
Memoria attiva: la Resistenza nella politica di oggi
A ottant'anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, l'Italia continua a fare i conti con un passato che non smette di parlare al presente. Uno studio pubblicato su Comparative Political Studies e firmato da Simone Cremaschi (Università Bocconi) e Juan Masullo (Leiden University) esplora come la memoria collettiva della resistenza partigiana influenzi ancora oggi il comportamento politico nelle regioni italiane che hanno vissuto più intensamente quel periodo storico.
Intitolato The Political Legacies of Wartime Resistance: How Local Communities in Italy Keep Anti-fascist Sentiments Alive, lo studio utilizza un approccio multi-metodologico, combinando analisi statistiche su scala municipale con un caso studio qualitativodi un comune dell'Emilia-Romagna accuratamente selezionato. La ricerca dimostra come l'esperienza locale di resistenza armata abbia lasciato un'eredità politica duratura, ancora oggi attiva grazie a un processo di trasmissione intergenerazionale della memoria collettiva.
Un'Eredità oltre le urne
Uno degli aspetti più innovativi dello studio è l'analisi degli effetti della memoria collettiva oltre la politica elettorale e partitica. Se in passato gli studi sulle eredità della guerra si sono concentrati sugli effetti elettorali e sull'organizzazione dei partiti, Cremaschi e Masullo dimostrano come le esperienze belliche possano influenzare la politica al di là delle urne, favorendo la mobilitazione per campagne legislative popolari.
Un esempio significativo è la campagna per la legge antifascista avviata nel 2020 a Sant’Anna di Stazzema, che ha raccolto 240.000 firme in tutto il paese. Lo studio rivela che le aree con una storia di resistenza armata hanno mostrato un maggiore sostegno per questa iniziativa, suggerendo che l'eredità della resistenza sopravvive nonostante la fine del Partito Comunista e che non dipende esclusivamente dall'ideologia comunista o socialista.
“Queste memorie collettive non solo sopravvivono alla scomparsa delle organizzazioni politiche che le hanno inizialmente sostenute, ma continuano a ispirare l'azione collettiva e la mobilitazione civica”, sottolinea Simone Cremaschi, Research Fellow al Dipartimento di Scienze sociali e politiche della Bocconi.
Oltre la violenza: memorie di lotta e identità resistenti
Un altro contributo cruciale dello studio è l'analisi delle eredità belliche diverse dalla violenza. Se molte ricerche precedenti si sono concentrate sugli effetti a lungo termine della vittimizzazione e del trauma, Cremaschi e Masullo esplorano come le esperienze di resistenza armata possano promuovere attivamente identità collettive resistenti.
L'analisi statistica dello studio mostra una forte correlazione tra resistenza locale e preferenze antifasciste contemporanee, mentre i dati qualitativi rivelano che le esperienze locali di resistenza sono una potente fonte di formazione e trasmissione di memorie collettive. Queste memorie non derivano necessariamente da traumi o violenze subite, ma celebrano l'identità dei resistenti, stimolando un rifiuto delle ideologie fasciste e una mobilitazione continua a difesa dei valori democratici.
“Non si tratta solo di ricordare il passato, ma di farlo parlare al presente”, afferma Cremaschi. “Queste narrazioni danno forma alle identità politiche e forniscono una bussola per l'azione collettiva”.
I meccanismi di trasmissione: dalla memoria all'azione politica
Lo studio individua tre meccanismi chiave attraverso cui le memorie collettive della resistenza influenzano il comportamento politico contemporaneo: memorializzazione, localizzazione e mobilitazione.
- Memorializzazione: Attraverso monumenti, targhe e cerimonie, le memorie della resistenza vengono preservate e trasmesse, dando forma alle identità collettive.
- Localizzazione: La memoria viene ancorata a luoghi specifici – come battaglie locali o leader partigiani – rendendo le narrazioni più accessibili e rilevanti a livello comunitario.
- Mobilitazione: Le identità politiche formate attraverso la memoria collettiva si traducono in azioni concrete, come il sostegno a campagne antifasciste o la partecipazione a manifestazioni democratiche.
Il caso del comune analizzato in profondità nello studio, mostra come questi tre meccanismi siano operativi nella vita quotidiana di una comunità. Dalle strade intitolate ai partigiani locali alle cerimonie commemorative, la memoria collettiva non è solo un ricordo statico, ma una forza attiva che mobilita nuove generazioni a difesa dei valori democratici.
“La memoria collettiva è un campo di battaglia politico,” osserva Cremaschi. “Chi controlla il passato, controlla il presente. E in Italia, la memoria della resistenza continua a essere un potente strumento di identità democratica.”
Italia: un laboratorio di memoria e mobilitazione
L'Italia rappresenta un contesto unico per studiare gli effetti delle memorie collettive sulla politica contemporanea. La resistenza partigiana non è stata solo un movimento di liberazione nazionale, ma un momento fondativo per la democrazia italiana. Associazioni come l'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) e l'ARCI (Associazione Ricreativa Culturale Italiana) fungono da "imprenditori della memoria", preservando e trasmettendo queste narrazioni storiche.
Ottant'anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l'eredità della resistenza continua a vivere, non solo nei monumenti e nelle piazze, ma nelle azioni di coloro che difendono i valori democratici e antifascisti.
Lo studio di Cremaschi e Masullo dimostra che le memorie collettive non sono semplicemente una rievocazione del passato, ma un potente strumento di mobilitazione politica. In un'epoca di revisionismo storico e turbolenze politiche, ricordare diventa un atto politico.