Carla e quel ritiro del tesserino universitario “perché portavo i pantaloni”
“Il ’68 ha cambiato tutto. Ricordo che tornai da Londra dove avevo fatto un’esperienza durante gli studi con un tailleur pantaloni. In università mi ritirarono il tesserino perché alle donne non era ancora permesso portarli.”
Carla Sozzani non ha bisogno di presentazioni. Redattrice di libri e riviste di moda, gallerista e imprenditrice, la sua carriera insieme a quella della sorella Franca ha segnato la storia della cultura, della fotografia e della moda italiana. Nata a Mantova in una famiglia borghese, Sozzani dopo le scuole alle Marcelline si iscrive in Bocconi: Lingue e letterature straniere. “Ricordo le ore passate nella biblioteca della Bocconi a imparare il cirillico. Andavo spesso alla Scala con mio padre ed ero rimasta affascinata dall’opera del Bolshoi, volevo capire il russo”. Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta inizia a lavorare ancora studentessa come redattrice di riviste di moda. “Facevo la correttrice di bozze per Chérie Moda, e poi la redattrice; amavo lavorare sul racconto delle collezioni prêt-à-porter di Parigi, Roma e Firenze.” Lì nasce la passione per l’estetica della moda e per la fotografia. “Ero tra le poche donne a lavorare ma i miei mi avevano sempre educata a un certo rigore. Ero ligia al dovere. E poi avevo fatto esperienze forti. Nel ’69 ero una delle hostess al padiglione della Fiat alla Fiera Campionaria di Milano. Mio padre era direttore di uno stabilimento Fiat. Assisto così allo scoppio della prima bomba il 25 aprile.” Prima di Piazza Fontana. Dice: “Stavo facendo delle interviste in russo a degli imprenditori quando sentiamo questo boato incredibile e poi la corsa per aiutare le persone in fuga”. Per Sozzani, che parla di anni difficili e turbolenti, il lavoro è un porto sicuro. E diventa mamma. “Si può fare tutto, non mi sono mai posta il problema né ho pensato di smettere di lavorare.” Nel ’79 entra nel gruppo Condé Nast e diventa direttrice dei numeri speciali di Vogue Italia lavorando con fotografi e artisti, tra cui Sarah Moon, Herb Ritts, Bruce Weber, Paolo Roversi e Deborah Turbeville. “Facevamo 24 numeri l’anno, lavoravamo moltissimo e ogni giorno c’era qualcosa di nuovo da scoprire.” Nel 1986, Sozzani lascia Vogue Italia e diventa per un brevissimo periodo editor-at-large di Vogue America per l’Italia.
Nel 1987 lancia e dirige l’edizione italiana di Elle. “Tre numeri e mezzo dopo mi licenziarono” ride. “Il motivo fu la pubblicità, mi dissero che mettevo in copertina solo stilisti stranieri. Alcuni stilisti italiani minacciarono di non fare più pagine pubblicitarie alla Rizzoli.” L’ultima copertina a firma Sozzani, mai uscita, vede la foto di Paolo Roversi dell’iconico vestito nero da sera di Alaïa. “Versace dopo il licenziamento fece un pranzo in mio onore per incoraggiarmi” ricorda. Superata l’uscita da Elle, decide di lasciare il mondo dell’editoria di moda anche per non entrare in competizione con la sorella diventata direttrice di Vogue. Fonda una piccola casa editrice a cui segue nel 1990 la Galleria Carla Sozzani e la libreria in un ex garage in corso Como n.10 a Milano. L’anno seguente crea 10 Corso Como, definito da Francesco Morace il primo concept store nel mondo. Sozzani cura negli anni successivi oltre 250 mostre di fotografia con le opere di artisti tra cui Annie Leibovitz, David La Chapelle, Robert Polidori, di design con mostre su Jean Prouvè, Carlo Mollino, Shiro Kuramata, di moda e di pubblicazioni come sul lavoro di Walter Albini, Pierre Cardin, Rudi Gernreich, Paco Rabanne. Nel 2016 la nascita della Fondazione Sozzani con cui racconta “la bellezza del mondo scegliendo tra sguardi e idee innovative”.