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Il lavoro? Lo trovi con il basket

, di Davide Ripamonti
Il marketing sociale scende in campo. L’ultima iniziativa è firmata dai New Jersey Nets, come spiegano Paolo Guenzi e Giorgio Fiorentini della Bocconi

Sono in prima fila per accaparrarsi, quando nel 2010 scadrà il suo contratto con Cleveland, le prestazioni di Lebron James, la stella più luminosa della National basketball association (Nba), la lega professionistica americana di pallacanestro. Un'operazione, se andrà in porto, da diverse decine di milioni di dollari. Molti, ma non insoliti in una lega dove le logiche economiche e di marketing prevalgono spesso su quelle puramente sportive. Eppure proprio in questo ambito consacrato al 'dio dollaro' è nata una delle più interessanti operazioni di marketing sociale degli ultimi tempi in campo sportivo. I New Jersey Nets, squadra con sede a East Rutherford, non lontano da New York, hanno non solo messo a disposizione 300 biglietti gratuiti per le partite interne della squadra a favore di chi, nella recente crisi economica, ha perso il lavoro, ma si sono impegnati a girare il curriculum di tali lavoratori alle 120 aziende partner (tra le quali colossi come Coca-Cola e Ups) e agli abbonati, nel caso ci fosse qualcuno intenzionato a fare assunzioni. Un segnale che anche il grande sport professionistico è stato toccato dalla crisi economica ma nello stesso tempo un investimento sui propri tifosi, come confessa l'amministratore delegato della società: "Ci siamo impegnati a investire adesso sui nostri tifosi nella speranza che un giorno potranno essere loro a investire su di noi".

"Ci sono vari aspetti da rimarcare in questa iniziativa", dice Paolo Guenzi, professore di Economia e gestione delle imprese in Bocconi, esperto di marketing dello sport, "ma il principale è quello del suo impatto sul brand. I club sportivi sono di fatto degli intermediari tra pubblico e sponsor e, se conquistano pubblico tramite iniziative positive e non solo attraverso i risultati sportivi, conquistano di conseguenza anche sponsor, favorevoli ad associarsi a una squadra con una bella immagine". Si instaura, quindi, un rapporto di dare avere tra il pubblico e il 'marchio'. Il marchio, cioè la squadra, chiede varie cose ai suoi tifosi, come acquistare i biglietti, il merchandising ecc., in cambio deve dare qualcosa che vada oltre il risultato sportivo. Il valore del marchio sta dunque nella 'relazione'. Un altro interessante aspetto è quello del rapporto tra club e sponsor: "Non si tratta più solo di 'sponsorship'", aggiunge il docente della Bocconi, "ma di vera e propria 'partnership', perché anche le aziende hanno un potenziale vantaggio, quello cioè di trovare personale interessante per le proprie attività".
Ma c'è di più, ed è la valenza territoriale. "I New Jersey Nets rappresentano uno stato", spiega Guenzi, "e si impegnano sul territorio. Da noi, soprattutto nel calcio di vertice, non esiste questa ottica territoriale, non c'è radicamento. Diverso a livello di sport 'minori', dove gli sponsor sono in genere legati al territorio di cui la squadra è emanazione".

"Non è solo un classico esempio di 'marketing sociale'", aggiunge Giorgio Fiorentini, docente di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche all'Università Bocconi, "ma assume valenza di capitale sociale, il fatto cioè che lo sport, attraverso le relazioni che si creano tra squadra, tifosi e sponsor, riesca con creatività a sviluppare delle opportunità".
I risultati pratici si vedranno con il tempo, ma è certo che l'iniziativa si rivelerà più interessante se collegata ad altre che innalzeranno il livello del capitale sociale.
"In Italia, a livello di grandi società professionistiche, idee del genere non vengono nemmeno in mente", prosegue Fiorentini. "Quello che fanno i Nets è un investimento a tutto tondo sul proprio tifoso, che viene visto non soltanto come 'colui che sventola la bandierina', ma nella sua dimensione olistica".

Questo dell'investimento sui propri tifosi è un tema caro anche a Candido Cannavò, direttore della Gazzetta dello Sport dal 1983 al 2002: "Coltivare i futuri clienti è non solo un prodigio di organizzazione e programmazione", commenta, "ma anche un modo per far capire che lo sport è 'dentro' la società, non al di fuori di essa e dei suoi problemi. Questa iniziativa, di per sé bellissima, è anche un po' la dimostrazione che l'America è veramente il paese dove tutto è possibile".