A caccia di tesori, ma quelli custoditi da ciascuno di noi
“Da piccola sognavo di fare l’archeologa perché amavo moltissimo la storia”, racconta a chiusura di una lunga chiacchierata sulla leadership la direttrice People & Culture di Sanofi Italia, Laura Bruno. Un sogno che, dopo una laurea in Bocconi nel 1990 con una tesi sulla managerialità femminile (il relatore era Severino Salvemini) e molteplici esperienze che l’hanno portata prima in Amgen (settore biomedicale) e poi nel farmaceutico alla Bracco e oggi alla Sanofi, sembra essere ormai svanito con l’infanzia. O forse no. “In realtà una piccola parte di quel sogno è rimasta sotto forma di passione per le persone e per le culture, che è il motore dell’attività legata alla gestione delle risorse umane”, racconta la manager.
È proprio sulla valorizzazione delle persone e delle loro competenze e sull’attenzione aziendale alla meritocrazia che Laura Bruno batte nel raccontare il suo lavoro e la carriera professionale che l’ha portata fin dentro il cda di Sanofi: “Questi sono punti chiave per lo sviluppo di una sana leadership anche al femminile. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di lavorare sempre in aziende molto attente a questi aspetti e aperte alla crescita professionale delle persone”. Nel suo caso, poi è stato importante anche trovare la quadra nel bilanciamento vita professionale/vita personale, il cosiddetto work-life balance: “C’è stato un periodo nella mia vita, quando mia figlia era piccola, in cui sia io che mio marito viaggiavamo moltissimo per lavoro. Stilavamo un vero e proprio calendario delle presenze, di modo tale da evitare di essere in viaggio entrambi”. Certo non sempre è facile dire di no ad esperienze o richieste professionali, “ma questa è una cosa che bisogna imparare a fare, sebbene sia una maturità che si acquisisce col tempo”.
Entrando più nello specifico dell’attività di chi, come lei, gestisce tutta la funzione di sviluppo delle persone all’interno di una grande azienda votata all’innovazione, non si può non parlare dell’impatto che le nuove tecnologie, l’AI in primis, stanno avendo proprio sull’organizzazione aziendale: “L’Intelligenza artificiale e tutte le questioni etiche che ne conseguono sono una delle sfide che emergono nella gestione delle risorse umane, oggi”, racconta Bruno. “Ma se l’AI ci affiancherà in alcune delle attività, dal punto di vista manageriale non potrà sostituire quelle skill di base che ogni buon manager deve possedere, come il problem solving o, importantissima, quell’intelligenza emotiva che gli consente di creare legami e reti di collaborazione utili e proficue. La capacità di networking, insomma”.
Intelligenza emotiva entra in ballo anche negli altri aspetti su cui puntano oggi le moderne HR: se da un lato le organizzazioni si impegnano nella promozione del continuous learning, dall’altro “sottolineano sempre di più l’importanza della psicological safety, del sentirsi bene, a proprio agio e valorizzati in azienda, il che include chiaramente anche tutta la cultura della diversity e dell’inclusione”.
Ma c’è stato un momento in cui, sogno dell’archeologia a parte, Laura bruno ha pensato a cambiare settore? “In realtà a un certo punto della mia carriera ho approfondito anche aspetti più legati al business e mi è capitato di pensare ‘Chissà se…’; però faccio il lavoro che mi piace. Inoltre, i settori biomedicale e farmaceutico, occupandosi della salute delle persone, hanno un purpose valoriale molto forte, quindi anche molto appagante”.
Un ultimo messaggio, poi, lo rivolge non solo alle proprie colleghe e ai propri colleghi manager, ma a tutti: “Abbiamo una responsabilità come generazione, motivo per cui per me è molto importante anche il give back attraverso le attività di mentoring. I giovani oggi guardano al futuro da una prospettiva oggettivamente non semplicissima ed è nostro compito dare loro aiuto”.