La Consob alla caccia delle tigri globali
La Consob, come tutte le autorità di supervisione dei mercati finanziari, è di fronte a una svolta storica per almeno due motivi. Primo: la crisi finanziaria ha dimostrato non solo che vi è stata una generale sottovalutazione dei rischi da parte degli intermediari bancari e mobiliari, ma soprattutto che questa si è intrecciata, spesso in maniera inscindibile, a comportamenti scorretti o addirittura fraudolenti. Dalle pratiche illecite che hanno caratterizzato il mercato ipotecario americano (l'epicentro del terremoto) al caso della manipolazione del tasso Libor ed Euribor da parte di grandi banche internazionali (Barclays è stata solo la prima a essere colpita dalle sanzioni solo perché aveva deciso di collaborare nell'indagine, accelerandola), sono stati individuati e sanzionati casi di gravità estrema. Se, come dice l'americana Commodity futures trading commission, è stato manipolato un tasso di riferimento che entra nella determinazione di contratti finanziari per molte migliaia di miliardi di dollari, non è esagerata la conclusione del Financial Times che siamo di fronte alla più grande truffa finanziaria della storia. Secondo: i mercati di borsa sembrano aver perduto la loro capacità di rappresentare un punto di riferimento importante nella politica finanziaria delle imprese. Prima ancora della crisi, il flusso di nuove quotazioni è ovunque rallentato e non perché, come qualcuno crede, le regole più severe abbiano funzionato da deterrente. Tanto che nel Regno Unito, considerato unanimemente il vincitore nella concorrenza fra piazze finanziarie, il governo ha recentemente deciso di avviare un'indagine indipendente sulle cause del declino delle borse in generale e di quella di Londra in particolare.
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Marco Onado |
Per questi due motivi, le autorità di supervisione dei mercati si troveranno ad agire in uno scenario completamente diverso da quello che abbiamo vissuto negli scorsi decenni, basato da un lato sull'ipotesi di una sostanziale efficienza dei mercati e dei singoli operatori, in cui i comportamenti devianti fossero tutto sommato delle eccezioni, e dall'altro su una crescita di lungo periodo, sia pure con inevitabili fasi cicliche, del mercato di borsa come luogo di raccolta di capitali a lungo termine e come mercato dei diritti di proprietà delle imprese. Il mercato di borsa italiano, che aveva conosciuto una stagione di crescita importante negli anni Novanta, è tornato nuovamente ai minimi storici ed è sempre il più piccolo fra i paesi industrializzati. In altre parole, le autorità di supervisione devono oggi agire in un contesto in cui la ricerca dei comportamenti irregolari (o peggio) può assumere dimensioni enormi, usando tecniche sofisticate e interessando mercati sempre più globali e diversi dalla borsa tradizionale. Saranno esse, a cominciare dalla Consob, all'altezza di tale mutamento? La prima condizione è la capacità di interagire e cooperare a livello internazionale: mai come oggi, il contrasto fra «tigri globali» e «domatori nazionali» è stato più evidente. Basta questo per identificare almeno due condizioni di successo: l'indipendenza (dal potere esecutivo, ma anche dagli interessi dell'industria) e l'alta qualità delle risorse umane disponibili. Per vari motivi (dal tipo di nomine del passato, alla riduzione del numero di commissari da cinque a tre, ai vincoli alla spesa, a cominciare da quella per il personale) oggi la Consob può presentare qualche criticità. Negli ultimi venti anni, la nostra autorità si è guadagnata autorevolezza e credibilità anche sul piano internazionale: è quindi più che naturale augurarsi che possa dimostrarsi all'altezza delle nuove sfide. Ma non sarà facile.