Essere sottovalutata, a volte, è un vantaggio
Alla telefonata per raccontare la sua storia Alice Quagliato risponde dal suo ufficio in Burundi. È nel paese africano come Capo Delegazione per Terre des Hommes, ONG svizzera impegnata nella tutela legale dei minori e dei migranti interni. Per lei, laureata in Economia e Management in Bocconi, lavorare nell’ambito della cooperazione internazionale è la naturale conseguenza dell’attenzione che
ha sempre avuto verso gli altri.
Dice: “Non mi vedevo a lavorare in azienda, ero orientata verso l’ambito della cultura. Cercavo un mestiere che fosse vicino alle persone, umano e arricchente al tempo stesso. Milano poi, dove sono nata e cresciuta, mi è sempre stata stretta”. Il colpo di fulmine con il mondo della cooperazione arriva con uno stage in Brasile legato al microcredito. Qui Quagliato conosce il mondo delle favelas di San Paolo, impara il portoghese e decide che quella è la sua strada: lavorare per lo sviluppo sostenibile dei paesi più poveri del mondo. Consegue il Master in Diplomacy dell’ISPI nel biennio 2006/2007 e inizia a vivere con la valigia. “Da nomade e senza binari”, come ripete più volte.
Viaggia prima in Mozambico per un progetto di microcredito mirato a sviluppare l’imprenditoria femminile, poi è in Senegal, Madagascar, India e Kosovo lavorando per realtà diverse tra cui Oxfam. Un viaggio intorno al mondo, tra progetti grandi e piccoli, stipendi micro e macro, che la porta ad aggiungere al curriculum “poliglotta”: parla infatti italiano, francese, portoghese, inglese, spagnolo, rumeno e swahili.
“In questo lavoro – dice – vedi di tutto: povertà, ingiustizie, dittature, violenze. Però è anche quella la miccia che ti accende. Vuoi provare, nonostante la frustrazione quotidiana e la sensazione di combattere i mulini a vento, a cambiare le cose. Risolvo i problemi: è questo che più mi piace del mio lavoro.” Che è poi coordinare le persone gestendo le risorse finanziare per mettere a terra i progetti sui territori. Con non poche sfide anche a livello personale. “Quando ho cominciato i capi missione delle ONG erano tutti uomini, oggi per fortuna non è più così, ma da donna ho dovuto trovare canali diversi per dialogare con le autorità locali, i cui vertici sono quasi sempre maschili. Vieni sottovalutata ma è un vantaggio sul lungo periodo, hai più spazio di manovra nel breve termine e l’effetto sorpresa dalla tua.” Per Quagliato servirebbero però più donne al vertice delle missioni di cooperazione internazionale. “Sono convinta che ci sia bisogno di una leadership femminile nelle ONG, che devono essere organizzazioni empatiche: è il motivo per cui quando posso scelgo di assumere giovani donne. Sarebbe anche un modo per prevenire gli scandali di abusi e violenze di cui si è letto in questi anni.” Per chi vuole lavorare in questo ambito il consiglio di Quagliato è uno, anzi sono due: studiare la lingua e la cultura dei paesi in cui si vuole lavorare e pensare fuori dagli schemi perché “la carriera, qualunque sia, non è mai un percorso lineare”.