. Bocconi, seppur sia una università specialista nel campo delle Scienze Sociali, lo ha fatto già da alcuni anni, ed è bello vedere la tendenza di atenei nazionali e internazionali compiere sempre più questo passo sia rafforzando i dipartimenti STEM sia integrandoli in alcune porzioni della loro offerta formativa in modo innovativo.
In questo percorso legato allo sviluppo delle competenze non dobbiamo farci ingannare dall’idea che gli strumenti di IA si semplificheranno progressivamente con interfacce semplici da usare, come già ChatGPT evidenzia, in quanto la nostra capacità di governo dello strumento dipenderà dalla conoscenza del suo funzionamento e della sua progettazione, oltreché dall’impiego dei dati che produce.
Ma a prescindere dalle competenze, la sfida lanciata dall’AI verte sul metodo. Difatti la rapida diffusione di ChatGPT, Gemini, Claude, Dall-E e di tutti gli strumenti che si basano su modelli di Machine e Deep Learning permea le sfere dei due campi fondamentali dell’alta formazione: la ricerca e l’insegnamento.
I Large Language Model e la Computer Vision forniscono difatti ai ricercatori di tutto il mondo strumenti di analisi dei dati sino ad oggi impensabili. Ne sono conferma alcune scoperte straordinarie che stanno avvenendo nei campi della salute, dell’energia e della sicurezza. Ne è esempio cardine il recente premio Nobel per la Chimica assegnato per il ripiegamento proteico e reso possibile proprio attraverso i modelli sviluppati da DeepMind di Google.
A queste opportunità straordinarie si controbilanciano rischi non banali di produzione artificiale di dati e di plagi, che stanno portando i giornali scientifici a dotarsi di rigorose regole di etica e di importanti punti di controllo. Esattamente come sta avvenendo nel mondo dell’entertainment e dei media, il cui business model pure si basa sulla produzione e circolazione di informazione e conoscenza, sarà importante lavorare e consolidare le regole di ingaggio per evitare casi di contraffazione e plagi che compromettono la qualità dei servizi offerti e la conoscenza prodotta.
Ma poi c’è la didattica, su cui si fonda il revenue model di tutte le università. L’articolo provocatorio di Chris Terwiesch dell’Università della Pennsylvania dimostra che ChatGPT è in grado di superare esami anche complessi dei programmi di MBA e se ben addestrato può anche aiutare a scrivere esami in breve tempo. In sintesi, diventa un potenziale Teaching Assistant che professori di vari angoli del mondo stanno già impiegando da qualche semestre. Karim Lakhani di Harvard assieme a Marco Iansiti nel loro bel libro sull’impiego di AI per le decisioni paventano l’impiego di AI per costruire chatbot che fungano da veri e propri assistenti virtuali per gli studenti alzando ulteriormente il livello di apprendimento. Pensando a boomer come chi scrive, è divertente riflettere sul fatto che qualche lustro fa si andava a lezione per comprendere il contenuto di libri scritti in modo criptico. Al contrario, le Generazione Z e Alfa hanno avuto l’opportunità di poter studiare su libri dinamici e interattivi fatti di video e link che hanno consentito un potenziamento sostanziale dell’esperienza d’aula. Non a caso negli ultimi quindici anni la didattica si è evoluta sostanzialmente rispetto al secolo scorso, non solo proponendo forme di offerta on line e ibrida, ma soprattutto modificando l’interazione nella stessa aula che puo’ dare per scontato una parte del percorso di apprendimento.
Ma ciò che plausibilmente accadrà a breve è che la Generazione Beta avrà l’opportunità di studiare con chatbot del tipo di quelli che impieghiamo oggi per prenotare un aereo o lamentarci per una bolletta – speriamo solo siano più empatici. Questo aumenterà drammaticamente la possibilità di fornire un apprendimento più personalizzato e porterà a un ripensamento sostanziale delle ore di didattica in aula, visto che lo studente potrà apprendere in autonomia parte del bagaglio dell’esame della specifica disciplina interagendo con un assistente virtuale. Il futuro della docenza è quindi destinato a ridurre il tempo speso in aula e ad amplificare il tempo del ricevimento studenti – le cosiddette office hour – e della sperimentazione per potenziare ulteriormente il percorso di apprendimento dei futuri discenti.
In sintesi, stiamo vivendo un momento davvero affascinante che porterà a importanti cambiamenti che miglioreranno ulteriormente il sistema educativo.
La teoria dell’innovazione, ricca di tanta evidenza empirica maturata negli ultimi cento anni, ci insegna che la velocità dell’innovazione radicale è ben superiore a quella delle istituzioni, che cercano spesso di rallentarla e di plasmarla rispetto ai propri fini. Le istituzioni in oggetto, Scuola e Università, sono tanto importanti per la società, ma altresì resilienti e poco propense al cambiamento. Visto che in questo caso si parla di potenziare davvero la conoscenza e l’apprendimento, ovvero il pane di cui si nutre Sapiens per evolvere, speriamo se ne comprenda appieno la rilevanza e si cerchi di governare il suo portato senza cercare di arrestarlo inutilmente.