Tra pratica e grammatica, vince la riflessione
Messi di fronte alla scelta se fare nuova esperienza o riflettere su quella cumulata, siamo portati a scegliere la prima opzione, convinti che la pratica sia la componente più importante dell'apprendimento. E invece sbagliamo, come dimostrano gli esperimenti sul campo e in laboratorio compiuti da Giada Di Stefano. La professoressa di Strategia ha misurato con alcuni co-autori quanto si impari dalla pratica e quanto dalla riflessione, focalizzandosi su attività con cui persone comuni, studenti di economia e impiegati aziendali avevano poca dimestichezza. "Quello che osserviamo è che basta aver acquisito un livello minimo di familiarità con l'attività perché il beneficio derivante dall'accumulo di ulteriore esperienza sia decisamente inferiore a quello derivante dalla codificazione e dalla riflessione sul seppur minimo sapere cumulato", spiega.
I ricercatori hanno testato questa ipotesi con un centinaio di individui impegnati in un programma di training in una società che offre servizi It. Tutti gli individui hanno svolto il consueto programma di formazione. Ma a metà dei partecipanti è stato chiesto di sostituire gli ultimi 15 minuti di lavoro con un momento di riflessione su quanto appreso. La differenza in termini di performance ha sorpreso i ricercatori. "Alla fine del periodo di formazione, tutti i candidati sono sottoposti a un test da cui dipende la loro assunzione in azienda. I candidati a cui era stato chiesto di sostituire la pratica con la riflessione hanno ottenuto voti in media del 20% superiori a quelli degli altri candidati. E hanno continuato a registrare performance migliori nelle indagini di customer satisfaction fino a un mese dopo la fine del trattamento". Due meccanismi spiegano l'effetto. Uno ha a che fare con la sicurezza nelle proprie capacità acquisita grazie alla riflessione, indipendentemente dalla qualità della performance. L'altro è di tipo cognitivo: la riflessione consente di comprendere i meccanismi che migliorano la performance. "I due meccanismi coesistono, ma quello che spiega la maggior parte dell'effetto è il secondo. Abbiamo replicato l'esperimento usando una decina di task differenti e il risultato è veramente robusto. Che si tratti di rilevare immagini su uno schermo di computer, risolvere giochi logici o cantare intonati al karaoke, il nostro rendimento migliora quando siamo costretti a riflettere".
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