I premi che non premiano le donne
La trasparenza retributiva di genere è stata inclusa come priorità chiave nella Strategia europea per la parità di genere 2020-2025. Nel 2021 la Commissione europea ha pubblicato una proposta di direttiva, che è stata poi adottata dal Parlamento europeo nel marzo 2023 e dal Consiglio dell'Unione europea nell'aprile 2023. Secondo la direttiva sulla trasparenza retributiva, le aziende dell'UE saranno tenute a condividere le informazioni su quanto pagano le donne e gli uomini per un lavoro di pari valore e a prendere provvedimenti se il loro divario retributivo di genere supera il 5%. Sono inoltre previste disposizioni per il risarcimento delle vittime di discriminazione retributiva e sanzioni, tra cui multe, per i datori di lavoro che violano le regole.
Il dato chiave citato per inquadrare l'azione sulla trasparenza retributiva di genere è il divario retributivo di genere (non aggiustato). Secondo Eurostat, nel 2021 le donne nell'UE hanno guadagnato in media il 13% in meno rispetto alle loro controparti maschili, con grandi differenze tra il settore privato e quello pubblico, e divari più elevati nel primo. In Italia questo dato si attesta al 5,5% nel settore pubblico e al 15,5% in quello privato. Il tasso di occupazione femminile nel 2022 era di circa il 51%, 18 punti percentuali al di sotto di quello maschile, uno dei maggiori divari di genere dell'intera Unione Europea.
L'attenzione alle imprese e alla divulgazione di informazioni sulle retribuzioni in base al genere si spiega con la crescente evidenza che la politica retributiva delle imprese è cruciale per spiegare i livelli e le dinamiche delle disuguaglianze salariali in generale, e di quelle di genere in particolare.
Come possono emergere le differenze salariali di genere legate all'impresa? Per esempio, se le donne si orientano verso aziende con tassi di retribuzione più bassi o se hanno preferenze per una maggiore flessibilità, un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata o spostamenti più brevi. Possono anche emergere come conseguenza di un diverso comportamento nella ricerca di lavoro tra uomini e donne, data la diversa disponibilità di tempo per la ricerca di lavoro tra i due, o di una discriminazione statistica nelle offerte salariali e nelle assunzioni da parte dei datori di lavoro. Le differenze salariali tra i sessi possono comparire anche all'interno delle imprese, a causa del minore potere contrattuale delle donne nella contrattazione salariale, dei diversi standard di promozione tra uomini e donne o della minore crescita dei guadagni delle madri dopo il parto.
La crescente disponibilità di serie di dati collegati tra datore di lavoro e dipendente, che registrano la storia lavorativa e retributiva dei lavoratori e le caratteristiche delle imprese che li impiegano, consente di studiare il ruolo delle imprese nel generare i divari salariali di genere. Se è noto che le donne si concentrano soprattutto nel settore dei servizi, in occupazioni a bassa retribuzione e a tempo parziale o temporaneo, meno si sa delle caratteristiche delle imprese in cui sono impiegate e di come le differenze di genere nelle politiche retributive delle imprese contribuiscano al divario salariale di genere.
In un recente studio, utilizzando un ampio set di dati collegati tra datore di lavoro e dipendente sull'universo dei lavoratori italiani del settore privato non agricolo tra il 1995 e il 2015, documentiamo come l'eterogeneità del datore di lavoro influisca sul divario retributivo di genere nella distribuzione, nel tempo e nel ciclo di vita, tenendo conto degli effetti di coorte.
Questi aspetti non erano ancora stati esplorati e il loro studio può approfondire la nostra comprensione del ruolo delle politiche retributive aziendali nel ridurre o rafforzare la disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro. Scopriamo che le differenze nei premi salariali delle imprese rappresentano circa il 34% del divario retributivo di genere in Italia a livello medio. Scomponiamo poi le differenze di genere nei premi salariali delle imprese in una componente tra imprese e una interna alle stesse. La prima riflette le differenze di genere nella selezione tra le imprese e rappresenta i due terzi del divario di genere nei premi salariali delle imprese. La componente interna all'azienda coglie le differenze di genere nell'allocazione dei lavoratori tra i vari livelli gerarchici e nella determinazione dei salari all'interno delle aziende e spiega il restante terzo del divario, essendo più importante nella parte alta della distribuzione dei salari. Mostriamo inoltre che, mentre il divario di genere nelle retribuzioni è diminuito nel tempo, quello nei premi salariali delle imprese è rimasto pressoché invariato, aumentando così il suo contributo alla disuguaglianza salariale di genere e rendendo ancora più importante considerare questi aspetti quando si riflette sulle politiche.
La mobilità da impresa a impresa può essere un potenziale meccanismo alla base dell'importanza delle politiche retributive aziendali? La risposta è positiva, perché le donne hanno meno probabilità degli uomini di trasferirsi in un'azienda con una politica salariale più elevata e più probabilità di trasferirsi in aziende con una maggiore disuguaglianza interna all'azienda. Questo accade soprattutto quando i trasferimenti sono causati dalla chiusura dell'azienda, il che indica che le donne possono avere opzioni esterne peggiori o reti più deboli rispetto agli uomini. Il segnale positivo è che i divari di genere nella mobilità tendono a diminuire nelle coorti e negli anni più recenti.
La trasparenza retributiva, se attuata correttamente, può contribuire ad affrontare il divario salariale di genere.