La giustizia è anche efficienza
“Le donne in magistratura sono in aumento, sono circa il 70% dei vincitori di concorso. È una professione che richiede metodo e grande attitudine allo studio nonché organizzazione del lavoro, per consentire la lettura di numerosi documenti senza al contempo trascurare alcun particolare. Aspetti per cui noi donne siamo più portate.” Maddalena Torelli è magistrata da sedici anni, da dieci lavora nella Prima sezione penale del Tribunale di Lecce, occupandosi in particolare di reati legati a stupefacenti, fasce deboli (compresi reati di violenza di genere e domestica) e immigrazione.
La scelta di diventare magistrata, tentando il tanto temuto concorso, è sempre stata chiara fin da giovanissima. Dice: “Vengo da una famiglia di medici e mia sorella maggiore ha studiato odontoiatria. Al momento della scelta dell’università ho preferito rischiare e non seguire le orme della famiglia. E questo perché ho sempre avuto una propensione a mediare in caso di contrasti tra parenti o tra amici. Ho poi scelto la Bocconi perché la formazione offerta da questa università aveva un taglio prettamente pratico.”
Gli anni di studi diventano l’occasione per sperimentare percorsi diversi. “Prima di laurearmi – spiega Torelli – ho svolto uno stage in uno studio legale americano specializzato in diritto internazionale, bancario e commerciale. Ho imparato molto ma lì ho avuto la conferma che l’avvocato d’affari non era la mia strada, anche perché volevo tornare a vivere a Lecce, nella mia terra.” Torelli dopo la laurea nel 2004 studia quindi per preparare il concorso in magistratura e si iscrive al Corso di preparazione per uditori giudiziari dell’Università Cattolica di Milano.
“I miei genitori mi fecero promettere di concentrarmi sugli studi e di non iniziare subito a lavorare. Fu un periodo complicato perché vedevo i miei compagni di corso ottenere le prime soddisfazioni economiche mentre io ero ancora una studentessa supportata dalla famiglia.” I giorni passati sui libri però sono ben spesi. Torelli supera l’esame di Stato nel 2007 a soli venticinque anni, tra i cinque più giovani magistrati d’Italia. Riceve anche un premio dall’allora ministra per la Gioventù Giorgia Meloni.
Il primo incarico è come giudice del lavoro a Crotone, dove resta fino al 2013, quando si trasferisce a Lecce. Qui tra i casi trattati si occupa spesso di violenza di genere e maltrattamenti in famiglia. “Durante la pandemia abbiamo visto – i processi sono ancora in corso – un aumento importante dei casi di violenza domestica ai danni delle donne. È un lavoro estremamente delicato in cui bisogna valutare l’attendibilità delle persone offese. L’aumento dei casi mostra anche l’entità del problema culturale che sta dietro a questi episodi.”
Dice: “Oggi cerco di essere una giudice efficiente. In questo senso ricordo che mi colpì lo studio dell’economista Andrea Ichino ‘Giudici in affanno’, in cui si sottolineava come trattare più processi in parallelo aumentasse i tempi di definizione mentre applicare il diverso metodo consequenziale, cioè decidere un processo prima di iniziarne uno nuovo, consentisse una gestione più celere. Ed è quello che nel mio quotidiano cerco di fare.” Alle più giovani che sognano di fare la magistrata Torelli suggerisce: “Studiate tanto, non demoralizzatevi nonostante le difficoltà e costruitevi una cultura digitale. Il futuro della giustizia è anche lì.”