I Tegamini di Francesca
Per raccontare Francesca Crescentini, piacentina doppiamente laureata alla Bocconi (prima il Cleacc e poi l’Acme), vale la pena partire dal consiglio che, alla fine di una lunghissima chiacchierata, si è sentita di dare alle ragazze e ai ragazzi che aspirano a ritagliarsi un posto nei social: “Esistere meramente non è un contenuto e non dovrebbe essere considerato tale”, avverte in un chiaro riferimento al modo di fare di chi, uscito con un tot di ‘notorietà’ da un programma da primo pomeriggio o prima serata, ritiene che la propria immagine sia sufficiente per comunicare qualcosa. E aggiunge: “I social si imparano lavorandoci, è vero, ma bisogna farlo ponendosi mille domande, avendo una grande attenzione per il contesto e ricordando sempre che si ha una grande responsabilità verso il pubblico. Soprattutto, non deve mancare un’impostazione etica di fondo, che ti permetta di navigare col timone dritto”.
Di contenuti, ‘Tegamini’, il blog di Francesca, due volte vincitore dei Macchianera awards e tra i 10 blog letterari più influenti per il Sole 24 Ore, ne propone a bizzeffe. Dalla letteratura alle storie da diario personale, dalle interviste alla moda, ai viaggi e al cinema. Tutti ordinati, ciascuno nel proprio tegamino. Premi a parte, Tegamini è stato per Francesca un modo per raccontare se stessa già dai tempi dell’Università: “La passione per la scrittura l’ho sempre avuta e ho sempre tenuto pseudo-diari”, racconta. “Tegamini è nato nel 2010 come un modo per trovare persone animate dai miei stessi interessi”. Quando poi il blog è uscito dall’anonimato, il confronto con il successo non è stato sempre semplice: “Può essere o estremamente traumatico o estremamente incoraggiante”, spiega Francesca. “Più spesso, un continuo spostarsi da una sensazione all’altra. All’inizio dell’era dei social, poi, era tutto molto più giocoso, adesso l’architettura degli algoritmi premia la polarizzazione. Si favorisce chi ‘triggera’”.
La passione per la lettura e per la scrittura, certo, ma quella di Francesca è anche una storia più che decennale come traduttrice dall’inglese (quasi sessanta le pubblicazioni alle quali ha lavorato). “Una storia da autodidatta, nata da piccola quando, grazie a un papà molto avvezzo alla tecnologia, ho avuto accesso molto presto alle fonti in rete per ciò che mi interessava, fonti che spesso erano in lingua. E continuata con anni di studio della lingua per approfondirla”. Alla traduzione professionale arriva poi “per uno di quegli incroci fortunati che hanno un po’ scandito la mia vita”, racconta. Dopo la laurea in Bocconi e dopo alcuni anni nel marketing dell’Einaudi – “dove ero entrata come marketing quantitativo per poi spostarmi sul versante editoriale più puro, sia per il sell-in che per il sell-out” – la chiamata di una ex collega passata a un altro gruppo. “Le serviva una lettrice e a me serviva arrotondare”, spiega raccontando dei due anni in cui, parallelamente al lavoro presso Einaudi, è stata assoldata come freelance per leggere e riassumere i manoscritti. Fino alla prima traduzione, dopo la quale non si è mai più fermata.
Nel 2014 molla l’editoria e passa al mondo della comunicazione digitale, ancora all’inizio dell’era social. “Avendo il mio blog, ho pensato che questo fosse un mondo interessante da approfondire. Per ‘We are social’ ho fatto la copy per due anni – definizione piuttosto generica, perché mi sono occupata di molte cose diverse, dall’editor alla curatrice alla definizione delle strategie di comunicazione dei brand –, ma alla fine ho capito che il contesto del lavoro in agenzia non faceva per me e semplicemente non sono rientrata dopo la maternità”.
Dal 2016, quindi Francesca è “traduttrice e content creator a tempo pieno”. E vivendo da sempre tra i libri e nei libri, ma essendo anche profondamente immersa nella vita della rete, si lascia andare a una piccola critica ai boomer bacchettoni: “I social stanno dando spazio a nicchie di mercato che stanno crescendo e che vanno prese sul serio. In rete si vedono spesso atteggiamenti snobistici e paternalisti verso i giovani: vogliamo giudicare cosa leggono, mentre dovremmo ricordare che non importa come, ma ciò che conta è che la scintilla della lettura si accenda”.