Il leader ha una visione di sistema. Una caratteristica tipicamente femminile
La solitudine professionale pesa quando si vuol far conoscere un nuovo campo di lavoro, che per la prima volta univa tecnologia, informatica e scienze cognitive, ossia come le persone imparano ed elaborano le informazioni. Se, poi, ad addentrarsi nel nuovo territorio è stata una donna, il compito diventava più arduo, almeno “all’epoca quando le aziende erano fortemente gerarchizzate e non si parlava di leader ma di capi”, ricorda Gianna Martinengo, che ha iniziato nella seconda metà degli anni ‘80 a occuparsi di computer sciences e Intelligenza Artificiale (IA). Oggi è fondatrice e presidente di Dkts, società specializzata in innovazione tecnologica e sociale, oltre a essere ideatrice e presidente dell’associazione Women&Tech. “Adesso le organizzazioni di lavoro sono cambiate e sono diventate più agili. Si parla di leadership al femminile e le ragazze sono maggiormente consapevoli dei temi di genere. Ecco, allora, mi piace pensare che in futuro non si parlerà più nemmeno di leadership al femminile ma di leader punto e basta. Leader che vengono scelti non solo per le loro competenze tecnico-professionali ma pure per quelle trasversali come il saper gestire conflitti o far parte di un team coeso”, rilancia Martinengo che negli anni ha proseguito la sua attività avviando varie startup, laboratori di ricerca, lavorando con diverse aziende ed entrando in molti board. La sua parola d’ordine è impegno operativo. Ma il consiglio ai giovani per emergere e fare la differenza è “concepite diversamente i problemi, prima ancora di risolvere quelli evidenziati da altri. Fatelo aiutandovi con la ricerca applicata, la crescita della propria professionalità, grazie a partnership con altri centri di know-how, all’internazionalizzazione”. Secondo la manager e imprenditrice, è fondamentale per tutti integrare competenze, attitudini e capacità generalmente riconosciute come caratteristiche femminili e di conseguenza, a torto, non sempre adottate nei ruoli di comando. Queste competenze consistono per l’appunto nella capacità di avere una visione di sistema, multidisciplinare, di creare collegamenti tra visione generale e analisi del particolare, senza trascurare tra le altre le abilità comunicative, le capacità decisionali o la flessibilità e la buona gestione dello stress.
“I leader di domani, donne o uomini che siano, saranno scelti in base a queste caratteristiche a tutto tondo”, rilancia la laureata in Lingue e letterature straniere all’Università Bocconi, che ha proseguito successivamente con studi di perfezionamento in psicologia cognitiva e disturbi dell’apprendimento.
“Il mio momento più difficile? Quando, all’inizio, mi chiedevano “chi c’è dietro di te? Chi ti manda?”. E io piemontese, abituata a essere operativa, cresciuta in una famiglia in cui donne e uomini si davano reciprocamente una mano, non capivo. Mi giravo e guardavo alle mie spalle. Non c’era nessuno dietro di me. La svolta è arrivata quando ho fatto davvero mia una frase che ci veniva spesso ripetuta durante gli studi universitari: assumersi il coraggio della sfida. Se altri fanno quella cosa, allora la puoi fare anche tu”, afferma Martinengo che, tra una sfida e l’altra, ha preso parte dal 1982 al 1987, tra le prime italiane a farlo, ai corsi di specializzazione in educational technologist presso l’Istituto di studi matematici per le scienze sociali dell’ateneo californiano di Stanford.
“Mai porsi limiti e io, i miei, li ho superati unendo in modo inedito per i tempi la tecnologia e le scienze sociali. Dopo questo passo, ho coltivato l’intuizione di come il mondo tech potesse aiutare le persone e le donne in particolare, per esempio nel difficile equilibrio famiglia-lavoro, senza dimenticare l’apporto che proprio le donne possono dare a sviluppo e innovazione”, conclude Martinengo. “La mia visione è che le tecnologie debbano essere al servizio delle persone per migliorarne o agevolarne la vita. Altrimenti, non potremmo parlare di progresso e intelligenza collettiva”.