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Educazione, disuguaglianza e mobilità sociale

, di Guido Alfani
Per combattere la curva del Grande Gatsby, ossia la correlazione negativa tra disuguaglianza economica e mobilità sociale, i Paesi a bassa mobilità sociale come Italia, Regno Unito e Stati Uniti devono non solo promuovere opportunità educative di qualità, ma anche impedire un elevato livello di disuguaglianza. Come? Finanziando le iniziative con tassazione fortemente progressiva

Se vi è una cosa su cui tutti o quasi gli studiosi di mobilità sociale paiono concordare, è che in una società moderna l’accesso a educazione di buon livello costituisce un fattore essenziale di promozione sociale per quanti appartengono agli strati meno fortunati. Di conseguenza, è generalmente considerato auspicabile l’intervento pubblico per garantire a tutti un accesso adeguato all’istruzione, indipendentemente dal livello di reddito della famiglia d’origine, così da assicurare un grado sufficiente di “eguaglianza di opportunità”. L’eguaglianza di opportunità favorisce la mobilità sociale ascendente e di conseguenza tende a ridurre nel tempo la disuguaglianza economica, visto che il livello di reddito tende a essere correlato positivamente con il livello educativo raggiunto.

Questo quadro apparentemente semplice si complica immediatamente se consideriamo la situazione attuale. Sta infatti divenendo sempre più chiaro che l’educazione, per quanto sia verosimilmente un fattore essenziale di mobilità, non è capace di compensare la tendenza corrente all’immobilità sociale causata dall’elevata disuguaglianza economica. D’altra parte, la correlazione che osserviamo tra redditi e livelli educativi, che può senz’altro essere letta “ottimisticamente” (la buona educazione consente anche a chi proviene dagli strati più bassi di percepire redditi elevati), può però anche essere letta “pessimisticamente” se ipotizziamo che prevalga il meccanismo opposto (quanti provengono da famiglie a reddito più elevato possono permettersi di pagare per dare una migliore educazione ai propri figli, garantendo loro di succedergli al vertice della piramide dei redditi). In un contesto di causalità non unidirezionale è difficile indentificare l’importanza relativa dei vari fattori ma per Paesi come l’Italia, che si rivelano puntualmente poco mobili sia dal punto di vista socio-economico e occupazionale sia da quello educativo, è ragionevole ipotizzare che l’educazione abbia smesso di adempiere appieno al suo auspicabile ruolo di ascensore sociale, e questo perché la distribuzione dei livelli educativi del futuro (quelli acquisiti dalla generazione dei figli) tende a essere determinata dalla distribuzione dei redditi attuali (quelli percepiti dalla generazione dei genitori). In altre parole, la disuguaglianza tende a strangolare la mobilità socio-economica.

La correlazione negativa tra disuguaglianza economica e mobilità sociale è nota come “Curva del Grande Gatsby”, dal nome di Jay Gatsby, il protagonista di un celebre romanzo dello scrittore americano Francis Scott Fitzgerald che ne narrò le difficoltà di ascendere dalla condizione di relativa povertà in cui era nato a uno status sociale elevato. Tra i Paesi posizionati nelle aree meno vantaggiose della Curva del Grande Gatsby troviamo vari Stati sudamericani, come Brasile e Cile, caratterizzati dall’essere allo stesso tempo molto diseguali e molto immobili. Tra i Paesi occidentali, quelli che tendono a occupare le posizioni peggiori in questa sfortunata graduatoria sono la Gran Bretagna e l’Italia (soprattutto in virtù della loro elevata immobilità) da una parte, e gli Stati Uniti (che spiccano per essere i più diseguali tra i grandi Paesi occidentali) dall’altra. All’estremo opposto, ovvero con una combinazione di bassa disuguaglianza ed elevata mobilità sociale, troviamo Svezia, Norvegia e Danimarca.

Per i Paesi a bassa mobilità sociale che vogliano mutare la loro condizione, dunque, appare chiaro che promuovere la parità di opportunità educative (l’accesso per tutti a educazione di buon livello) costituisce una misura probabilmente necessaria, ma certamente non sufficiente. Occorre anche impedire che un elevato livello di disuguaglianza economica renda comunque impossibile colmare le distanze. Le politiche che potrebbero conseguire entrambi i risultati sono chiare: migliorare la qualità dell’istruzione pubblica, di ogni ordine e grado, finanziando le relative iniziative tramite tassazione fortemente progressiva. In teoria, questo tenderebbe a ridurre la disuguaglianza economica attuale, ridurre la disuguaglianza educativa tra quanti si presenteranno domani sul mondo del lavoro, e per tale via ridurre ulteriormente la disuguaglianza futura. In pratica, occorrerebbe però invertire o perlomeno arrestare la tendenza in corso in quasi tutto l’Occidente verso la riduzione della progressività fiscale e la contrazione dei servizi erogati ai cittadini – educazione inclusa.

GUIDO ALFANI

Bocconi University
Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche

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