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Cosa rischia la democrazia

, di Umberto Platini
L’uso della legislazione d’emergenza è diventata prassi in molti Paesi che ricorrono ai decreti-legge ben oltre al perimetro consentito. Ma se l’abuso di questo strumento da solo non metterà a rischio la democrazia va però sottolineato che in un’epoca di conflitti sociali e disuguaglianza, come quella che stiamo vivendo, le procedure più deboli ne indeboliscono le difese immunitarie

Quasi tutte le moderne costituzioni democratiche consentono l'uso sporadico della cosiddetta “legislazione d'emergenza”. In altre parole, quando si verifica una grave crisi e il pericolo è imminente, i governi possono emanare leggi che diventano immediatamente applicabili senza un voto preliminare del Parlamento. La maggior parte delle democrazie moderne ha utilizzato questo tipo di legislazione all'interno del proprio perimetro costituzionale senza necessariamente erodere i rispettivi principi democratici. Tuttavia, in Italia e in altri paesi sono emerse alcune tendenze preoccupanti.

La legislazione d'emergenza in Italia…

Solo in casi di straordinaria urgenza e necessità, l'art. 77 della Costituzione italiana consente al Consiglio dei ministri di adottare una legislazione d'emergenza e di emanare decreti aventi forza di legge. Si tratta dei cosiddetti “decreti-legge”, che diventano immediatamente applicabili dopo essere stati presentati e che devono essere votati entro 60 giorni. La rapida applicabilità e il tempo limitato di adozione hanno lo scopo di consentire un rapido processo decisionale in circostanze difficili, quando la voce delle minoranze e la conoscenza accumulata dalle legislature non possono aumentare seriamente la qualità della legislazione.

Nei primi decenni del primo dopoguerra, i gabinetti italiani sono stati ampiamente rispettosi dello spirito della Costituzione. Tuttavia, a partire dalla fine degli anni '70, l'uso del decreto-legge si è esteso ben oltre il suo ambito originario, iniziando a regolamentare per decreto praticamente tutti i settori politici. Questa tendenza è proseguita fino ad oggi, nonostante i molteplici tentativi della Corte costituzionale e dei vari Presidenti della Repubblica di imporre all'esecutivo un autocontrollo. Anche negli anni 2000, non è raro che i decreti costituiscano più dell'80% di tutta la legislazione presentata dai governi (escluse le fonti di cui all'art. 72 della Costituzione italiana). 

…Spagna, Sud America e Usa

La tendenza a fare un uso strategico della legislazione esecutiva non è certo un'eccezione italiana. Altri Stati europei, come la Spagna, fanno un uso abbondante del “decreto-ley”. Dall'altra parte dell'Atlantico, il fenomeno del “decretismo”, ovvero l'abuso di decreti-legge nei Paesi sudamericani, è stato studiato con maggiore attenzione. Il Brasile, dove i decreti sono costituzionalmente regolati in modo simile all'Italia, è uno degli esempi in cui i decreti governativi sono progressivamente sfuggiti di mano sia durante i governi progressisti che quelli conservatori. In Argentina, l'uso liberale dei decreti per superare l'opposizione parlamentare è diventato la nuova normalità negli anni di Menem e Kitchener (Nestor) e ha contribuito all'ondata di proteste vista a Buenos Aires lo scorso inverno. 

Allo stesso modo, gli esecutivi statunitensi fanno largo uso di decreti presidenziali per raggiungere molteplici obiettivi. Studi recenti dimostrano che, sebbene gli elettori americani non approvino in media la legislazione esecutiva, potrebbero non sanzionare un presidente se ideologicamente allineato (Rogowski, 2021). È stato anche riscontrato che i presidenti assegnano i fondi per i disastri per decreto più generalmente agli Stati in bilico. In tempi di maggiore radicalizzazione politica, tutto ciò dovrebbe essere piuttosto preoccupante. (Reeves, 2011)

Perché i decreti esecutivi sono così comuni?

Le ragioni alla base della diffusione dei decreti appartengono a due sottogruppi principali: la mancanza di vincoli istituzionali e l'esistenza di incentivi di rinforzo. In Italia, la Corte costituzionale è riuscita solo in parte a contenere l'insensato deragliamento della legislazione esecutiva degli anni '90. D'altra parte, altri attori istituzionali non sono stati in grado di influenzare il comportamento dei leader verso una maggiore aderenza alle norme democratiche. Un sistema di incentivi strutturali rende il quadro ancora più complesso. I governi sostenuti da maggioranze frammentate spesso sopravvivono grazie a delicati compromessi. L'uso dei decreti consente loro di perseguire i propri obiettivi politici nonostante l'indisponibilità di alcuni partner della coalizione. Allo stesso modo, quando i governi godono di una maggioranza ampia e solida, si sentono incoraggiati dalla forza del mandato popolare. Infine, la capacità dei governi di definire l'agenda parlamentare è spesso limitata dai disaccordi tra i gruppi parlamentari. Pertanto, i decreti sono visti come uno strumento per ottenere il controllo dell'agenda politica.

Dobbiamo preoccuparci?

Anche se gli eventi attuali e i dati riportati in questo articolo possono sembrare offuscare ogni ottimismo, l'uso (o l'abuso) dei decreti da solo non muterà la democrazia né qui né altrove. Non è a causa di procedure legislative difettose che altri Paesi hanno smesso di essere democrazie liberali di primo livello, perché il contenuto della legislazione è molto più impattante dei mezzi con cui viene attuata. Tuttavia, i mezzi e i fini della politica raramente sono slegati. In tempi di conflitti sociali, radicalizzazione e disuguaglianza, le procedure più deboli possono abbassare le difese immunitarie di una democrazia. Se mai qualcosa porterà danni irreparabili alla democrazia italiana, non sarà il decreto-legge. Ma le norme democratiche che imporremo per limitarne l'uso renderanno sicuramente ogni Paese molto più resistente.

 

UMBERTO PLATINI

Bocconi University
Dipartimento di Economia