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I fantasmi del passato che aleggiano sulla crisi

, di Andrea Celauro
Terza conversazione di Economia e società aperta, giovedì 21 maggio, alle 21 presso l’Aula magna Bocconi di Via Roentgen 1. Protagonisti Alberto Alesina e Gianni Toniolo

Quando alcuni mesi fa la crisi finanziaria è scoppiata e ha cominciato a far sentire i suoi effetti sull'economia reale, in molti hanno ripensato alla madre di tutte le crisi: quella del 1929. Di quella crisi, delle sue analogie e delle differenze con quella che attraversa oggi i mercati si parlerà giovedì 21 maggio nel corso di "Recessione, i fantasmi del '29", la terza conversazione dell'edizione 2009 di Economia e società aperta, il forum internazionale organizzato da Bocconi e Corriere della Sera. Protagonisti dell'incontro saranno Gianni Toniolo, professore di storia economica alla Duke University e alla Luiss di Roma, e Alberto Alesina, professore di economia a Harvard e di politica economica alla Bocconi. L'incontro, introdotto da Severino Salvemini, ordinario di organizzazione aziendale in Bocconi, sarà condotto dal giornalista Salvatore Carrubba.

I motivi per i quali la crisi del '29-'30 rimane il punto di riferimento quando si tratta di fenomeni recessivi sono sostanzialmente due: l'enormità della perdita di reddito, di occupazione, di ricchezza in tutti i paesi del mondo e il fatto che rappresentò un vero e proprio spartiacque per il ventesimo secolo, con conseguenze a lungo termine che durarono almeno 40 anni, come spiega Gianni Toniolo: "Quella crisi rappresentò il più colossale fallimento combinato del mercato (previsioni, meccanismi di riequilibrio), stato (per le politiche errate intraprese) e cooperazione internazionale (protezionismi e mancanza di una reflazione coordinata)".Allora, in un clima caratterizzato da forti tensioni internazionali, erano gli anni in cui andavano delineandosi i regimi totalitari, la crisi fu affrontata con politiche controproducenti. "Negli Stati Uniti, all'inizio", continua Toniolo, "con una politica monetaria restrittiva, un bilancio pubblico in pareggio e con la protezione doganale. In Europa si risponde alla riduzione dei flussi di capitale americani aumentando i tassi di interesse e riducendo la spesa pubblica, per mantenere i cambi fissi. Dal 1931 la Gran Bretagna fa la cosa giusta, svalutazione e espansione monetaria, come oggi, ma si chiude nel Commonwealth e introduce nel '32 il protezionismo ripudiato nel 1847". Oggi il quadro internazionale è più consapevole dei pericoli del protezionismo e più favorevole alla cooperazione, ma basterà questo, insieme a politiche monetarie e fiscali oggi più aggressive, a invertire più rapidamente i trend della produzione e dell'occupazione?