Fondi: la reversibilità dell’iscrizione, una pezza peggiore del buco
A partire dal 2007 i lavoratori subordinati, in base al dlgs 252/05, sono stati chiamati ad effettuare una scelta circa la destinazione del tfr maturando, attraverso il meccanismo del silenzio-assenso.
Nello specifico, e in massima sintesi, in base a tale meccanismo a partire dal 1° gennaio 2007 in un intervallo temporale di 6 mesi i lavoratori del settore privato hanno potuto decidere sia di trasferire il tfr maturando alle forme pensionistiche complementari sia di continuare a mantenerlo in azienda. Tuttavia, in caso di mancata espressione di volontà il datore di lavoro ha trasferito il tfr maturando alla forma pensionistica collettiva (fondo pensione chiuso o fondo pensione aperto ad adesione collettiva) o, in mancanza, a FondInps.
In base ai dati dell'ultima relazione Covip, alla fine del 2007 il numero complessivo degli iscritti alle forme pensionistiche complementari era di circa 4,6 milioni, con un aumento di quasi 1,4 milioni di unità, pari a circa il 43 per cento, rispetto al 2006. La prima parte del 2008 è stata invece caratterizzata da un forte rallentamento nella raccolta di nuove adesioni. Alla fine del primo trimestre del 2008, l'incremento delle adesioni era pari a meno del 2 per cento. A fronte di tale rallentamento, si profila l'idea di una reversibilità nelle scelte del tfr, nella convinzione che dare ai lavoratori la possibilità di ripensamento circa le scelte effettuate li farebbe sentire più tranquilli e quindi aumenterebbe le adesioni alle forme di previdenza complementare.
In ottica di analisi economica del diritto, la preoccupazione di chi scrive è quella che il legislatore ponderi gli effetti delle modifiche legislative prime di metterle effettivamente in campo.
Diversi gli aspetti che si presentano problematici. Innanzitutto, la stabilità del quadro normativo: occorre valutare se l'introduzione di nuove regole in un contesto "in movimento" non rischi di creare più problemi di quanti se ne vogliano risolvere. L'assenza di uno stabile sistema normativo è il principale motivo che impedisce agli operatori di agire con la necessaria tranquillità, posto che il retroterra della disciplina è costituito da attività che si svolgono nel lungo-medio periodo e che richiedono una programmazione analoga.
In secondo luogo, la reversibilità del tfr maturando/maturato: la reversibilità del tfr maturando implicherebbe per gli operatori di fare i dovuti calcoli sulle politiche d'investimento in relazione a minori flussi preventivabili; se la reversibilità riguardasse anche quanto già versato alle forme di previdenza complementare la correlazione tra riduzione dei patrimoni e andamento negativo dei mercati nel breve periodo sarebbe probabilmente accentuata, anche alla luce del fatto che non sempre i lavoratori hanno presente che un fondo pensione è un investimento di lungo termine. Terzo, i progetti esemplificativi: occorrerà rivedere prospetti che indicano il livello delle prestazioni finali. Quarto, occorrerà nuovamente rimettere mano alla formazione delle reti di collocamento dei prodotti e, quinto, occorrerà che i service amministrativi siano in grado di fronteggiare sotto il profilo tecnico i cambiamenti preventivati in tempi rapidi.
Tutto ciò si tramuterà probabilmente in una riduzione delle risorse investite ed in un aumento dei costi per gli aderenti, più che in un incremento dello sviluppo della previdenza complementare.
Si spera che il legislatore tenga conto degli errori passati, poiché come si dice: "Se non impari niente da una sconfitta vuol dire che ne meriti un'altra".