Le scelte giuste per i motivi sbagliati
“Dico sempre che ho fatto tante scelte per i motivi sbagliati ma alla fine mi hanno portato a essere dove sono e non rimpiango nulla, anzi”.
Diyala D’Aveni oggi è capo della divisione Investments & Venture Building di Vento, l’italian chapter di Exor Ventures. Tra le poche donne under 35 che hanno in gestione finanziamenti milionari per le startup.
La prima scelta per motivi “sbagliati” è la città in cui studiare. Dice: “Ho scelto Milano perché Torino mi stava stretta, l’ultimo anno di liceo ho vinto un concorso che permetteva di assistere ad alcune lezioni universitarie. Ero orientata verso giurisprudenza ma quell’esperienza mi ha portato verso economia”. Diyala D’Aveni sceglie così il corso di Economia e scienze sociali in Bocconi. “Sono stati anni sfidanti, la mia famiglia non appoggiava la scelta di un’università privata. Il corso era poi quantitativo, tanta matematica e statistica. In più mi mantenevo lavorando da Eataly dove sono passata da cameriera a manager della ristorazione”.
Lavorando però D’Aveni perde l’occasione di fare l’Erasmus. Così per la specialistica sceglie la doppia laurea in Public Policy tra Milano e Berlino. “Per andare a Berlino mi sono licenziata, ho preso tutti i miei risparmi e ho fatto le valigie per la Germania. Sono stata a Berlino un anno, un’esperienza bellissima ma volevo tornare in Italia e paradossalmente proprio a Torino”. D’Aveni chiude così il cerchio con un MBA tra Torino, Parigi, Monaco e Ginevra nel 2015. Fa esperienza in Fca, oggi Stellantis, e in Exor nel 2017. “Mi sono offerta di fare degli esperimenti nell’ecosistema dell’imprenditorialità in Italia, dai corsi di formazione agli eventi”, aggiunge. Contribuisce così al lancio dell’Italian Tech Week, tra i più grandi eventi tech nel nostro paese, e alla nascita di Vento, il ramo italiano di Exor Ventures di cui oggi è a capo e amministratrice delegata.
“Seguo gli investimenti sulle startup early stage. L’Italia come mercato è cinque anni indietro rispetto alla Spagna o alla Francia ma c’è potenziale. Abbiamo l’obiettivo di 100 investimenti all’anno, siamo lontani ma stiamo lavorando per colmare il gap”. Con questo scopo è nato il programma di venture building in cui vengono selezionati futuri imprenditori prima che abbiano un’idea strutturata o un team. “Offriamo alle persone cinque mesi pagati per venire a Torino e trovare altre persone con cui sviluppare startup e fare squadra”, aggiunge. L’idea è dimostrare che anche in Italia la carriera dello o della startupper è possibile.
Per D’Aveni però anche la cultura dietro all’universo delle startup può fare passi in avanti, specie sull’inclusione delle donne. “Quello degli investimenti tech è un mondo in prevalenza maschile. Mi è capitato di non essere presa sul serio sia in quanto donna sia per via dell’età essendo io del ‘92. A volte venivo scambiata per la segretaria dell’AD o è capitato che via mail qualcuno contattasse il mio capo a Tel Aviv invece che me”.
Gli ostacoli però si superano e si può essere parte del cambiamento. “Cerco di dare il buon esempio, nel mio team tratto tutti alla pari. Do tanta responsabilità da subito e per questo offriamo contratti competitivi. Mai fermarsi ai soli parametri dell’età o dell’esperienza”. L’approccio è guardare al merito e al ruolo.
“Ai giovani suggerisco di sperimentare il più possibile, esporsi a situazioni anche lontane dal proprio vissuto, andare fuori dalla bolla nella consapevolezza che si può imparare da ogni esperienza”.
Da Eataly agli investimenti nelle aziende di domani.