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Il conto della pandemia? Lo pagano i giovani

, di Emanuele Elli
Nel libro Gioventu' smarrita, Galasso illustra le ripercussioni del lockdown su giovani e bambini

Chiunque abbia dei figli o abbia frequentato dei giovani negli ultimi due anni si è reso conto che la politica del lockdown ha lasciato su di loro i segni più marcati. Da questa osservazione quotidiana, Vincenzo Galasso, professore di economia politica, ha preso le mosse per iniziare a interrogarsi su alcune scelte politiche del governo italiano e sulle loro conseguenze sui giovani.

Era davvero giusto chiudere le scuole e quali effetti a lungo termine produrrà questa decisione? Su quale mercato del lavoro si affacceranno i giovani italiani nel post Covid? Come dovremmo utilizzare i fondi del PNRR per riportare il sistema scolastico italiano a livello di quelli europei? L'analisi di questi temi, raccolta nel libro Gioventù smarrita (Egea), contiene una critica esplicita a quanto accaduto nei mesi caldi della pandemia.

"La narrativa italiana dell'emergenza è stata falsa, inutile e pericolosa", riassume Galasso. "Falsa perché ha indicato i giovani come untori e gli anziani come vittime nonostante i dati dimostrassero che i luoghi del contagio erano gli ospedali e le RSA e non certo le scuole. Inutile perché era dimostrato che i giovani fossero già tra i più attenti nel seguire le regole, al contrario di altre fasce d'età. E infine pericolosa perché non ha considerato le difficoltà alle quali ha esposto un target delicato chiudendo le scuole per più tempo rispetto a tutti gli altri paesi".

La sospensione delle attività didattiche in presenza è al centro di un capitolo nel quale si analizzano le possibili correlazioni tra questa scelta e i diversi contesti. Per esempio, emerge una correlazione inversa con la percentuale di occupazione femminile: dove questa è maggiore, le chiusure scolastiche sono state più brevi, e viceversa. "Ma ipotizziamo anche una relazione con i risultati dei testi PISA effettuati sui quindicenni: nei paesi che hanno i risultati migliori si è scelto di chiudere meno, mentre dove la preparazione risulta già meno brillante si è ricorso a chiusure più prolungate, come se l'istruzione fosse meno considerata", descrive il docente.

Inevitabili le ripercussioni sul mondo del lavoro, come, per esempio, l'effetto cicatrice, per il quale i giovani che entrano nel lavoro dopo una recessione mantengono retribuzioni più basse e minor diritti per tutta la carriera. Ma i danni si misurano anche in contratti a tempo determinato non rinnovati o nell'impossibilità di crearsi un network di relazioni professionali.

Siamo ancora in tempo per correre ai ripari? "Pensando ai fondi del Next Gen EU", risponde Galasso, "proponiamo alcune modifiche per contrastare la dispersione e l'abbandono scolastico. Per esempio, l'introduzione della figura dello 'school facilitator', con il compito di recuperare i quindicenni persi per strada dal sistema scolastico".