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Il ritratto di Mozart

, di Giovanni Iudica - ordinario di diritto civile e direttore della Scuola di giurisprudenza della Bocconi
Pallido, dallo sguardo vacuo, ma con qualcosa di malinconico: così i contemporanei descrivevano il giovane genio della musica

L'ansia di riprodurre con precisione volti, oggetti, panorami per fini pratici o per consegnarli alla memoria non è coeva alla scoperta della fotografia, ma è di gran lunga ben più risalente. I generali prudenti, prima di ingaggiare il nemico in una battaglia campale, inviavano degli scout in avanscoperta. Questi tornavano con disegni che rappresentavano i luoghi dove avrebbe potuto svolgersi lo scontro, fornendo allo stratega informazioni essenziali. Napoleone tornò dall'Egitto con un album di disegni che "fotografavano" alla perfezione le meraviglie di questo sconosciuto paese.

Quando il Cancelliere Rollin trovò in Portogallo la sposa ideale per Philippe le Bon, duca di Borgogna, questi inviò a Lisbona il suo "fotografo" di fiducia, niente di meno che Jan van Eyck. Per questo le pinacoteche sono piene di ritratti.

Alcuni pittori ebbero il coraggio di imporre il più crudo realismo al proprio dominus, altri si proposero di trasferire sulla tela non solo le fattezze fisiche, ma anche il carattere della persona ritratta. Così, vuoi per spirito di carità (render bello ciò che non lo è), vuoi perché l'abbellimento esprime le qualità interiori, non c'è da fidarsi della piena coerenza del ritratto con la realtà.

E allora se uno vuol sapere come era fisicamente Wolfgang Amadeus Mozart è meglio evitare di affidarsi ai dipinti ed è invece preferibile cercare una risposta nelle descrizioni che ci restano di lui.

Il vecchio Johann Adolph Hasse, intorno al 1768, definì il piccolo Mozart un bambino "bello, vivace, affascinante". Lo scrittore Ludwig Tieck, vent'anni dopo, lo descrisse come "piccolo, scattante, sguardo vacuo, figura che non fa spicco", mentre per Nannerl l'amato fratellino era "piccolo ed esile, di colorito pallido e assolutamente senza pretese per ciò che riguarda la sua fisionomia e l'aspetto fisico". Johann Kummel ritrae il suo Maestro in maniera analoga, aggiungendo però che "la sua fisionomia era molto attraente e amichevole, con qualcosa di malinconico; i suoi grandi occhi azzurri brillavano". John Pettinger, musico inglese, ricorda il suo incontro con Mozart: "Quando si alzò in piedi, fui sorpreso di scoprire che era poco più alto di un metro e sessanta e di corporatura molto esile. Il volto non aveva alcunché di notevole ed era piuttosto malinconico, finché non iniziò a parlare: allora prese una espressione animata e divertita". Insomma, le descrizioni, in sostanza, grosso modo, convergono.

Invecchiando, la fisionomia di Mozart andò peggiorando: da bambino aveva contratto il vaiolo e con gli anni le tracce sul volto si erano fatte più vistose. Il padiglione dell'orecchio sinistro era difettoso e a stento questa imperfezione potè essere celata dai capelli sempre più radi o dalla parrucca. Le dita delle mani, forse a causa dei continui esercizi al pianoforte, si erano deformate al punto da non riuscire più a tagliare con facilità la carne nel piatto. Hildesheimer descrive il declino fisico di Mozart "vecchio" (ma in realtà non aveva ancora compiuto i 35 anni) in modo spietato: "Il viso era butterato dal vaiolo, la pelle si era fatta giallastra e gonfia. Gli si formò il doppio mento. Il capo era troppo grosso rispetto al corpo, il naso sovradimensionato - un giornale di allora lo definì Mozart il gran nasuto - , gli occhi sporgevano sempre più ed era diventato grassoccio".

E allora? Si possono trarre conclusioni? È Mozart stesso a trarne una, che mi sembra efficace. Scrivendo il 2 ottobre 1782 alla Waldstätten, il giovane innamorato, perfettamente consapevole di sé, si firma: Mozart magnus, corpore parvus.