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L'Alleanza Atlantica tra alti e bassi ha garantito un lungo periodo di pace all'Europa. Ma ora, con la possibile elezione di Trump, il suo futuro è messo in dubbio. Andrea Colli ci racconta storia e prospettive dell'istituzione nata a Washington il 4 aprile 1949

La Nato (North Atlantic Treaty Organization) il 4 aprile compie 75 e per la gran parte di chi si occupa di relazioni internazionali, ma anche per la maggior parte di noi semplici cittadini, non è mai esistito un mondo senza di essa. Un grande ombrello che ha protetto l'Europa, in particolare ciascuno degli stati membri dell'Organizzazione (31 in procinto di diventare 32 con l'accessione della Svezia), dalla minaccia di aggressioni esterne prima, quando esisteva il grande nemico rappresentato dall'Unione Sovietica e dai paesi del Patto di Varsavia, negli anni successivi, quando il blocco sovietico si è dissolto, e anche adesso, quando l'antica contrapposizione pare riproporsi. Eppure, nonostante il continuo espandersi della coalizione, con le richieste di nuove ammissioni, il futuro dell'Alleanza non è chiaro, soprattutto in caso di rielezione alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump, che non ha mai fatto mistero di considerare la Nato un impegno troppo gravoso, e poco strategico, per il suo paese. Di passato, presente e futuro della coalizione parliamo in questa intervista con Andrea Colli, professore ordinario di global history presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche dell'Università Bocconi.

Della Nato fanno parte gli Usa, il Canada e per il resto paesi europei. Eppure il ruolo degli Stati Uniti è sempre stato preponderante. Come mai?
Si è trattato fin dall'inizio di un'iniziativa americana, tanto è vero che la ratifica del Patto è avvenuta nel 1949 a Washington, come a sottolinearne la paternità. Meno noto è però che, in concomitanza del Piano Marshall di ricostruzione dell'Europa, alcuni paesi dell'Europa occidentale (in particolare Inghilterra, Olanda, Belgio, Lussemburgo e Francia) avevano costituito un organismo di mutua difesa europea, il Trattato di Bruxelles, che è una sorta di nucleo originario di quella che sarebbe diventata la Nato. E ciò in un momento in cui dall'altra parte Stalin era molto attivo nel costituire un blocco di paesi con l'Unione Sovietica al centro.

La Nato, per statuto, è un'organizzazione prettamente difensiva, con una grande capacità offensiva. Il sistema dei blocchi contrapposti, in vigore per 40 anni, ha funzionato nell'evitare altre guerre in Europa. Nel 1949, però, è avvenuto anche un altro fatto simbolicamente importante...
L'Unione Sovietica ha fatto detonare con successo la sua prima bomba atomica in Kazakhstan, dando di fatto il via al sistema dei due blocchi contrapposti. Blocchi, aggiungo, dotati entrambi di armi nucleari.

Eppure, oltre ad alcune similitudini, i due blocchi avevano anche profonde differenze. Quali le principali?
Gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica sono stati fin dall'inizio i paesi egemoni dei rispettivi schieramenti, ma con differenze qualitative importanti. L'Unione Sovietica governava sugli altri stati membri con pugno di ferro, non esitando a intervenire militarmente (in Cecoslovacchia e in Ungheria, per esempio), ma anche sostenendone l'economia, quando necessario. I paesi Nato, al di là delle opinioni di ciascuno, erano all'epoca tutte democrazie liberali avanzate e gli Stati Uniti non hanno mai avuto la stessa volontà oppressiva dell'Urss.

Ha sottolineato "erano all'epoca tutte democrazie liberali". Perché, adesso non è più così?
Per essere ammessi nella Nato la condizione di essere una democrazia liberale non è in discussione, è un requisito indispensabile. Puoi però esserlo al momento dell'ammissione e trasformarti in seguito. Vedi l'Ungheria, per esempio.

Come detto prima, il sistema dei blocchi contrapposti è servito a mantenere la pace. Qualche criticità tuttavia c'è stata.
Certamente. I paesi della Nato e quelli del Patto di Varsavia di fatto non si sono incontrati mai in questi quattro decenni, e questo ha evitato pericolose degenerazioni. Però c'è stata la crisi dei missili a Cuba, e un'eventuale invasione sovietica di Berlino Ovest avrebbe portato alla reazione dei paesi della Nato, con una degenerazione globale che avrebbe probabilmente portato a un nuovo conflitto su larga scala. Ma, paradossalmente, il momento più difficile è stato la caduta del muro. Con il dissolversi della contrapposizione, gli Stati Uniti si sono trovati a recitare il ruolo di poliziotti del mondo e a intervenire in qualunque situazione ritenessero opportuno farlo, vedi la guerra in Iraq, talvolta sotto le insegne della Nato.

Con la caduta del muro di Berlino i paesi dell'ex Patto di Varsavia sono stati attratti nell'orbita europea con l'annessione di molti di essi all'Ue. Unione europea che, di fatto, si identifica quasi totalmente con la Nato.
Dopo le annessioni del 1949, negli anni successivi se ne sono verificate altre simbolicamente importanti, come la Grecia e la Turchia, con quest'ultima molto cara a Stalin per il controllo del Mar Nero. Un vero successo diplomatico della Nato. Poi, con la fine della dittatura franchista, è stata la volta della Spagna. Ma un momento particolarmente importante, e anche foriero di tensioni, si è verificato nel 2004, con l'annessione delle Repubbliche baltiche, di Bulgaria, Romania, Slovacchia e Slovenia. Paesi prima in orbita sovietica.

In precedenza, però, si era verificato un fatto importante, passato un po' sotto silenzio.
Sì, nel 1994 c'è stato un meeting a Budapest con la Nato che ha incontrato i vecchi nemici, Russia compresa. Un incontro con il fine di creare un grande ordine cooperativo internazionale con una missione precisa: mettersi insieme per aiutare le Nazioni Unite a fronteggiare il nuovo nemico comune, il terrorismo internazionale.

Facciamo un passo indietro e torniamo alle annessioni del 2004. Foriere di tensioni, abbiamo detto. Perché?
Tra la fine degli anni '90 e i primi del nuovo millennio non esisteva una potenza in grado di contrastare l'espansione della Nato. Però qualcosa bolliva in pentola. Erano i primi anni di Vladimir Putin al potere, che lo vedevano impegnato soprattutto a riacquisire il controllo sul paese attraverso la rinazionalizzazione di alcuni importanti settori produttivi e la lotta agli oligarchi che avevano fatto il bello e il cattivo tempo. Putin si rafforza internamente e, nel 2007, a Berlino in un vertice sulla sicurezza internazionale dichiara che l'ordine basato sull'egemonia occidentale, in particolare americana, non era più gradito da parte di altri paesi che si sentivano in qualche modo fuori posto o non rappresentati all'interno di questo ordine. Era un chiaro attacco anche alla Nato e alla sua politica di annessioni.

A cui, dopo le parole, seguono i fatti.
Sì, Putin inizia la sua politica aggressiva contro la Georgia, la Crimea, e più di recente l'Ucraina, e quei paesi che potenzialmente potevano accedere alla Nato. Dando la spinta decisiva ai paesi che, come Finlandia e Svezia, trovandosi in zone di confine si affrettano a chiedere l'annessione al Patto Atlantico per godere della protezione garantita ai suoi membri. Adesso, di fatto, i confini dell'Europa e della Nato coincidono quasi completamente, con l'eccezione della Turchia. E all'interno di essi solo l'Austria non è membro Nato, prima perché, essendo troppo esposta verso Est, aveva il timore di ritorsioni, adesso perché, al contrario, è talmente circondata da paesi Nato da sentirsi al sicuro.

Adesso, da qualunque parte la si guardi, il problema della Nato si chiama Putin. Eventuali nuove annessioni dovranno tenerne conto.
Come abbiamo detto, la prima condizione per l'ammissione è quella di essere una democrazia liberale, di stampo capitalista e quindi nella quale l'intervento dello stato è ridotto al minimo. Ma poi per l'ammissione è richiesta l'unanimità dei consensi e siamo sicuri che governi amici di Putin, e qui torno all'Ungheria, avallerebbero annessioni alla Nato sgradite al leader russo?

Vi è poi un'ulteriore criticità all'orizzonte. La possibile, secondo molti probabile, rielezione di Trump, che non ha mai fatto mistero di non stravedere per la Nato.
Premesso che se da un punto di vista formale sarebbe semplice per gli Usa uscire dalla Nato, da quello sostanziale, con il carico di polemiche che si porterebbe dietro, sarebbe invece molto più complicato, l'intenzione di Trump e di gran parte del mondo che rappresenta è nota da tempo. Gran parte dell'elettorato americano è contraria alla politica internazionalista che gli Stati Uniti hanno sempre svolto. Perché stare nella Nato per proteggere dei paesi che stanno approfittando della nostra protezione per svilupparsi economicamente? E che, per di più, non ci pagano abbastanza? Questo è un po' il concetto.

E senza gli Usa la Nato avrebbe ancora senso?
L'Unione europea non ha mai provveduto a una forza militare comune perché di fatto delegata alla Nato. Nessun paese europeo, e nemmeno il Canada, ha una forza militare nucleare paragonabile a quella della Russia. E anche un eventuale conflitto con armi convenzionali sarebbe difficile, perché l'Europa, anche grazie alla Nato oltreché alle sue istituzioni, ha goduto di decenni senza guerre durante i quali ha enormemente ridotto le sue spese militari. Per ora, teniamo buone le parole del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che dice: "Non c'è bisogno di un esercito europeo, ci siamo già noi". Ma in futuro?