Le attitudini: una scelta più consapevole e di valore
Intervista a Cristina Nespoli, training e development manager – Philips Italia
e a Simona Manetti, responsabile Placement corsi master - Servizio Stage, Orientamento professionale e Placement della Bocconi
Che cosa l'ha spinta a partecipare al Progetto POL e in che modo quest'esperienza ha influito nel suo approccio all'interno dei processi aziendali di selezione delle risorse umane?
Nespoli Talvolta nei processi di selezione si lavora più per competenze e aspettative, tenendo meno in considerazione le attitudini. Quando cinque anni fa ho aderito a questo progetto - al tempo facevo parte ancora del Gruppo Zurigo, dove mi occupavo prevalentemente di selezione e sviluppo di risorse "di potenziale" - ero interessata più ad appropriarmi di uno strumento nuovo che mi indirizzasse verso un modello focalizzato su elementi, quali le attitudini, così difficili da poter strutturare, ma così importanti per comprendere appieno le potenzialità del singolo. Partecipare al progetto POL è stata per me un'esperienza molto costruttiva, che si è rivelata utile anche oggi che lavoro in Philips, dove il mio ruolo mi porta a concentrarmi maggiormente sullo sviluppo delle risorse umane. Ritengo, infatti, che la motivazione ad una crescita professionale non può prescindere dalla consapevolezza non solo delle proprie capacità, ma anche delle proprie attitudini. Altro stimolo che mi ha spinto in questa direzione è l'idea di far parte di un gruppo di professionisti, con cui continuare a scambiare impressioni e consigli. Il POL è, infatti, un'occasione di aderire volontariamente, ma in modo professionale, a un progetto impegnativo e al tempo stesso stimolante a totale beneficio di ragazzi laureandi o neo-laureati.
Manetti Ho partecipato al progetto POL nel 1998, quando ero ancora in Heineken. La reputavo un'opportunità diversa, al tempo addirittura innovativa rispetto ai tradizionali strumenti di selezione del personale in uso. Mancavano, infatti, ancora modelli strutturati e indirizzati più propriamente ai ragazzi, quali strumenti per far loro capire cosa fare di sé come persone. Finché sono rimasta in azienda, fare parte del progetto è stata è per me più che altro un'esperienza di sollecitazione culturale, di apertura mentale, uno stimolo all'approfondimento. Oggi, dall'interno, la reputo più come una tappa indispensabile per la mia professione, in quanto mi ha offerto un modello per leggere le attitudini personali in base a un obiettivo. L'elemento che rende unico questo progetto, dal punto di vista degli orientatori, è la relazione che si instaura tra di noi, la condivisione di un modello comune. L'idea di stare in un contesto istituzionale in modo informale è un'occasione non comune. Inoltre, scegliere di ritrovarsi una volta al mese per continuare ad assistere laureandi e neolaureati che si accingono a fare il loro ingresso nel mondo del lavoro è un modo per tenerci aggiornati e in continuo ascolto.
Talvolta nei processi di selezione si lavora più per competenze e aspettative, tenendo meno in considerazione le attitudini. Quando cinque anni fa ho aderito a questo progetto - al tempo facevo parte ancora del Gruppo Zurigo, dove mi occupavo prevalentemente di selezione e sviluppo di risorse "di potenziale" - ero interessata più ad appropriarmi di uno strumento nuovo che mi indirizzasse verso un modello focalizzato su elementi, quali le attitudini, così difficili da poter strutturare, ma così importanti per comprendere appieno le potenzialità del singolo. Partecipare al progetto POL è stata per me un'esperienza molto costruttiva, che si è rivelata utile anche oggi che lavoro in Philips, dove il mio ruolo mi porta a concentrarmi maggiormente sullo sviluppo delle risorse umane. Ritengo, infatti, che la motivazione ad una crescita professionale non può prescindere dalla consapevolezza non solo delle proprie capacità, ma anche delle proprie attitudini. Altro stimolo che mi ha spinto in questa direzione è l'idea di far parte di un gruppo di professionisti, con cui continuare a scambiare impressioni e consigli. Il POL è, infatti, un'occasione di aderire volontariamente, ma in modo professionale, a un progetto impegnativo e al tempo stesso stimolante a totale beneficio di ragazzi laureandi o neo-laureati. Ho partecipato al progetto POL nel 1998, quando ero ancora in Heineken. La reputavo un'opportunità diversa, al tempo addirittura innovativa rispetto ai tradizionali strumenti di selezione del personale in uso. Mancavano, infatti, ancora modelli strutturati e indirizzati più propriamente ai ragazzi, quali strumenti per far loro capire cosa fare di sé come persone. Finché sono rimasta in azienda, fare parte del progetto è stata è per me più che altro un'esperienza di sollecitazione culturale, di apertura mentale, uno stimolo all'approfondimento. Oggi, dall'interno, la reputo più come una tappa indispensabile per la mia professione, in quanto mi ha offerto un modello per leggere le attitudini personali in base a un obiettivo. L'elemento che rende unico questo progetto, dal punto di vista degli orientatori, è la relazione che si instaura tra di noi, la condivisione di un modello comune. L'idea di stare in un contesto istituzionale in modo informale è un'occasione non comune. Inoltre, scegliere di ritrovarsi una volta al mese per continuare ad assistere laureandi e neolaureati che si accingono a fare il loro ingresso nel mondo del lavoro è un modo per tenerci aggiornati e in continuo ascolto.
Qual è il ruolo dell'orientatore POL? Come si pone nei confronti dello studente neo-laureato o laureando al quale fa il colloquio?
Nespoli La funzione dell'orientatore POL non è quella di counsellor né quella di psicologo, ma più correttamente quella di facilitatore. È una persona con una formazione specifica che, dopo averlo ascoltato e raccolto con attenzione una serie di informazioni utili a fare emergere le sue attitudini, le condivide e le consegna al ragazzo secondo un modello di autolettura e un feedback non valutativo, ma costruito insieme in un confronto continuo.
L'orientatore, che ha nel suo background esperienze tipicamente aziendali, nel mettere la sua professionalità al servizio dell'orientato deve quindi operare una netta distinzione tra il suo ruolo di orientatore POL, e la sua veste aziendale caratterizzata da tecniche e strumenti valutativi/selettivi che hanno altre finalità. Nello svolgimento della mia professione, questo percorso aggiuntivo mi ha offerto anche gli strumenti e l'opportunità di valutare il reinserimento del dipendente in altre funzioni interne aziendali.
Manetti Il ruolo non è quello del selezionatore classico, ma più propriamente quello di un ascoltatore attento. Il ragazzo che sceglie di fare un colloquio di questo tipo non viene per essere selezionato e poi inserito in azienda, bensì per avere una maggiore consapevolezza di sé riguardo alle scelte professionali che interesseranno il suo futuro. L'orientatore del POL deve essere, quindi, in grado di ascoltare, leggere correttamente quanto ascoltato e restituirlo al ragazzo secondo un modello di riferimento ben preciso. Potremmo quasi affermare che fa da specchio, gli dà un ordine di lettura di sé e una logica per seguirlo.
La funzione dell'orientatore POL non è quella di counsellor né quella di psicologo, ma più correttamente quella di facilitatore. È una persona con una formazione specifica che, dopo averlo ascoltato e raccolto con attenzione una serie di informazioni utili a fare emergere le sue attitudini, le condivide e le consegna al ragazzo secondo un modello di autolettura e un feedback non valutativo, ma costruito insieme in un confronto continuo. L'orientatore, che ha nel suo background esperienze tipicamente aziendali, nel mettere la sua professionalità al servizio dell'orientato deve quindi operare una netta distinzione tra il suo ruolo di orientatore POL, e la sua veste aziendale caratterizzata da tecniche e strumenti valutativi/selettivi che hanno altre finalità. Nello svolgimento della mia professione, questo percorso aggiuntivo mi ha offerto anche gli strumenti e l'opportunità di valutare il reinserimento del dipendente in altre funzioni interne aziendali.Il ruolo non è quello del selezionatore classico, ma più propriamente quello di un ascoltatore attento. Il ragazzo che sceglie di fare un colloquio di questo tipo non viene per essere selezionato e poi inserito in azienda, bensì per avere una maggiore consapevolezza di sé riguardo alle scelte professionali che interesseranno il suo futuro. L'orientatore del POL deve essere, quindi, in grado di ascoltare, leggere correttamente quanto ascoltato e restituirlo al ragazzo secondo un modello di riferimento ben preciso. Potremmo quasi affermare che fa da specchio, gli dà un ordine di lettura di sé e una logica per seguirlo.
Come si svolgono i colloqui individuali? Qual è il valore aggiunto che può dare l'esperienza POL ai laureati nella successiva scelta professionale?
Nespoli Il colloquio è diviso in due fasi tra loro assolutamente imprescindibili. Nell'incontro di gruppo osserviamo principalmente il processo decisionale che gli orientati mettono in atto insieme, una presa di decisione che dovrebbe stimolarli a mettersi in gioco nel lavorare in team. Questo offre a noi orientatori una prima chiave di lettura, poi chiarificata nel colloquio individuale, che ci permette di comprendere se il ragazzo ha maggiore attitudine all'ascolto, all'elaborazione o alla decisione. In seguito nel colloquio individuale, attraverso uno scambio informale si toccano una serie di altri quadranti proposti dal modello, che approfondiscono attitudini quali la relazione sociale, la forza, l'attitudine sistemica o analitica e l'espressività emotiva.
Il punto di forza del Progetto POL credo sia la grande opportunità che offre ai ragazzi di avere a disposizione professionisti che li supportino nel cercare un indirizzo, una traccia in continua evoluzione, che dia loro modo di capire con più chiarezza che le scelte professionali vanno fatte tenendo conto non solo dello sviluppo delle proprie competenze, ma anche delle attitudini personali e dalla capacità di alimentarle in un ruolo lavorativo che sappia valorizzarle.
Manetti Il colloquio è composto da un lavoro di gruppo, all'interno del quale i ragazzi si trovano impegnati in un compito che richiede loro di pervenire a una presa di decisione condivisa, e da un successivo colloquio individuale, nel quale attraverso una serie di domande che stimolano il ragazzo a parlare di sé noi orientatori possiamo conoscere meglio le caratteristiche del singolo. Si tratta di un modello non meccanico, diverso da altri utilizzati, che sono spesso troppo rigidi e basati su questionari prestabiliti, dai quali non traspare mai la persona nel suo complesso.
È un modello che porta l'orientato a fermarsi a riflettere su com'è e, di conseguenza, su quali scelte fare per il proprio futuro professionale. Il valore aggiunto di quest'esperienza è che gli orientatori si pongono come figure autorevoli, che portano un contenuto ai ragazzi, una chiave di lettura, ma assolutamente non un giudizio personale su di loro. I partecipanti, messi completamente a loro agio, comprendono che non siamo lì per giudicarli, bensì per insegnare loro ad autorientarsi. Durante la fase finale del colloquio individuale, la modalità di restituzione è, infatti, quella di un confronto continuo: non si vuole convincere il ragazzo di quello che è, non lo si manda via con una "pagellina" di sé fatta e finita, ma si scambiano idee e opinioni e si può anche tornare indietro a discutere.
Il colloquio è diviso in due fasi tra loro assolutamente imprescindibili. Nell'incontro di gruppo osserviamo principalmente il processo decisionale che gli orientati mettono in atto insieme, una presa di decisione che dovrebbe stimolarli a mettersi in gioco nel lavorare in team. Questo offre a noi orientatori una prima chiave di lettura, poi chiarificata nel colloquio individuale, che ci permette di comprendere se il ragazzo ha maggiore attitudine all'ascolto, all'elaborazione o alla decisione. In seguito nel colloquio individuale, attraverso uno scambio informale si toccano una serie di altri quadranti proposti dal modello, che approfondiscono attitudini quali la relazione sociale, la forza, l'attitudine sistemica o analitica e l'espressività emotiva.Il punto di forza del Progetto POL credo sia la grande opportunità che offre ai ragazzi di avere a disposizione professionisti che li supportino nel cercare un indirizzo, una traccia in continua evoluzione, che dia loro modo di capire con più chiarezza che le scelte professionali vanno fatte tenendo conto non solo dello sviluppo delle proprie competenze, ma anche delle attitudini personali e dalla capacità di alimentarle in un ruolo lavorativo che sappia valorizzarle. Il colloquio è composto da un lavoro di gruppo, all'interno del quale i ragazzi si trovano impegnati in un compito che richiede loro di pervenire a una presa di decisione condivisa, e da un successivo colloquio individuale, nel quale attraverso una serie di domande che stimolano il ragazzo a parlare di sé noi orientatori possiamo conoscere meglio le caratteristiche del singolo. Si tratta di un modello non meccanico, diverso da altri utilizzati, che sono spesso troppo rigidi e basati su questionari prestabiliti, dai quali non traspare mai la persona nel suo complesso. È un modello che porta l'orientato a fermarsi a riflettere su com'è e, di conseguenza, su quali scelte fare per il proprio futuro professionale. Il valore aggiunto di quest'esperienza è che gli orientatori si pongono come figure autorevoli, che portano un contenuto ai ragazzi, una chiave di lettura, ma assolutamente non un giudizio personale su di loro. I partecipanti, messi completamente a loro agio, comprendono che non siamo lì per giudicarli, bensì per insegnare loro ad autorientarsi. Durante la fase finale del colloquio individuale, la modalità di restituzione è, infatti, quella di un confronto continuo: non si vuole convincere il ragazzo di quello che è, non lo si manda via con una "pagellina" di sé fatta e finita, ma si scambiano idee e opinioni e si può anche tornare indietro a discutere.
Testimonianza di Vincenzo Capuano, laureato CLEFIN, partecipante al POL
e di Stefania Stelliferi, neolaureata CLEP, partecipante al POL
Perché hai deciso di partecipare al POL e cosa ti ha colpito maggiormente di quest'esperienza?
Capuano Avvicinandomi alla laurea sentivo l'esigenza di avere un indirizzo più preciso e consigli utili su quello che sarebbe stato il mio futuro professionale e, in particolare, su come avrei potuto spendere le mie attitudini nel mondo del lavoro. Ero certo che l'interazione e il confronto con persone esperte mi avrebbero aiutato più di anonime informazioni riportate nei vari libri di orientamento. La scelta di partecipare al POL è nata, quindi, in parte da una curiosità sollecitata leggendo gli opuscoli orientativi riguardanti il progetto, ma soprattutto, dalla possibilità di ricevere un riscontro dall'esterno delle mie reali attitudini.La prima parte del POL, ossia quella relativa al caso di gruppo, mi ha fatto capire quanto sia importante saper lavorare e collaborare con altre persone. Ascoltare gli altri e poi esprimere la propria opinione non è un processo così semplice e automatico. Troppo spesso si tende a voler dire ciò che si pensa, senza ascoltare e concedere ad altri lo spazio necessario per esprimersi. I miei tratti attitudinali sono poi emersi, con maggiore nettezza durante il colloquio individuale. Questa seconda parte dell'incontro è stata per me la più interessante e costruttiva, l'ho apprezzata particolarmente perché tutte le opinioni sono state discusse con me, confrontate e rivalutate.
Stelliferi L'idea di partecipare al POL è nata dalla necessità di compredere meglio quali potessero essere le mie attitudini da spendere nel contesto professionale. Il confronto con un team di consulenti e orientatori esperti mi è parso un buon punto di partenza per iniziare a orientarmi nella ricerca di una professione. L'elemento che mi ha favorevolmente impressionato è stata la completezza dell'esperienza e l'approfondimento dell'analisi, quest'ultima completata durante il colloquio individuale.
Capuano Avvicinandomi alla laurea sentivo l'esigenza di avere un indirizzo più preciso e consigli utili su quello che sarebbe stato il mio futuro professionale e, in particolare, su come avrei potuto spendere le mie attitudini nel mondo del lavoro. Ero certo che l'interazione e il confronto con persone esperte mi avrebbero aiutato più di anonime informazioni riportate nei vari libri di orientamento. La scelta di partecipare al POL è nata, quindi, in parte da una curiosità sollecitata leggendo gli opuscoli orientativi riguardanti il progetto, ma soprattutto, dalla possibilità di ricevere un riscontro dall'esterno delle mie reali attitudini.La prima parte del POL, ossia quella relativa al caso di gruppo, mi ha fatto capire quanto sia importante saper lavorare e collaborare con altre persone. Ascoltare gli altri e poi esprimere la propria opinione non è un processo così semplice e automatico. Troppo spesso si tende a voler dire ciò che si pensa, senza ascoltare e concedere ad altri lo spazio necessario per esprimersi. I miei tratti attitudinali sono poi emersi, con maggiore nettezza durante il colloquio individuale. Questa seconda parte dell'incontro è stata per me la più interessante e costruttiva, l'ho apprezzata particolarmente perché tutte le opinioni sono state discusse con me, confrontate e rivalutate.L'idea di partecipare al POL è nata dalla necessità di compredere meglio quali potessero essere le mie attitudini da spendere nel contesto professionale. Il confronto con un team di consulenti e orientatori esperti mi è parso un buon punto di partenza per iniziare a orientarmi nella ricerca di una professione. L'elemento che mi ha favorevolmente impressionato è stata la completezza dell'esperienza e l'approfondimento dell'analisi, quest'ultima completata durante il colloquio individuale.
Quale è il valore aggiunto che ritieni ti abbia dato? In quale misura la tua partecipazione al POL ha contribuito ad aumentare la consapevolezza delle tue attitudini?
Capuano A questo proposito il POL mi ha dato conferme e molti punti di riflessione. Per me, come credo per molti altri partecipanti, quest'esperienza è stata la prima vera occasione di confronto e interazione con persone esperte, professionisti e orientatori, che hanno "valutato", avvalendosi della loro esperienza professionale, le mie attitudini e il mio comportamento in situazioni individuali e collettive. Interagire e non semplicemente accogliere una rigida valutazione, credo sia il termine più corretto per spiegare ciò che accade durante il colloquio. Il risultato del POL è una fotografia molto reale di come mi comporto quando mi trovo davanti a un problema, di come lo classifico e lo analizzo, di come gestisco la mia emotività e di come interagisco in un gruppo. Le "conclusioni" avute dagli orientatori si sono rivelate per me sia una conferma di alcune attitudini di cui già avevo consapevolezza sia uno strumento che mi ha permesso di riflettere sulle modalità con le quali affronto una problematica e vivo le relazioni interpersonali.
Stelliferi Il colloquio individuale non è stato unicamente concentrato sulle attitudini professionali, ma si è presentato come un confronto di più ampio respiro. Mi ha permesso di analizzare insieme agli orientatori il mio atteggiamento in riferimento anche a vari aspetti, problematiche e situazioni di vita e avere, in tal modo, una visione chiara di quello che potrebbe essere il mio approccio ad una futura professione. La partecipazione all'iniziativa, nel suo complesso, mi ha permesso di individuare quali sono i miei punti di forza e come servirmene in un momento complesso, quale è il passaggio dall'università al mondo del lavoro, durante il quale i cambiamenti possono amplificare dubbi e incertezze.
Capuano A questo proposito il POL mi ha dato conferme e molti punti di riflessione. Per me, come credo per molti altri partecipanti, quest'esperienza è stata la prima vera occasione di confronto e interazione con persone esperte, professionisti e orientatori, che hanno "valutato", avvalendosi della loro esperienza professionale, le mie attitudini e il mio comportamento in situazioni individuali e collettive. Interagire e non semplicemente accogliere una rigida valutazione, credo sia il termine più corretto per spiegare ciò che accade durante il colloquio. Il risultato del POL è una fotografia molto reale di come mi comporto quando mi trovo davanti a un problema, di come lo classifico e lo analizzo, di come gestisco la mia emotività e di come interagisco in un gruppo. Le "conclusioni" avute dagli orientatori si sono rivelate per me sia una conferma di alcune attitudini di cui già avevo consapevolezza sia uno strumento che mi ha permesso di riflettere sulle modalità con le quali affronto una problematica e vivo le relazioni interpersonali. Il colloquio individuale non è stato unicamente concentrato sulle attitudini professionali, ma si è presentato come un confronto di più ampio respiro. Mi ha permesso di analizzare insieme agli orientatori il mio atteggiamento in riferimento anche a vari aspetti, problematiche e situazioni di vita e avere, in tal modo, una visione chiara di quello che potrebbe essere il mio approccio ad una futura professione. La partecipazione all'iniziativa, nel suo complesso, mi ha permesso di individuare quali sono i miei punti di forza e come servirmene in un momento complesso, quale è il passaggio dall'università al mondo del lavoro, durante il quale i cambiamenti possono amplificare dubbi e incertezze.
Quale utilità credi abbia avuto rispetto alla scelta della tua attuale esperienza di lavoro, e quale nei confronti dei futuri obiettivi professionali?
Capuano Posso dire con certezza che l'esperienza del POL rappresenta uno degli elementi importanti su cui investire prima di fare qualunque scelta professionale. La reale utilità nei confronti degli obiettivi professionali può essere valutata, ad ogni modo, meglio nel medio e lungo periodo, poiché troppo spesso nel breve si è costretti a fare i conti con un'offerta di mercato che può talvolta spingerti a intraprendere attività lavorative diverse da quelle pianificate e meno consone ai propri tratti attitudinali.
Stelliferi Non so se avrà un'utilità immediata e diretta per il mio futuro professionale, io l'ho vissuta più come un'esperienza positiva e utile, un primo passo in un percorso che poi mi porterà a scegliere una professione vicina alle mie attitudini e non solo alle mie competenze specifiche. La partecipazione al colloquio di gruppo mi è sembrata, inoltre, una valida possibilità per mettermi alla prova per la prima volta in un tipo di modalità che spesso è utilizzata dalle aziende o dalle varie organizzazioni all'interno dei processi di selezione del personale.
Posso dire con certezza che l'esperienza del POL rappresenta uno degli elementi importanti su cui investire prima di fare qualunque scelta professionale. La reale utilità nei confronti degli obiettivi professionali può essere valutata, ad ogni modo, meglio nel medio e lungo periodo, poiché troppo spesso nel breve si è costretti a fare i conti con un'offerta di mercato che può talvolta spingerti a intraprendere attività lavorative diverse da quelle pianificate e meno consone ai propri tratti attitudinali. Non so se avrà un'utilità immediata e diretta per il mio futuro professionale, io l'ho vissuta più come un'esperienza positiva e utile, un primo passo in un percorso che poi mi porterà a scegliere una professione vicina alle mie attitudini e non solo alle mie competenze specifiche. La partecipazione al colloquio di gruppo mi è sembrata, inoltre, una valida possibilità per mettermi alla prova per la prima volta in un tipo di modalità che spesso è utilizzata dalle aziende o dalle varie organizzazioni all'interno dei processi di selezione del personale.