L'Europa deve espandersi e approfondirsi
Passo dopo passo, nel decennio immediatamente successivo alla fine della Guerra Fredda, l'Unione Europea è stata in grado di rimodellarsi in modo tale da ripristinare la pace e la stabilità nel Continente, oltre a guadagnare trazione competitiva nel nuovo equilibrio globale emergente. Ciò è avvenuto attraverso la creazione di nuove istituzioni in grado, da un lato, di gestire le maggiori economie di scala necessarie in un mercato sempre più globalizzato grazie all'approfondimento del processo di integrazione economica dal Mercato Unico alla Moneta Unica. E dall'altro, con procedure in grado di assorbire i Paesi dell'Europa centrale e orientale che si erano liberati con la dissoluzione del regime sovietico, garantendo la costruzione e il mantenimento delle istituzioni democratiche, del mercato e dello Stato di diritto, attraverso un ordinato allargamento della stessa Unione.
Questo assetto istituzionale ha permesso all'UE di attraversare una serie di crisi, in particolare la crisi finanziaria del 2008 e le sue conseguenze e successivamente la pandemia di Covid-19, con risultati contrastanti (soprattutto per quanto riguarda la crisi finanziaria), ma soprattutto mantenendo sempre lo stesso quadro politico e le condizioni generali di stabilità economica e politica nel continente.
Il nuovo disordine emerso dall'invasione russa dell'Ucraina, tuttavia, sta creando una serie di spaccature tettoniche nello stato degli affari mondiali che mettono in discussione la sostenibilità dell'attuale assetto istituzionale dell'UE.
Facendo un parallelo con la situazione che l'UE ha affrontato alla fine della Guerra Fredda, diversi elementi indicano che per affrontare la nuova situazione sarà necessaria una nuova combinazione di approfondimento e ampliamento nel processo di integrazione europea.
Per quanto riguarda l'approfondimento, l'UE deve sviluppare una capacità finanziaria comune in grado di finanziare l'enorme volume di investimenti necessari per rimanere all'avanguardia nella transizione digitale e verde, una cifra stimata in circa 500 miliardi di euro all'anno. A queste aree l'UE deve anche aggiungere investimenti per garantire la sicurezza delle forniture energetiche, nonché lo sviluppo di una politica di difesa in grado di proiettarsi oltre i confini dell'UE verso Paesi alleati geograficamente vicini, attraverso una strategia coordinata con gli Stati Uniti, ma funzionalmente autonoma da essi. Queste ultime due questioni, quella energetica e quella militare, richiedono significativi passi avanti non solo dal punto di vista finanziario, ma anche nelle procedure decisionali dei 27 Stati membri, aggirando la regola dell'unanimità.
Quando si parla di allargamento, il concetto di autonomia strategica dell'UE deve acquisire maggiore centralità. Quest'ultima implica la capacità di proiettare il potere a tutela degli interessi europei su un'area necessariamente più ampia di quella dell'UE-27, fino a comprendere tutti i Balcani e i Paesi della dorsale caucasica dall'Ucraina alla Turchia, nonché il Mediterraneo meridionale, rispetto al quale il problema dell'immigrazione deve essere gestito in modo comune. Da qui l'idea di un'ampia Confederazione di Paesi, geograficamente legati all'Europa, che possano partecipare a un'area di mercato economicamente integrata.
Diverse proposte sono già state avanzate in questa direzione e alcuni elementi istituzionali di questa possibile Confederazione esistono già oggi, in virtù della rete di accordi bilaterali di associazione che l'Unione Europea ha già con quasi tutti questi Paesi. Ognuno di questi accordi prevede un "Consiglio di associazione" tra l'UE e il Paese partner. Un primo passo verso una Confederazione europea potrebbe quindi essere la creazione di un organo consultivo che riunisca tutti i Consigli di associazione, al fine di determinare una strategia comune per lo sviluppo delle linee di integrazione economica di questa area commerciale allargata.
Senza questi ulteriori passi nel nostro processo di integrazione, sia sul fronte interno che su quello esterno, c'è il rischio concreto che per la prima volta nel dopoguerra gli Stati membri non riescano ad adattarsi a nuovi sviluppi geopolitici, come quello determinato dal conflitto ucraino. In questo contesto, l'UE-27 appare allo stesso tempo troppo piccola, perché geograficamente limitata, e troppo grande, perché politicamente eterogenea, rispetto alla capacità di soddisfare la domanda proveniente dai suoi cittadini di nuovi beni pubblici europei in termini di sicurezza energetica, militare ed economica.
Ma quando un'istituzione non riesce a rispondere in modo efficiente alle esigenze dei suoi cittadini, prima o poi viene consegnata ai libri di storia.