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Kpi e linguaggio: perche' devono cambiare

, di Stefano Pogutz - SDA professor of practice
Il macro mondo della sostenibilita' necessita' di metriche nuove per essere misurato e valutato. Non basta riadattare quelle esistenti
Continua qui la lettura della storia di copertina dedicata al tema ESG

Negli ultimi anni l'espressione ESG – Environmental, Social and Governance – è ricorrente nel linguaggio manageriale e degli investitori. Tuttavia, dalla comunità di management e finanza si sentono molto spesso critiche su queste metriche, sulla loro scarsa affidabilità e mancanza di standardizzazione. Il confronto viene fatto con le grandezze contabili e finanziarie tipiche, con cui la stessa comunità è abituata a operare da qualche decennio. Quello che ci dimentichiamo quando affrontiamo il tema della sostenibilità è la complessità intrinseca che lo caratterizza, che condiziona le nostre capacità di misurazione e di valutazione di rischi, opportunità e impatti ESG.

Ampiezza. Sfida climatica, tutela della biodiversità, uso efficiente delle risorse, diritti umani, parità di genere, corruzione, sicurezza dei prodotti, welfare aziendale sono solo alcuni deli aspetti che rientrano nell'architettura ESG. Gli standard di rendicontazione e quelli di risk assessment più utilizzati a livello internazionale contemplano centinaia di metriche, organizzate in molteplici categorie di impatto. Nonostante il principio di materialità, che deve portare a concertare l'attenzione sugli indicatori rilevanti per un business o un'industria, la misurazione della sostenibilità richiede un'analisi estesa e multidimensionale.

Profondità. Ogni singola metrica ha caratteristiche specifiche. Ad esempio, sui temi ambientali le logiche di valutazione si rifanno alle scienze dure, dove esiste una profonda tradizione nella misurazione. Negli anni sono stati sviluppati protocolli e linee guida che aiutano a normalizzare le informazioni e a renderle confrontabili e consistenti. Più difficile, invece, la questione della misurazione delle variabili sociali e di governance, dove esistono parametri meno "oggettivi", e non sempre si hanno grandezze da potere misurare in modo quantitativo. In ogni caso, per ogni indicatore sono richiesti molteplici dati e informazioni, che devono essere prodotti e verificati, e che richiedono conoscenze specifiche.

Molteplicità. Per quanto si parli sostenibilità da decenni, il settore della misurazione ESG è ancora in una fase iniziale. Come nel caso delle innovazioni tecnologiche, anche qui abbiamo una pluralità di standard, nati spontaneamente secondo logiche bottom-up, che popolano il mercato. Sul fronte della rendicontazione e su quello risk assessment and rating abbiamo decine di data provider – ad esempio, GRI, SASB, Refinitev, Sustainalytics, MSCI, RobecoSAM, CDP – che propongono soluzioni non sempre omogenee, a volte complementari.

Conoscenza. Gli aspetti brevemente descritti non devono portare tuttavia a conclusioni superficiali rispetto al mondo ESG. Esiste infatti una forte asimmetria di conoscenza tra chi predispone ed elabora le metriche e chi le utilizza. L'applicazione ESG richiede know-how specifico legato a contesti anche molto diversi e lontani da quelli di investitori e manager. Queste conoscenze oggi sono quasi completamente assenti nelle imprese e nella finanza, dove gli operatori cercano invece di ricondurre alle proprie logiche di analisi grandezze che provengono da contesti disciplinari diversi spesso senza conoscerne appieno le caratteristiche e senza capirne le implicazioni.

Linguaggio. Una delle sfide principali per rendere il nostro capitalismo più responsabile è legata alla creazione di linguaggio comune, che faccia da ponte tra chi costruisce le metriche ESG e chi le impiega per processi decisionali. L'educazione su questi temi, a partire dalle università di economia, management e finanza risulta fondamentale per consolidare quel percorso, che nei prossimi anni dovrà portare a un cambio paradigmatico nel modo di gestire e misurare il valore creato da un'impresa o di un fondo di investimento.