Le molte carriere di Chiara
Forse abbiamo perso un grande medico, perché quella della medicina era la strada segnata, e sognata, di Chiara Burberi, come da tradizione familiare. Poi è accaduto l’imponderabile, e cioè, racconta, “un piccolo intervento chirurgico durante il quale sono svenuta. E allora mio padre, molto realisticamente, mi ha detto: ‘Chiara, questa non è la tua strada, ma sei brava, farai la Bocconi’. Io in realtà avrei preferito architettura, per dare spazio al mio naturale interesse per l’arte, che poi nel corso degli anni ho alimentato in altri modi, ma alla fine vinse lui e venni in Bocconi, attratta dall’idea di diventare velocemente indipendente”. In Bocconi, Chiara Burberi si trovò subito benissimo: “Mi sembrava di trovarmi in un liceo di gran lusso, tutto organizzato, programmato, semplificato, bastava seguire il ritmo. Tutto era nuovo per me, bastava essere curiosi”. In Bocconi Chiara Burberi frequenta Economia aziendale e, dopo la laurea, prosegue con il dottorato di ricerca. Poi, siamo a inizio anni ’90, comincia la ricerca del primo vero lavoro. Non facile. Già a quei tempi. “Avevo voglia di imparare, di conoscere la realtà delle aziende. Tra l’investment banking e la consulenza, ho scelto la consulenza e il posto migliore per questo era McKinsey. E’ stata una scuola incredibile, la mia vera scuola, ricca di persone davvero brillanti, dove si impara a utilizzare i numeri, ad essere concreti ed efficaci e dove puoi misurare l’impatto del tuo lavoro per il cliente. Un posto, tra l’altro”, continua Burberi, “dove la formazione continua del personale è una vera priorità. E dove, periodicamente, si veniva valutati e confrontati: i migliori crescevano, gli altri dovevano lasciare”. Un meccanismo perfetto, non facilmente replicabile. E dove Chiara Burberi è rimasta per sette anni. “Consigliare e basta non era più sufficiente per me. Mi piace immaginare il futuro, ma poi anche realizzarlo. E così, quando è arrivata l’offerta di Unicredit, l’ho accettata con entusiasmo”.
Un incarico allettante, ancorché faticoso perché significava molte trasferte e molti voli: “Ero la responsabile retail delle banche estere, sei voli aerei in media a settimana, nei paesi dell’Est Europa, dalla Polonia alla Turchia. L’obiettivo era esportare il modello di servizio e l'offerta prodotti Unicredit, ovviamente adattandoli a quelle realtà uniche. Erano mercati ad altissima crescita. Ogni volta che tornavo in un paese, in una città, trovavo grandi cambiamenti. Ogni viaggio riservava delle sorprese”. In Unicredit Chiara Burberi rimane circa dieci anni, in ruoli diversi, dal Retail delle banche estere all’Organizzazione e infine alla Compliance, in momenti chiave per lo sviluppo del Gruppo.
Poi sono seguite una serie di altre esperienze, sempre guidata dalla voglia di imparare: di nuovo consulenza, formazione manageriale e ruoli da consigliere indipendente in società quotate e regolamentate, sempre in settori diversi, fino ad arrivare ad una esperienza imprenditoriale. Redooc era “una innovativa piattaforma edutech focalizzata sulle materie STEM. La scuola infatti non si adatta alle singole individualità, sono gli studenti che devono adattarsi ai docenti, al loro stile, che può essere anche un bell'esercizio se non hai problemi, se sei flessibile, se invece hai qualche difficoltà, ovvero talenti non evidenti, la scuola può diventare non un ascensore sociale, ma una mezza prigione, tanto che in Italia abbiamo un altissimo numero di ragazzi e ragazze che abbandonano la scuola. Questo è stata la spinta che mi ha portata a fondare Redooc: convincere gli studenti che nessuno nasce negato per la matematica. Il mio give back per le nuove generazioni, in particolare per le ragazze.”. Redooc ha acquisito molta notorietà, ma poi di fatto non è cresciuta come Chiara si sarebbe aspettata. Una grande delusione perché l’esperienza da imprenditrice è ancora più coinvolgente, ci si mette in gioco totalmente. “Abbiamo liquidato la società nel 2022, non dico che sia stato come perdere un figlio, però…”.
Adesso Chiara Burberi è la Direttrice generale del Gruppo Editoriale Mulino – Carocci, un incarico che mette insieme tutte le esperienze manageriali pregresse dal business alla governance. Il Gruppo editoriale è legato anch’esso al settore dell’educazione, seppure in ambito universitario. “Sono due mercati molto diversi. Il Mulino, da sempre, tratta un ampio ventaglio di materie universitarie, dalla sociologia alla storia, alla critica letteraria, ma non le materie STEM come matematica, fisica, chimica…”. Il settore editoriale è tradizionalmente tra quelli a più alta presenza femminile. E’ così anche nel Mulino? “Certamente. E se ai livelli di top management la presenza femminile è circa il 50%, nei ruoli impiegatizi le donne superano di gran lunga gli uomini. Un’altra caratteristica del settore editoriale è che la maggior parte di chi ci lavora svolge la propria carriera quasi interamente nella stessa casa editrice. Un bel valore, ma anche un potenziale limite perché questo rischia di frenare l’innovazione. Il mercato editoriale è estremamente complesso, ma ha un potenziale enorme, che può emergere importando e adattando le best practice da altri settori. Un bellissimo percorso di apprendimento per tutti”.