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#BocconiCorrespondents da Barcellona, Gaia Gaudenzi

, di Gaia Gaudenzi - Alumna 2009, consulente per il marketing digitale
La vita artistica e creativa, racconta la alumna e consulente per il marketing digitale, si e' trasferita online, ma come e' surreale il quartiere del Born ora cosi' silenzioso e vuoto

Vivo a Barcellona da due anni, dopo averne vissuti quasi 15 a Milano, perciò le voci del lockdown mi rincorrevano fin dall'dall'inizio degli eventi: tutti i miei amici e colleghi mi chiedevano notizie dall'Italia.

Barcellona è stata una delle prime città a cancellare un grande evento internazionale, il Mobile Congress, e in quel momento sembrava una decisione così folle: la Spagna non era un paese a rischio per il virus, tutti erano preoccupati solo per il messaggio paranoico che potevamo diffondere all'estero, eravamo frustrati e delusi per i progetti che non avremmo potuto realizzare. Ma una settimana dopo dovevo andare ad Art Madrid per lavoro, il business dell'arte non aveva intenzione di fermarsi, si sarebbero comunque celebrate ARCO e tutte le altre fiere correlate.

Ricordo la sera prima di partire, aver aggiunto un disinfettante per le mani e una maschera nel mio zaino – lavoro in progetti di urban art, quindi sono tra i fortunati che hanno un sacco di maschere e guanti di plastica a casa. Sono anche andata a fare la spesa perché partivo per oltre una settimana ed ero piena di dubbi sul futuro, però la comunità italiana di Barcellona è così grande che non sono ancora riuscita a trovare né pasta e né parmigiano in nessun supermercato.

A Madrid c'erano già un numero significativo di casi e la gente ha iniziato a chiedermi quando fosse stata l'ultima volta che avessi viaggiato in Italia. Non c'erano linee guida forti in Spagna, ci hanno raccomandato di seguire la nostra vita di tutti i giorni, almeno che non presentassimo qualche sintomo. Ricordo molto bene la parola "raccomandato" in tutti i volantini e le comunicazioni ufficiali.


In realtà la settimana dell'arte è stata fortemente condizionata; tutto il pubblico internazionale non si è unito all'evento, acquistare arte non è un'esigenza primaria e i compratori sono rimasti a casa. Di ritorno a Barcellona, stavo negoziando l'organizzazione di alcuni eventi per aprile e maggio, ma tutto mi sembrava un grande punto interrogativo. Sono ben nota per il mio motto #notimetorest e siccome il festival musicale MUTEK si celebrava ugualmente, sono perfino andata a un paio di concerti, ma ammetto che ad ogni colpo di tosse mi innervosivo, quindi l'8 marzo ho iniziato volontariamente il confinamento a casa prendendo la difficile decisione di non partecipare alla manifestazione per la festa della donna.

Prima della fine di quella settimana è iniziato il lockdown nazionale per tutti (qui è il cosiddetto "Estado de Alarma" che tristemente ricorda i tempi di guerra). All'improvviso, quell'annuncio mi ha dato un grande senso di calma e tranquillità, non ero più sola nel mio isolamento, non c'era più spazio per opinioni caotiche sull'opportunità o meno di uscire, sulla gravità o meno del virus. Era giunto il momento di iniziare a pensare fuori dagli schemi, su come gestire la nostra "nuova" esistenza. A Barcellona, una città così dedita all'espressione della creatività negli spazi pubblici, la risposta non tardò ad arrivare con una forte dimostrazione della comunità di artisti indipendenti che ha occupato lo spazio digitale come avrebbe fatto con uno spazio industriale abbandonato. Come consulente di strategie per i social media sono stata felice di dare una mano con Instagram live, interviste online, post di blog, qualunque cosa necessaria.

Dopo più di un mese rinchiusi, abbiamo appreso come sopravvivere in questo stato, ma l'incertezza per il futuro è pressante. Artisti e professionisti della cultura hanno scioperato bloccando la presenza online per 24 ore per mancanza di misure specifiche da parte del governo. La Spagna e Barcellona in particolare hanno la loro principale risorsa nel turismo, che rappresenta quasi il 15% della forza lavoro, dagli hotel alle strutture culturali e di intrattenimento.

Io vivo al Born, proprio dietro al Museo Picasso, è un quartiere storico ed è surreale vederlo così silenzioso e vuoto, ma devo dire che è molto più drammatico pensare che i bar e i ristoranti dei miei vicini e i negozi indipendenti non saranno in grado di riaprire se non ritorneranno i visitatori stranieri. Allo stesso modo la stagione dei festival è alle porte - Sonar, Primavera Sound, Cruilla, Brunch in the Park, DGTL - e faccio fatica a immaginare cosa sarà dei professionisti di questo settore.

Nei giorni scorsi stavo parlando con una collega, che è direttrice di un museo di arte urbana ad Amsterdam, e stavamo realmente discutendo dell'opportunità di organizzare molti più progetti di street art nell'immediato futuro, come strumento di riappropriazione degli spazi pubblici che abbiamo perso durante questo periodo. Ma quando saremo di nuovo liberi, nel modo che abbiamo sempre conosciuto?

#BocconiCorrespondents - The Barcelona arts community in lockdown as seen by Gaia

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