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Green revolution

, di Matteo Di Castelnuovo - SDA associate professor of practice
Con il 60% delle risorse solari al mondo, l'87% dell'iridio e il 40% riserve globali di cobalto, manganese e platino, l'Africa ha a disposizione le principali materie prime per avviare con decisione la transizione energetica. A mancare sono gli investimenti in energie rinnovabili a causa del rischio percepito dagli investitori

Secondo il recente World Energy Outlook dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, per centrare gli obiettivi climatici e tagliare le emissioni in linea con il traguardo di 1,5 °C, sarà necessario raggiungere i seguenti obiettivi entro il 2030: triplicare la capacità di produzione di energia rinnovabile, raddoppiare il ritmo di miglioramento dell'efficienza energetica al 4 % all'anno, incrementare l'elettrificazione e ridurre del 75% le emissioni di metano provenienti dalle operazioni con combustibili fossili.
La strada verso il "net zero" coinvolge, in misura diversa, tutte le regioni del mondo. Non fa eccezione il continente africano, dove la transizione energetica può offrire due opportunità significative. La prima è quella degli investimenti in infrastrutture energetiche.
Nonostante ospiti il 20% della popolazione mondiale, infatti, l'Africa attualmente riceve solo il 3% degli investimenti energetici nel mondo. Inoltre, negli ultimi dieci anni il continente africano ha ricevuto solo il 2% degli investimenti globali in energie rinnovabili. Addirittura, nonostante disponga del 60% delle migliori risorse solari al mondo, l'Africa ha installato solo l'1% del solare fotovoltaico globale. Un tale differenziale non deriva tanto dal costo più alto delle tecnologie rinnovabili quanto dal rischio percepito di investimento in Africa, che inevitabilmente ha frenato gli investitori privati in questi anni. Infatti, il costo del capitale per progetti energetici in Africa è almeno due o tre volte più alto che per quelli in economie avanzate o Cina.

Ecco perché, secondo l'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA), entro il 2030 gli investimenti in infrastrutture energetiche in Africa dovranno raddoppiare ad oltre 200 miliardi di dollari all'anno, così da consentire ai diversi paesi di raggiungere alcuni degli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dalle Nazioni Unite (SDGs) a cominciare dall'SDG 7, cioè assicurare a tutti l'accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni. Secondo la Fondazione RES4Africa invece la transizione verso l'energia verde in Africa richiederà un approccio articolato, che comprenda strategie innovative di riduzione del rischio, partenariati pubblico-privato, miglioramenti del quadro regolatorio e collaborazioni internazionali.
La seconda grande opportunità (teorica) è l'esportazione di energia verde e di quelle materie prime essenziali per produrre le tecnologie verdi. Nel primo caso si parla di esportare verso l'Europa non tanto l'elettricità prodotta con fonti rinnovabili in Africa (dopo il fallimento di progetti come Desertec) quanto quello di esportare verso altre regioni (non solo l'Europa) molecole verdi, vale a dire biogas e idrogeno o ammoniaca prodotti tramite energie rinnovabili. Per esempio, nell'ultimo anno l'Egitto ha siglato diversi accordi con soggetti internazionali per attirare investimenti stranieri nell'idrogeno verde e diventare un hub per la produzione dell'idrogeno stesso, il cui mercato globale potrebbe valere quasi 100 miliardi entro al 2030, con una crescita di oltre il 50% per anno. Lo stesso Egitto ha recentemente completato la prima spedizione internazionale al mondo di ammoniaca verde. Altri progetti su idrogeno verde sono in corso in Mauritania, Marocco, Namibia e Sudafrica. Quest'ultimo ha piani ambiziosi sull'idrogeno verde grazie alla presenza di tre fattori: abbondanza di sole e vento, un'esperienza consolidata ed internazionale nella produzione e vendita di idrogeno, e l'accesso ai minerali - come lo scarsissimo iridio - necessari per realizzare gli elettrolizzatori utilizzati per scindere l'acqua in idrogeno e ossigeno. Infatti, l'87% dell'iridio mondiale viene estratto in Sudafrica.

Proprio l'accesso a minerali come l'iridio ci ricorda la seconda opportunità di esportazione. Infatti, il continente africano è già uno dei principali attori nella produzione delle materie prime necessarie per la produzione di tecnologie verdi e ospita oltre il 40% delle riserve globali di cobalto, manganese e platino, cioè i minerali chiave per batterie e celle a combustibile a idrogeno. Insieme al Sudafrica, la Repubblica Democratica del Congo e il Mozambico detengono attualmente una quota significativa della produzione globale anche se diversi paesi africano potrebbero detenere giacimenti non ancora scoperti.
La storia recente ci ha mostrato chiaramente che la disponibilità di risorse naturali, comprese le fonti fossili, non si è tramutata in un beneficio economico e sociale rilevante per la maggior parte delle popolazioni africane. L'auspicio è che questa volta la transizione energetica, basata sull'adozione di tecnologie pulite, possa contribuire in maniera rilevante e positiva alla crescita economica e sostenibile del continente africano.

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