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Persone Kristin Engvig

L’empowerment femminile si costruisce in rete

, di Diana Cavalcoli
Il desiderio di aiutare le donne ad uscire dalle gabbie culturali, costruendo reti e relazioni, ha spinto Kristin Engvig a fondare l’organizzazione Women’s International Networking

“Voglio contribuire a progettare un mondo in cui le donne abbiano libertà di scelta: dal lavoro alla famiglia.” Kristin Engvig racconta con disarmante semplicità ed entusiasmo il percorso che l’ha portata a diventare fondatrice e CEO di WIN, Women’s International Networking, l’organizzazione con sede a Losanna che promuove la leadership femminile in tutto il mondo.

Nata in Norvegia, Engvig racconta di aver sempre avuto il sogno di studiare l’italiano e a Oslo, durante l’università, ha sentito parlare per la prima volta della Bocconi. Così ha deciso di frequentare l’MBA in International Economics and Management, ha imparato l’italiano e ha iniziato a lavorare nel marketing di due diverse banche. “Lì ho capito per la prima volta la differenza tra il contenuto di un lavoro e il suo contesto. A livello di competenze, ero perfettamente in grado di svolgere il lavoro richiesto, ma a livello di contesto non mi riconoscevo nei valori: non c’era etica. Era obbligatorio rimanere fino a tardi in ufficio, bisognava farsi vedere e non avere tempo libero.” 

Nasce così in lei l’idea che qualcosa nella società contemporanea e nel mercato del lavoro non funzioni. Ma prima pensava che fosse il fattore età a condizionarla più che il genere. Nel frattempo, lavora e si impegna per costruire una rete di donne a Milano: nel 1996 si reca nell’Europa dell’Est, insegnando marketing con la Bocconi nell’ambito del programma PHARE dell’Unione Europea. Qui aggiunge un tassello alla riflessione di qualche riga fa: “Lavorando in giro per il mondo, mi sono resa conto che non tutti hanno la possibilità di scegliere, soprattutto non tutte le donne. Ho sperimentato quante donne volevano andarsene da lì, ‘prendendo di mira’, per così dire, i miei colleghi della Bocconi con il sogno di sposare un italiano e scappare. Era forse il loro modo di fuggire da una realtà senza prospettive. Lo ricordo come un momento cruciale, in cui mi resi conto del mio privilegio di avere una scelta, mi sentii toccata nel cuore dal fatto che non tutti l’avessero, e desideravo fare qualcosa al riguardo. L’esperienza mi ha scosso molto: la consapevolezza che molte donne trascorrono la loro vita in gabbie culturali a volte invisibili. Da qui il desiderio di trovare delle alternative. Come? Costruendo reti e relazioni, molteplici sorellanze, con donne di tutto il mondo per conoscere le varie realtà”. 

Nel 1997 nasce l’idea e nel 1998 si tiene la prima conferenza WIN. Per definizione: un’iniziativa internazionale di leadership femminile che ispira e facilita la trasformazione globale, organizzativa e individuale verso un paradigma femminile equilibrato. Il resto è storia. Engvig viaggia per raccontare la sua visione ed esportare la sua idea, prima in Giappone, poi in India e in Nigeria, in Kenya, in Camerun e negli Emirati Arabi, quindi negli Stati Uniti. Dice alle donne che le barriere possono essere superate, non solo rompendo i soffitti di vetro, ma piuttosto trovando nuove strade e ridefinendo il significato di essere una donna leader. “Del mio lavoro amo l’opportunità di organizzare grandi scambi di idee. Naturalmente ai nostri eventi parliamo di business, ma soprattutto di un nuovo modo di concepirlo, di stare nel nostro potere naturale, di trovare alternative al patriarcato che fa soffrire sia le donne che gli uomini. Ogni anno mi rendo conto che posso imparare da tutti coloro che partecipano agli incontri, sia dai ventenni e trentenni che dagli ottantenni.”

Una grande lezione di vita è arrivata poi dalla maternità. “Dico sempre che mio figlio mi ha salvata. Innanzitutto, perché mi ha costretta a rallentare i ritmi di lavoro e questo mi ha spinta a delegare e a strutturare meglio WIN cercando anche degli sponsor. E poi mi ha fatto aprire gli occhi sul rapporto con il mio partner.” Engvig parla di una relazione violenta da cui è riuscita a liberarsi grazie all’amore per suo figlio. “Quell’esperienza forte e negativa mi aiuta a capire meglio le donne e le loro fragilità di oggi, anche quelle di tanti grandi uomini. Anche il fatto di avere un lavoro in cui posso contribuire a rendere il mondo migliore aiuta. Si tratta di collaborare, non di competere.” Alle donne più giovani dice: “Non abbiate paura di fallire e circondatevi di persone belle nello spirito”.