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Persone Noemi Dalmonte

La passione per la cooperazione e i diritti umani

, di Diana Cavalcoli
Ad un incontro di orientamento le venne detto che c’era poco spazio per le donne nella diplomazia ma Noemi Dalmonte non si è arresa e dopo esperienze all’ONU e in ONG oggi è Deputy Representative all’UNFPA in Camerun

“I miei genitori avevano un ristorante a Imola, giovanissima lavoravo come collaboratrice familiare. Ho sempre avuto un’attitudine da: ‘Mi devo arrangiare’, un approccio che mi ha aiutata in tutta la mia carriera.” Noemi Dalmonte è Deputy Representative all’UNFPA in Camerun, l’agenzia dell’ONU specializzata in diritti sessuali e riproduttivi. La sua è una storia di opportunità rincorse e tanta passione per i diritti umani. 

Racconta: “Mio nonno era autista della Croce Rossa e da lui ho ereditato i valori della solidarietà e del volontariato. Da adolescente ero iperattiva: ero nel giornalino del liceo, sognavo di fare la giornalista di guerra sulle orme di Oriana Fallaci, giocavo a basket, sono stata rappresentante d’istituto e in Consulta studentesca regionale”. I genitori non sono però convintissimi della scelta universitaria, Culture e diritti umani, una classe di Relazioni internazionali a Bologna. 

Dalmonte si laurea nel 2004 e decide di spostarsi a Padova per la specialistica in Istituzioni e politiche dei diritti umani e della pace, dove si appassiona definitivamente al multilateralismo. “Quando ancora ero a Bologna avevo seguito un incontro di orientamento al lavoro in cui diversi professionisti del mondo diplomatico si presentarono. Erano tutti uomini. Il diplomatico italiano ci disse candidamente che di spazio per le donne in diplomazia ce ne era molto poco, mentre un ragazzo giovane, ai primi passi all’ONU, ci invitò a leggere La mia guerra all’indifferenza di Jean-Sélim Kanaan, collaboratore dell’Alto Commissario per i Diritti Umani morto nell’attentato alle Nazioni Unite del 2003 in Iraq.” Quel libro le cambia la vita: “Volevo diventare Kanaan” dice. Così ottiene una borsa di studio, vola a Ginevra, e verso la fine della specialistica cerca di entrare nell’orbita ONU. “Anche lì mi arrangio, trovo lavoro in un bar e faccio application, però non vengo mai presa. Facendo amicizia con gli stagisti ONU che frequentano il locale dove faccio la cameriera capisco perché: sono tutti cresciuti in giro per il mondo, in mezzo alla diplomazia, e parlano quattro o cinque lingue. Non c’era competizione, ma non demordo.” Così Dalmonte ottiene il numero della segreteria che gestisce le selezioni. “Il mio curriculum era nel database, approvato e con un ottimo punteggio. Non appena scopro di un posto vacante chiamo quella segretaria che prende giusto nota del mio nome. Io ignara, la segretaria mi trova con facilità nel database e mi propone immediatamente in più posti dove si erano create vacancy. A sorpresa vengo presa.” 

E non in un posto qualsiasi: all’Alto Commissariato e, destino vuole, con la vedova di Kanaan come superiore.

Dalmonte si butta poi nel mondo della cooperazione, è in Messico, in Ruanda, Repubblica Democratica del Congo con alcune ONG tra cui i Beati costruttori di pace di don Albino Bizzotto. Poi il ritorno alle Nazioni Unite, prima alla missione di pace in Costa d’Avorio, poi con la chiamata dell’UNFPA con cui lavora dall’8 marzo 2011 e con cui ha servito in cinque paesi dell’Africa Sub-Sahariana, e poi all’ufficio regionale per l’Africa Centrale e dell’Ovest di Dakar che ne copre ventitré. La scelta di studiare ancora con un Executive Master in Management of International Organizations in SDA Bocconi nel 2020 non viene per caso ma per consolidare competenze e conoscenze dopo aver lavorato in crisi umanitarie complesse. “Quella nelle istituzioni internazionali è una carriera difficile, non lo nego. Le donne in diplomazia, anche in quella multilaterale, sono poche e fanno fatica e spesso lasciano nell’età in cui possono avere figli. Però le cose stanno cambiando anche grazie a role model nuovi come la nostra Direttrice Esecutiva, la Dottoressa Natalia Kanem, che è una visionaria, è bravissima in advocacy e ha una leadership gentile ed energica allo stesso tempo.” Dalmonte cita un dato incoraggiante: “Quando ho cominciato c’erano forse il 10% di donne quadro all’ONU, adesso c’è la parità a executive level e probabilmente siamo il 30-40% dei quadri”. Avanti le prossime.