Immigrazione. Introduciamo lo ius soli
Gli italiani non hanno più figli, hanno una totale sfiducia nelle loro istituzioni, sono estremamente preoccupati per un futuro economico incerto. La mancanza di prospettive e lo sconforto sono tangibili e si riflettono in una società disgregata in cui interessi locali e particolari prevalgono sull'interesse generale,immobile e incapace di attuare le riforme di cui il paese ha urgente bisogno.
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Alessandra Fogli |
La società americana, a tratti dura e inflessibile, è invece estremamente unita nella fiducia che un interesse generale esista e debba essere anteposto agli interessi particolari. Questo bene comune sono gli Stati Uniti d'America, un crogiolo di razze e religioni diverse che riconoscono nella bandiera a stelle e strisce il simbolo della loro unione. Ne deriva una società dinamica caratterizzata da profonda fiducia nelle sue istituzioni e nella propria capacità di superare le differenze per far fronte insieme alle avversità.
Gli Stati Uniti sono terra di immigrati, dove la statua della libertà simboleggia una cultura di apertura e accoglienza. Il cuore del sogno americano è racchiuso nello "ius soli", il riconoscimento della cittadinanza americana a ogni individuo nato sul suolo americano, a prescindere dalle origini dei suoi genitori.
Conferendo la cittadinanza ai figli, gli Stati Uniti hanno incentivato gli sforzi dei padri, offrendo un bene comune in cui sia i padri che i figli possono identificarsi.
E l'Italia? Da terra di emigranti, il paese sta diventando sempre più terra di immigrazione. Sta a noi trasformare questa opportunità in risorsa, nell'iniezione di energia, motivazione e fiducia di cui il nostro paese ha un disperato bisogno.
Oggi in Italia sono circa 5 milioni i residenti con cittadinanza straniera, e in mezzo secolo dovrebbero triplicare. Di questi, un milione sono minori, con un incremento dal 2000 a oggi pari al 332%. Almeno 600 mila di questi bambini sono nati in Italia, frequentano scuole italiane e spesso non hanno conosciuto la nazione di origine dei genitori. Tuttavia, secondo la legge italiana, non sono italiani. La nostra legislazione si ispira allo ius sanguinis: la cittadinanza di un individuo è legata a quella dei genitori, e la possibilità di acquisire la cittadinanza del paese in cui uno nasce, studia e lavora è condizionata da un tortuoso iter burocratico.
La ratio legis delle due diverse normative consiste nel fatto che i paesi europei erano terre di emigrazione, e dunque era interesse dello Stato mantenere un rapporto giuridico con chi andava a vivere altrove. Invece, l'America era terra di immigrazione e il suo interesse consisteva nello stabilire un rapporto giuridico con i nuovi venuti.
Poiché da tempo molti paesi del vecchio continente sono divenuti paesi d'accoglienza, la nostra normativa appare anacronistica e inadeguata, soprattutto alla luce di nuove analisi empiriche che mostrano come i paesi dove vige lo ius soli sono caratterizzati da una migliore integrazione della popolazione straniera, misurata dalla percentuale di immigranti che parlano a casa la lingua del paese di residenza e dalla percentuale di immigranti che sono coinvolti in organizzazioni e attività sociali, religiose o sportive.
La mia proposta al nuovo governo è di introdurre anche in Italia lo ius soli, ovvero concedere la cittadinanza ai figli dei cittadini stranieri nati in Italia, perché oggi il paese ha un estremo bisogno di forze nuove, giovani, ancora immuni da localismi e favoritismi, che investano e si impegnino per il futuro del nostro paese, contribuendo a formare quel capitale sociale che è il motore della crescita.