Faccia a faccia con i cinesi
«Gli italiani sono rumorosi, intraprendenti (soprattutto i maschi con le donne), playboy, perdono la faccia (e la ritrovano) senza difficoltà alcuna ma in fondo simpatici, buongustai, eleganti»: consapevoli valutazioni frutto di conoscenze lunghe e approfondite oppure stereotipi consolidati da innumerevoli messaggini e contatti su internet e qualche fugace incontro contatto? Un po' di entrambi con l'aggiunta di qualche ricordo scolastico che rimanda al gesuita Matteo Ricci o a Marco Polo.
L'atteggiamento di fondo dei cinesi verso gli stranieri e verso tutto ciò che è diverso o nuovo, è di grande apertura e curiosità unito a un forse senso di superiorità dovuto a una storia, cultura, supremazia plurimillenaria; la tumultuosa crescita, non solo economica, degli ultimi decenni ha praticamente cancellato le sconfitte e le umiliazioni subite nell'Ottocento e nella prima metà del Novecento.
Gli stranieri sono quasi per definizione strani, se non un po' pazzi; quando si comportano in modo contrario alle tradizioni locali essi sono perdonati (o solo tollerati) proprio perché cresciuti in un mondo non cinese, barbaro per così dire. Lo stesso criterio si applica agli italiani percepiti sostanzialmente in modo positivo, favorevole per la nostra cultura, arte, paesaggio, moda, cucina nonché alcune eccellenze industriali. Nello stesso tempo alcune caratteristiche non sono apprezzate: gli italiani non hanno autocontrollo, parlano in modo troppo diretto senza le dovute sfumature, sono impazienti – in poche parole perdono facilmente la faccia.
Tipico di queste differenze culturali è il comportamento dei giovani verso le giovani: un cinese difficilmente prende l'iniziativa nei confronti di una donna, soprattutto se straniera, per paura di essere rifiutato (perderebbe la faccia); l'eccezione sono i ricchi e potenti che pensano di potersi permettere tutto. È noto che gli italiani non hanno grandi difficoltà nell'uscire con una giovane cinese; invece le italiane sono generalmente trascurate dai cinesi pur essendo molto apprezzate (è sempre un problema di faccia).
Ma, tornando agli italiani in Cina, quanti sono quelli che vi risiedono stabilmente? Non molti, circa 10.000 oggi secondo stime attendibili (7.000 nel 2012 per l'Aire), cioè uno ogni 140mila cinesi. Secondo i dati di una recente ricerca della Fondazione Migrantes sono in maggioranza giovani (il 60% ha meno di 45 anni, solo il 3% ne ha più di 65) con buon livello di istruzione, quattro su cinque sono laureati e una simile percentuale conosce il cinese (occorre però ricordare che la lingua parlata varia da provincia a provincia mentre quella scritta è unica); la regione di origine è la Lombardia per un quarto, seguono poi il Veneto, il Piemonte e il Lazio. Risiedono soprattutto nelle aree più sviluppate – Hong Kong con Canton, Shanghai e Pechino. Quali sono le principali occupazioni? un terzo studia o fa ricerca, un terzo lavora in un'impresa italiana, poco più del 10% in una cinese e un altro 10% sono lavoratori autonomi.
Anche da questi numeri si comprende come possano coesistere un'impressione, un giudizio creato dalla cultura, dall'istruzione, dal mondo dell'informazione senza contatti diretti e una valutazione, un'opinione ben precisa nata da incontri sufficientemente intensi di lavoro o di studio; in generale però essi sono positivi: vi è simpatia per gli italiani in Cina. Naturalmente occorre ricordare che la Cina, ma soprattutto i giovani, sta cambiando profondamente anche se lentamente: l'internazionalizzazione, i crescenti rapporti con l'estero, il turismo modificano valori e atteggiamenti radicati; la stessa politica del figlio unico (recentemente riformata) ha quasi capovolto il tradizionale rapporto confuciano genitori–figli: questi ultimi sono oggi meno rispettosi e più inclini a comportamenti che avrebbero fatto perdere la faccia ai primi.