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L'Europa diseguale

, di Guido Alfani - ordinario presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche
Nell'eta' moderna la Piccola Divergenza' sposto' il baricentro economico dal Sud al Nord dell'Europa. Ridurre la disuguaglianza tra Nord e Sud e' stato un obiettivo prioritario del processo di integrazione europea, mentre oggi l'attenzione e' concentrata sulla riduzione del divario OvestEst. Questi sforzi hanno prodotto risultati notevoli, ma alcuni problemi rimangono insoluti

Le disuguaglianze tra regioni e macroregioni che oggi costituiscono uno dei maggiori ostacoli al processo di integrazione europea hanno sempre caratterizzato il continente. La connotazione storica della disuguaglianza spiega il suo radicamento e la sua persistenza.
Se ampliamo lo sguardo il più possibile, nello spazio e nel tempo, è facile individuare un punto di discontinuità storica fondamentale: lo spostamento del baricentro dell'economia europea da Sud a Nord. Durante l'antichità, l'espansione dell'Impero Romano aveva creato un sistema economico che includeva larga parte dell'Europa e tutto il Mediterraneo, con l'Italia al centro. Questa impostazione persistette durante il Medioevo, con il fiorire dei comuni e poi con l'emergere di città-stato capaci di dominare i commerci, la finanza e la produzione di beni di lusso. La situazione iniziò a mutare nel corso dell'Età Moderna, con il progressivo spostamento del baricentro dell'economia europea da Sud a Nord, a partire dai Paesi Bassi.
Il processo storico che portò allo spostamento verso Nord del centro dell'economia europea è noto come la "Piccola Divergenza", per distinguerlo dalla "Grande Divergenza" che riguardò invece l'ascesa dell'Europa occidentale rispetto alle grandi economie dell'Asia orientale. La Piccola Divergenza determinò l'emergere dei Paesi Bassi, e a partire dal Seicento in particolare dell'Olanda, come il cuore economico dell'Europa. L'Inghilterra avrebbe assunto tale ruolo solo con la Rivoluzione Industriale.

La Piccola Divergenza, fenomeno dalle cause complesse e piuttosto controverse, è sostanzialmente all'origine delle gerarchie economiche (e non solo) che oggi caratterizzano l'Europa. L'esistenza di un'area più sviluppata e capace d'influenzare i commerci e la produzione anche fuori dai propri confini tende a creare una distinzione tra un centro e delle periferie, con inevitabili conseguenze nei termini degli equilibri di potere e influenza politica. Questa è una delle ragioni per cui, in quella sorta di "pactum unionis" che diede origine al processo di integrazione europea, la riduzione delle disuguaglianze all'interno della CEE prima, e dell'UE poi, ha sempre costituito un obiettivo prioritario. Se, in una fase iniziale, molti sforzi furono profusi nel superare il divario Nord-Sud, nel nuovo millennio, con l'allargamento dell'Unione, l'obiettivo prioritario divenne ridurre il divario Ovest-Est, anch'esso di antica origine. D'altra parte, nel frattempo l'Europa meridionale aveva ridotto considerevolmente le distanze con il Nord. Si tratta di uno dei maggiori successi dell'integrazione europea, che ora vediamo replicato con il rapido sviluppo economico dell'Europa orientale.

Gli innegabili successi conseguiti dall'Europa nel ridurre le disuguaglianze tra i singoli Stati membri non devono nascondere i problemi che rimangono insoluti. In primo luogo, ridurre le disuguaglianze non vuol dire annullarle, e i progressi divengono tanto più difficili quanto più le posizioni si sono avvicinate. La semplice esistenza di gerarchie economiche (e politiche) è una cosa ben diversa se osservata dal centro (che ne beneficia) o dalla periferia (che le subisce). La prospettiva di perdere una situazione di relativo privilegio può facilmente generare insicurezza in intere società e riflettersi a livello nazionale in piattaforme politiche meno solidali verso gli altri Paesi.

In secondo luogo, l'Europa ha avuto molto maggior successo nel favorire la riduzione delle disuguaglianze tra Paesi, che entro ciascuno di essi. L'Italia, con il suo forte (e crescente) divario Nord-Sud, è un caso da manuale ma anche altri Paesi, ad esempio Francia o Spagna, soffrono per l'esistenza di disuguaglianze inter-regionali molto rilevanti e radicate. Fuori dall'Unione vi è il caso emblematico dell'Inghilterra, anzi, secondo molti osservatori il voto popolare in favore della Brexit è il diretto risultato della forte divergenza tra Londra e il Sud-Est da una parte, e il resto del Paese dall'altra. In Inghilterra, la forte concentrazione territoriale dei progressi economici è stata vista da molti come conseguenza dell'appartenenza all'Unione Europea. Si tratta di un ragionamento errato, anche dal punto di vista storico (la progressiva concentrazione della ricchezza inglese verso il Sud-Est del Paese ha origine almeno nel tardo Medioevo), ma potenzialmente credibile per molti elettori. Il caso dell'Inghilterra dovrebbe servirci da monito: senza un continuo contrasto alle disuguaglianze, e senza solidarietà, il processo di integrazione europea rischia di naufragare.