I numeri uno danno ascolto agli studenti Bocconi
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Giulia Bevilacqua |
Di solito sono i grandi assenti dal dibattito sulla qualità del posto di lavoro: i candidati, gli aspiranti, gli studenti alla fine del loro ciclo di studi. Se l'offerta aziendale di strumenti per il bilanciamento tra lavoro e vita privata serve, prima di tutto, ad attirare i talenti migliori, è invece importante capire come la pensano loro. Così, nel corso di un incontro organizzato alla Bocconi da Great Place to Work e dal Croma Bocconi, per una volta i ruoli si sono scambiati e sono stati gli amministratori delegati di sei società attente alla qualità del posto di lavoro (sono habitué delle classifiche di Great Place to Work), con il supporto di Michele Pignatelli, giornalista del Sole 24-Ore, a chiedere consiglio agli studenti Bocconi per allineare la loro offerta alle esigenze dei giovani neolaureati.
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Roberto Masi |
Due degli studenti, Andrea Carucci e Giulia Bevilacqua, frequentano l'ultimo anno della laurea specialistica in management, mentre la terza, Isabella Castiglioni, lavora come ricercatrice e sta frequentando l'Executive Mba. Matteo Rignano (Carglass Italia): Se doveste fare una classifica degli aspetti più importanti di un primo impiego, come mettereste in fila: soldi subito, carriera, interesse del lavoro, equilibrio lavoro/vita privata, clima interno? Andrea: So che può sembrare un'aspettativa impossibile, una vera chimera, ma il punto centrale, più ancora che il semplice interesse, è l'amore per il lavoro, la passione, poi vengono il worklife balance e il clima interno e le opportunità di carriera. Penso che, da questo punto di vista, le imprese debbano essere chiare fin da subito, esplicitando le opportunità, i percorsi possibili.
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Matteo Rignano |
Roberto Masi (McDonald's Italia): Dateci un contributo dal vostro punto di vista: quali sono gli strumenti che le imprese dovrebbero mettere a vostra disposizione per garantire un corretto equilibrio vita/lavoro? Isabella: Sono una mamma che lavora da 15 anni e continua a farlo mentre frequenta l'Executive Mba. Ora le mie figlie sono grandi, ma mi sarebbe piaciuto che questa domanda mi fosse stata posta anni fa. Personalmente apprezzo la flessibilità spazio-temporale; ad esempio, la possibilità di avere una giornata per sé dopo un viaggio di lavoro, per riorganizzare la famiglia. Dove si può, l'asilo aziendale è un supporto non solo organizzativo, ma anche psicologico perché consente di avere i bambini vicini, e in più può trasformarsi in un piccolo business. E mi pare che le donne, abituate da sempre al multitasking, siano particolarmente adatte a trovare soluzioni efficaci.
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Renato Carrara |
Renato Carrara (FedEx Italia): A chi fa un colloquio di lavoro per entrare in azienda consiglio sempre, per valutare le effettive possibilità di bilanciamento tra lavoro e vita privata, di informarsi degli interessi e degli hobby del suo capo... Ad ogni modo, ritenete che la disponibilità, in azienda, di tecnologie che favoriscono la flessibilità sia un fattore che influenzerà le vostre scelte? Giulia: E' un aspetto fondamentale. Le tecnologie consentono l'attività a distanza, dunque flessibilità, gestione del proprio orario di lavoro e autonomia lavorativa. Sta poi alla persona saper evitare il rischio di finire per lavorare sempre e ovunque. Massimo Ambrosini (PepsiCo Beverages Italia): Immaginando di lavorare nei prossimi 18-24 mesi in una multinazionale, quali sono le forme di flessibilità che riterreste davvero importanti? Andrea: Ragionevolmente non si pretende piena flessibilità nella fase di inserimento in azienda; è molto più importante la possibilità di apprendere. Chi di noi ha fatto stage di cui è rimasto deluso non si lamenta mai degli orari, ma della scarsa utilità per la crescita professionale.
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David Bevilacqua |
David Bevilacqua (Cisco Italia): Fino a qualche anno fa la dotazione tecnologica delle imprese era più avanzata di quella dei privati; oggi è il contrario: abbiamo gli strumenti più avanzati a casa e non in ufficio. Come valutate la possibilità di utilizzare per lavoro gli stessi device o le stesse logiche social che utilizzate nella vita privata? Giulia: Per me la flessibilità è fondamentale, perciò valuto positivamente questi strumenti se mi consentono di potermi gestire con più libertà ed efficacia. Direi che è l'aspetto più importante, insieme al clima aziendale. Andrea Alessi (Nissan Italia): Fino a poco tempo fa ritenevamo dipendente ideale chi combinasse un buon profilo accademico – diciamo una buona laurea – e una buona esperienza sul campo. Negli ultimi tempi ci stiamo aprendo a scolarità più elevate – diciamo un master – offrendo anche borse di studio ai nostri dipendenti. Riuscite a convincermi che sia la strada giusta?
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Massimo Ambrosini |
Andrea: Mi pare una situazione da cui tutti traggono vantaggio. Per il lavoratore la possibilità di frequentare il master è un forte incentivo, soprattutto se c'è un concorso interno e l'azienda ne trarrà benefici quando il dipendente potrà mettere in pratica quanto ha appreso. Isabella: Lo sto facendo e vi dico che il master è un'esperienza straordinaria, un aggiornamento continuo, un'esposizione a temi di frontiera e strumenti innovativi. Molti dei testi che stiamo utilizzando riguardano già il dopo-crisi, per esempio. Ritengo che il ritorno per l'azienda sia molto alto. Michele Pignatelli (Il Sole 24-Ore): Come valutate la possibilità di fare un'esperienza di lavoro all'estero alla fine del ciclo di studi o all'inizio dell'esperienza lavorativa? Giulia: In modo estremamente positivo. Comporta una crescita sia dal punto di vista lavorativo sia da quello personale. E parlando con i miei compagni di studio vedo che è un'opinione largamente condivisa.
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Isabella Castiglioni |
Pignatelli (Il Sole 24-Ore): Oltre alla flessibilità, che altre cose potrebbero fornire le aziende per essere attrattive? Isabella: Ad esempio servizi alla vita familiare, come assistenza alla salute o assicurazioni, in forma di benefit. Pignatelli (Il Sole 24-Ore): Quando l'azienda è disponibile a riconoscere la flessibilità, il dipendente come dovrebbe contraccambiare? Andrea: Qui, davvero, dipende. Non tutti i dipendenti cercano o anche solo apprezzano la flessibilità. La sfida, per le imprese, è capire a chi interessa e, quindi, a chi dare questa possibilità. Chi la cerca e la utilizza sarà più soddisfatto e vorrà restare ma, senza la certezza che sia apprezzata, il solo fatto di averla non può essere considerato un parametro di successo. Pignatelli (Il Sole 24-Ore): Vi pare utile poter cambiare mansioni durante la vita lavorativa? Giulia: Sì, soprattutto perché in stadi diversi della propria vita si ha la possibilità di fornire contributi diversi e si ha bisogno di ricompense diverse.