La coesione Ue si rafforza anche grazie al principio di solidarieta' sanitaria
Se e fino a che punto una situazione di emergenza consente agli Stati membri dell'Unione europea di restringere, di propria iniziativa, le esportazioni non solo verso paesi terzi ma anche e soprattutto verso altri membri della UE? La domanda è più concreta e attuale di quello che si crede, visto che perdura l'incognita delle varianti da COVID-19.
Già durante la prima fase della pandemia, Italia e Spagna per prime hanno affrontato una carenza di dispositivi di protezione individuale (DPI) mentre Francia e Germania avevano disposto il blocco del loro export. Limitazioni sono state adottate anche alle esportazioni verso paesi extra UE. In quest'ultimo caso, però, il diritto vuole che sia l'Unione Europea a decidere regole e modalità d'implementazione della restrizione. Invece, nel caso del commercio intracomunitario, ogni Stato membro avvalendosi delle deroghe ammesse dal Trattato, in situazioni di emergenza sanitaria, può adottare in modo autonomo restrizioni all'export, con il rischio di azioni unilaterali e non coordinate in un mercato ormai integrato.
Ecco perché il paper The EU Market in Times of a Global State of Emergency: Internal and External Trade Barriers in the Age of Pandemics di Paola Mariani, professoressa associata di diritto internazionale dell'Università Bocconi, suggerisce che dovrebbero essere posti sotto il controllo e il coordinamento UE anche le restrizioni agli scambi tra paesi membri in situazioni di emergenze, applicando il principio di solidarietà sanitaria.
Infatti, sempre secondo il paper basato su uno studio comparativo della disciplina comunitaria e delle norme dei singoli Stati (UE ed extra UE), pubblicato sulla rivista Legal Issues of Economic Integration, va riconsiderata l'interpretazione consolidata che la salute sia solo responsabilità dei paesi membri. Da accogliere e sviluppare invece è il principio di solidarietà sanitaria che superi le prerogative delle singole nazioni.
"L'Unione europea ha una visione più ampia e organica del singolo Stato membro sia per quanto riguarda l'equa distribuzione dei dpi sia, tra l'altro, dei vaccini", spiega Mariani. "Inoltre, ogni volta che si decidono restrizioni alle esportazioni, si corre il rischio di subire ritorsioni commerciali. E la produzione di dpi, farmaci e vaccini avviene attraverso supply chain localizzate in diversi Stati, intra ed extra UE". Quindi, non potendo escludere a priori nuove situazioni di emergenza da coronavirus, diventa una questione centrale, secondo Mariani, quella di rivalutare l'impostazione UE sulle deroghe alla libera circolazione delle merci in situazioni di emergenza sanitaria, negli scambi intra-comunitari.