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Persone Natalia Bergamaschi

Decisioni controcorrente per trovare la propria strada

, di Camillo Papini
Laurea in economia aziendale e un master Cems, l’alumna Bergamaschi racconta pause e accelerazioni della propria carriera tra Italia e New york, dove oggi è partnership lead di Google Us. Sempre all’insegna della propria voglia di mettersi in gioco

“Ricevere porte in faccia non è bello, ma nemmeno può frenarci dal prendere le nostre decisioni, anche quelle controcorrente. Non sempre si riesce ad andare avanti e mantenere tutto perfetto, allineato, armonico. Ed è vero: arriva un momento in cui c’è la tentazione di mollare, ma non è detto che quella tentazione sia più forte di noi. In questi casi aiuta un po’ di senso dello humour e anche una giusta dose di realismo”, afferma Natalia Bergamaschi, partnership lead di Google, che cura da New York le relazioni con gli editori Usa. Bergamaschi vive da 13 anni nella città nord-americana, dove ha messo su casa e famiglia, dopo una laurea alla Bocconi in Economia aziendale (Clea) con specializzazione in marketing internazionale, un master Cems in International business, connesso con l’ateneo milanese, ed esperienze lavorative in agenzie di rating, in ruoli di marketing, nel settore digitale e delle tlc. “Poi, però, ho preso la mia prima importante decisione controcorrente. Mi sono fermata 4 anni perché ho avuto due bambini. In tanti mi dicevano che era rischioso uscire in quel momento dal mondo del lavoro, ma l’ho fatto. E, sì, riprendere è stato difficile. Mi sono anche reinventata come ruolo, nel campo della raccolta pubblicitaria, fino a quando non sono entrata in Google Italia. La cosa curiosa è che mi ha assunto il mio futuro capo, più giovane e senza figli”, sottolinea subito Bergamaschi per confermare che non occorre mettere da parte a priori le proprie inclinazioni; si può osare pur sempre con la giusta dose di realismo. Quale è stata la seconda scelta importante poco ortodossa? “Dopo 4 anni che ero in Google Italia, mio marito ha avuto la possibilità di trasferirsi per lavoro a New York. Insieme abbiamo deciso di traslocare oltreoceano, con i bambini che ancora non parlavano nemmeno una parola d’inglese”, risponde l’alumna della Bocconi, con due sorelle (“entrambe da 30 e lode”), a loro volta sposate con due bocconiani. “Decidere di spostarsi negli Usa, cercando di allineare almeno in parte i tempi e le necessità di tutti, ha voluto dire per me ripartire ancora una volta professionalmente, accettando una posizione più junior. Un compromesso ma mi ha permesso di andare avanti”, rilancia la partnership lead di Google Us, dando un suo esempio concreto di come non cercare per forza la perfezione prima di compiere un passo in avanti. 

Negli Stati Uniti, Bergamaschi (classe 1971) ha imparato molto come donna manager perché, per lei da ragazza, era normale che gli uomini o i colleghi facessero apprezzamenti sulle signore o le colleghe, seppur commenti delicati. “Sono cresciuta in una famiglia in cui mio papà ci ha sempre insegnato che l’eccellenza accademica sarebbe stata il nostro vero strumento di libertà. Questa concezione femminile non era tuttavia generalmente diffusa in Italia in quegli anni. A New York, di contro, ho trovato un clima di maggior libertà femminile e ho incrociato donne che si vestivano tranquillamente come volevano, senza timori. Lì ho capito che ricevere apprezzamenti non richiesti non è normale, bensì un problema. Oggi, probabilmente, il tema dell’abbigliamento femminile è stato in parte affrontato ma possono esistere differenti situazioni analoghe”, avverte Bergamaschi. “La mia soluzione è stata confrontarmi con gli altri. Non solo con altre donne ma anche con gli uomini. Il divario di genere è un problema di tutti”. Inoltre, a giudizio dell’ex studentessa della Bocconi, un approccio data centric è utile anche quando si parla di discriminazioni: dati, informazioni, ricerche aiutano a raggiungere una maggior consapevolezza.

Ma la studentessa Bergamaschi emergeva anche tra i banchi universitari? “per nulla. O almeno non inizialmente. Mi ricordo un periodo in cui studiavo tanto e continuavo a prendere voti bassi. È stato un lungo momento molto duro. Mi chiedevo dove sbagliavo. Nell’attesa di trovare la risposta, ho continuato a dare esami e ho accettato pure voti bassi. Alla fine, la situazione si è sbloccata e nemmeno me ne sono accorta immediatamente”.