E l'ora delle IPNos
Già nel giugno 2019, in una importante tavola rotonda organizzata dallo European Corporate Governance Institute, si è riflettuto sul notevole ridimensionamento del fenomeno della quotazione delle società a livello globale e ne indagava le cause. In tale occasione, René Stulz ha icasticamente definito la drammatica diminuzione (il dimezzamento) del numero delle società quotate negli Stati Uniti nell'ultimo ventennio come una "eclissi" delle public companies, occorsa non tanto per gli oneri crescenti imposti dalla normativa, ma per il notevole incremento degli intangible assets; l'istituzionalizzazione del private equity; il ridotto vantaggio di liquidità che ormai garantisce il mercato azionario; il divieto che ormai viene imposto dai regolamenti interni degli investitori istituzionali di partecipare a piccole imprese quotate con una bassa liquidità.
Dato il quadro tutt'altro che confortante che ne è emerso, si sono gradualmente introdotte forme alternative (IP-NOs), tra cui le business combinations delle SPAC (affrontate in un mio scritto di prossima pubblicazione in Brooklyn Journal of Corporate, Financial & Commercial Law, 2022) e la quotazione diretta (c.d. direct listing o direct public offering o direct placement) (oggetto di studio nel contributo dal titolo Finding an Alternative to IPOs: SPACs and Direct Listing, in Research Handbook on Global Capital Markets Law, Iain MacNeil and Iris H-Y Chiu (eds.), Edward Elgar Publishing Ltd, 2022. Nel caso delle SPAC, è altamente probabile che il loro utilizzo verrà fortemente ridimensionato laddove la proposta della SEC datata 30 aprile 2020 sia approvata), mentre al direct listing verrà forse attribuito maggiore rilievo e le società (o, più propriamente, i loro primi investitori e dipendenti) non si interfacceranno con intermediari e banche di investimento per sottoscrivere l'emissione di azioni, ma cederanno direttamente le azioni esistenti e in circolazione.
Tra i vantaggi del meccanismo vi sono l'uniformità informativa tra venditori e acquirenti, la possibilità di individuare il prezzo in base all'andamento del mercato e la liquidità che esso garantisce agli azionisti; al contrario, non vi sono garanzie per gli investitori nel lungo periodo, né vi è alcuna possibilità di avvalersi di greenshoe o over-allotment option per stabilizzare i prezzi all'indomani di un'IPO, permettendo al sottoscrittore il diritto di vendere un numero maggiore di azioni di quanto inizialmente programmato qualora la domanda risultasse particolarmente consistente.
Potrebbe sembrare una panacea per società e mercato, pur tuttavia, mentre un'IPO permetterebbe anche alle imprese di dimensioni minori e il cui brand è meno noto alla collettività di raggiungere un'ampia rete di investitori, solo un gruppo molto selezionato di imprese può beneficiare di una quotazione diretta (che ha sinora interessato imprese operanti nel settore alimentare e biotecnologico, ma anche Spotify e Slack Technologies). È pertanto verosimile che se ne potranno avvalere unicorns e cool kids, ossia società ben capitalizzate, con un'ampia e diversificata base di azionisti in grado di fornire sufficiente liquidità, un valido modello di business e un marchio fortemente riconosciuto.