L'eredita' di North
Chissà se Lord Friedrich North, quando si dimise da primo ministro inglese, pensò che avrebbe condizionato l'evoluzione della forma di governo nei paesi europei per più di duecento anni. Tutto nacque nel 1782, quando il capo dell'esecutivo inglese si dimise per un voto contrario della Camera dei comuni, che gli contestava responsabilità nella gestione della guerra d'indipendenza con le ex-colonie nordamericane. Nonostante la fiducia di Giorgio III, Lord North scelse la via delle dimissioni, facendo prevalere la volontà del parlamento su quella del sovrano. Così nasceva la forma di governo parlamentare. Da allora tutti i governi inglesi, pur nominati dal re, avrebbero dovuto ottenere il supporto del parlamento, condizionando le forme di governo di molti altri paesi europei. Anche lo Statuto Albertino, che pure non specificava a chi dovessero rispondere i ministri, fu applicato da subito in chiave parlamentare, portando alle dimissioni i gabinetti privi della fiducia della Camera dei deputati.
La forma di governo parlamentare si è evoluta negli anni, mantenendo però un punto saldo: il rapporto di fiducia che lega governo e parlamento e rende il primo un'emanazione del secondo. La finalità dell'istituto è chiara: rendere il potere esecutivo dipendente dal parlamento, che ha una diretta legittimazione popolare. Il rischio, però, è quello di un'eccessiva instabilità: se a ogni voto contrario del parlamento su un provvedimento del governo si dovesse aprire una crisi, ritenendo rotta la fiducia, non si garantirebbe quella continuità di cui ogni ordinamento ha bisogno. Sono così nati strumenti di 'razionalizzazione': la nostra costituzione prevede che una mozione di sfiducia debba essere presentata almeno tre giorni prima di essere discussa, evitando così 'assalti alla diligenza'. La costituzione tedesca, invece, prevede la sfiducia costruttiva, che di fatto consente di mandare a casa un governo solo se è già presente una maggioranza in grado di sostenerne uno nuovo. Il rapporto di fiducia si deve inserire in una più ampia riflessione sull'insieme di fattori che determinano la forma di governo. Fra questi, è centrale il ruolo giocato dal presidente della repubblica (o dal re, nelle monarchie parlamentari). Negli attuali sistemi parlamentari il capo dello stato è estraneo alla determinazione dell'indirizzo politico e svolge funzioni di garanzia. Come ha mostrato la cronaca costituzionale italiana, tuttavia, nei momenti di grave crisi e di particolare debolezza del potere esecutivo, il capo dello stato assume competenze molto incisive che, seppur non qualificabili come 'politiche', contribuiscono in modo determinante al funzionamento dell'ordinamento. Questo serve a introdurre un altro elemento-chiave: lo scioglimento anticipato delle camere. Questo strumento, extrema ratio per risolvere le crisi di governo, può essere nelle mani del primo ministro, oppure del presidente della repubblica. A seconda di come si configura nella prassi, l'arma dello scioglimento può diventare uno strumento del governo per condizionare il parlamento. Se invece lo scioglimento è nelle mani del presidente della repubblica, in caso di crisi di governo si verifica la possibilità di formarne uno nuovo, sostenuto da una diversa maggioranza. Solo se falliscono tutti i tentativi si torna al giudizio degli elettori. Ultimo elemento è il sistema elettorale: se si incentiva la formazione di solidi schieramenti di governo prima delle elezioni, è verosimile che il rapporto di fiducia sia più stabile e che il suo venir meno conduca allo scioglimento anticipato. Se invece il sistema elettorale porta a formare le coalizioni dopo le elezioni, il rapporto di fiducia sarà esposto agli umori della maggioranza e potranno esserci anche più governi nella stessa legislatura.