Alberto, verso la sostenibilità un piatto di pasta alla volta
Noi siamo quello che mangiamo, quindi il cibo è la medicina più potente per risvegliare in noi la consapevolezza che la sostenibilità passa anche attraverso le nostre abitudini alimentari. Con la forza di questa consapevolezza il trentaquattrenne Alberto Cartasegna, una laurea in Bocconi nel 2014 in Amministrazione, finanza e controllo (quella in inglese, però), ha cofondato nel 2016 Miscusi, quella che è oggi una catena di ristoranti di pasta fresca diffusa in tutta il Nord-Italia. Sedici ristoranti, oltre 300 dipendenti e 2 milioni di clienti all’anno, per un fatturato che nel 2023 ha superato i 20 milioni di euro. E con la prospettiva di allargarsi anche a livello internazionale.
Qual è l’idea che muove Miscusi?
Siamo giunti a un momento storico tanto affascinante quanto spaventoso. Per la prima volta nella storia siamo coscienti di essere causa di una possibile estinzione. Il nostro egocentrismo ci fa dire che dobbiamo salvare il nostro pianeta, quando in realtà siamo noi che dobbiamo salvarci. Il pianeta non è di nostra proprietà e se la caverà comunque. Serve quindi una rivoluzione copernicana: dobbiamo tornare all’idea e alla consapevolezza di essere parte della natura, non di esserne superiori. Quando dico che siamo ciò che mangiamo è perché il cibo è la medicina più potente che abbiamo per risvegliare questa consapevolezza. Il cibo è causa primaria diretta del surriscaldamento globale (25% delle emissioni di GHG), ma è anche opportunità, è vettore di vita, è energia capace di curare e rigenerare. Ed è questa la ricetta che portiamo sulle tavole di Miscusi.
Lo fate attraverso un piatto di pasta. Un po’ una scommessa in un paese che fa della pasta la sua bandiera
Difatti all’inizio anche gli investitori ci prendevano in giro, ma poi abbiamo dimostrato che, con la nostra semplicità, con l’idea di casa, famiglia, di attenzione alla qualità che ha sempre governato le nostre scelte, potevamo convincere. La nostra idea nasce dalla volontà di promuovere la dieta mediterranea partendo proprio dall’Italia, dove abbiamo un tasso di obesità altissimo e dove le aziende di ristorazione veloce americane fatturano cifre enormi. In questo senso, abbiamo bisogno di un po’ più di Italia nella ristorazione veloce italiana.
Tornare a una dieta il più possibile sana e sostenibile. Come si concretizza questo binomio nella vostra attività?
Durante il Covid, abbiamo avviato un progetto di agricoltura rigenerativa (poco consumo d’acqua, attenzione per la rigenerazione naturale del terreno, no chimica) che ha dato il là all’intensificazione della nostra ricerca e sviluppo. Oggi nella nostra proposta c’è la pasta di sorgo, un cereale che per crescere consuma il 90% in meno di acqua e l’85% in meno di Co2. Miscusi è stata tra le prime B-Corp in Italia e la cosa che ci motiva è proprio l’impatto intangibile che possiamo avere sulle persone e sulle altre aziende.
Prima dell’Alberto imprenditore c’è stato un Alberto studente e poi un Alberto consulente. Qual è stato il tuo percorso?
Dopo la triennale in Bicocca, ho deciso di iscrivermi ad AFC in Bocconi. Qui al secondo anno ho avuto l’opportunità di fare un exchange presso l’Indiana University, negli Usa. La cosa molto stimolante è che di fatto lì ho frequentato un Mba, poiché non esisteva l’equivalente della biennale. Un’esperienza grandiosa, in un campus di 48 mila persone in cui c’erano solo tre italiani. E proprio lì ha avuto origine il nome che avrebbe avuto poi la nostra azienda, Miscusi.
In che senso?
Avevo un amico tedesco che ogni volta che mi incontrava mi gridava “Mi scusi!” e poi citava una frase di una serie animata che in Italia è nota come ‘i Griffin’. Quella frase mi faceva riflettere sull’idea che all’estero hanno del nostro modo di essere ed è stata a suo modo l’ispirazione per il nome che portiamo oggi. Tra l’altro, quell’amico tedesco è diventato il nostro primo investitore quando l’azienda è nata.
Dopo quell’exchange, le prime esperienze prima in BCG e poi a Rocket internet
L’esperienza in BCG mi ha fatto capire che la consulenza non era per me. Avevo bisogno di velocità, volevo mettere a terra dei risultati concreti, volevo dare sfogo alla mia passione imprenditoriale: così è arrivato il passaggio a Rocket internet, a Berlino, dove ho chiarito subito che non mi interessava fare il consulente. Mi hanno messo in mano una carta di credito e un biglietto per l’Italia e sono diventato Country manager italiano e poi anche spagnolo di una startup che stava nascendo, Helpling (servizi di colf). Per me è stata un’esperienza enormemente positiva, ma anche in questa mancava un tassello. Dopo qualche anno di lavoro, infatti, cominciavo a capire che nella mia vita professionale doveva entrare anche l’aspetto valoriale. A quel punto ho capito qual era la mia strada: volevo tornare in Italia e contribuire al mio paese.
Quindi la decisione di fondare Miscusi
Sì, volevo fondare un’azienda restando in Italia e partendo dalla mia terra. Il settore della ristorazione mi piaceva, ci avevo sempre lavorato. L’idea della pasta fresca è nata perché a Berlino frequentavo spesso la catena VaPiano, che ormai è una potenza a livello internazionale. Facendo una ricerca di mercato sulla ristorazione veloce di qualità in Italia, che è un settore in crescita da 30 anni, mi sono reso conto che tutto ruota solo intorno alla pizza, ai burger e, adesso ai poké. Il prodotto pasta non era presidiato.
Figlio di due impiegati alle Poste, i suoi studi se li è sempre pagati da solo consegnando pizze nel suo quartiere a Cernusco sul Naviglio, facendo il cameriere, il commis di cucina, lo chef. Qual è oggi la sua concezione dell'essere imprenditore?
Credo che essere imprenditori sia la forma d’arte più potente che l’uomo conosce. Intangibile, ma concreta. Significa mettere a fuoco una visione capace di attrarre talenti, capitali e ambasciatori. Chi vuole essere un imprenditore deve pensare che il suo viaggio deve essere diretto verso un obiettivo comune, il più alto possibile. Il modello aziendale di ogni impresa oggi deve contenere quanti più obiettivi di sviluppo sostenibile. Non solo alla fondazione, a Pasqua o Natale, ma tutti i giorni nel conto economico. L’imprenditore di oggi non può fare a meno di pensare che la sua visione ha senso solo se crea valore per tutti.
Alberto Cartasegna, co-founder e ceo di Miscusi, si è laureato nel 2014 in amministrazione, finanza e controllo in Bocconi. “Arrivavo da una triennale alla Bicocca e all’inizio ho dovuto faticare parecchio. In Bocconi l’ambiente era molto sfidante, ma proprio per questo anche molto stimolante. Oggi mi manca un po’ lo studio, mi piacerebbe poter integrare l’attività lavorativa con l’accademia”.