Contatti
Persone Paola Angeletti

Addio command and control, oggi vince l’ascolto

, di Andrea Celauro
Alla luce della sua esperienza manageriale, Paola Angeletti, Chief Sustainability Officer di Intesa Sanpaolo, discute di inclusione e stili di leadership

Inclusione: facile parlarne, ma sono le azioni concrete che fanno la differenza. “Spesso è associata alla parola ‘diversità’, ma questa è un fatto, mentre l’inclusione è un atto”, spiega Paola Angeletti, alumna Bocconi e Chief Sustainability Officer di Intesa Sanpaolo. “Per creare un ambiente di lavoro inclusivo non basta accogliere tutti, ma bisogna saper valorizzare le persone. Cosa che, tra l’altro, per le aziende oggi non è solo una questione di etica, ma è una scelta economicamente vantaggiosa: in un mondo in cui i talenti scarseggiano, escludere quelli che non si uniformano al nostro paradigma rappresenta uno spreco di risorse”.

Questa consapevolezza in Paola Angeletti è maturata grazie alle tappe della sua carriera professionale: dalle prime esperienze in consulenza e in banca d’affari, al passaggio all’M&A di Intesa; dalla responsabilità di tutte le banche estere del Gruppo, a quella di tutto l’HR (e dell’organizzazione, della sicurezza, salute e comunicazione interna) in qualità di COO. Fino al ruolo attuale di CSO, nel quale è a capo di tutte le iniziative che spaziano da quelle per il miglioramento dell’impatto ambientale – il Gruppo si è dato target precisi sia per le proprie emissioni dirette che per le emissioni cosiddette ‘finanziate’ – fino alle iniziative artistiche e culturali (Intesa negli anni ha aperto quattro diversi musei) e a quelle ad alto impatto sociale. O, ancora, alle attività legate alla promozione di un ambiente favorevole all’innovazione, attraverso le attività di incontro e relazione tra imprese e startup.

Un bagaglio di esperienze manageriali di alto profilo che ha permesso a Paola di avere una visione precisa anche su ciò che significa leadership e se esista o meno un modello di leadership più prettamente femminile. “Mi piacerebbe che questa domanda fosse rivolta anche agli uomini, ogni tanto. Io ricopro questo ruolo da persona, non da donna”, sottolinea Paola. “Però, se mi guardo indietro, ricordo che quando sono stata nominata c-level ero l’unica donna, mentre oggi ce ne sono altre cinque”, racconta Paola. Ciò che ha fatto la differenza è stato anche il suo impegno nel cercare di creare le giuste condizioni per far emergere più talenti femminili. “Con la legge Golfo-Mosca abbiamo ottenuto grandi risultati, come Paese, nell’aumentare la presenza femminile nei cda. Tuttavia, nel management lo sviluppo è stato molto più lento. Qui quello che serve è creare la pipeline, le giuste condizioni affinché i talenti non si perdano per strada”.

Sugli stili di leadership, poi, aggiunge: “Non penso che esista uno stile di leadership prettamente femminile diverso da quello maschile. Penso che esistano stili che funzionano meglio e stili che funzionano peggio”, spiega. Uno stile più prettamante ‘command and control’, ad esempio, “è ormai passato di moda, sebbene oggi stia un po’ tornando in certi ambienti”, sottolinea Angeletti. È uno stile “che oggi, in un mondo in continua evoluzione, non è utile alle aziende di successo, perché assicura risultati solo nel breve periodo”. E qui si torna al tema iniziale, quello dell’inclusione: “Una leadership che prepara l’azienda al cambiamento deve invece essere basata sull’ascolto e sul coinvolgimento. E così poi è più facile far emergere idee innovative”.

Alla luce di tutto questo, Paola si sente di dare un piccolo consiglio alle ragazze: “Le opportunità non cadono dal cielo. Bisogna avere una buona dose di fiducia in se stesse e mettersi in gioco. Soprattutto, non bisogna più pensare che le occasioni capitino solo agli uomini o ai raccomandati. Bisogna buttarsi”.